Un viaggio negli inferi, dove gli angeli sono stati condannati a essere diavoli.
San Damiano – La trama
In fuga dai fantasmi del passato, Damian, un polacco di 35 anni, decide di trasferirsi a Roma per ricostruire la sua esistenza. Arrivato alla Stazione Termini senza un centesimo, invece di unirsi ai senzatetto che dormono in terra, si arrampica su una torre delle antiche Mura Aureliane che sovrastano la stazione, facendone la sua nuova casa.
Sognando di diventare un cantante e assetato di amore, Damian si abbandona a Sofia, una senzatetto forte e carismatica che lo affascina. La loro storia d’amore divampa in mezzo al turbolento sfondo di Termini, catapultando Damian nel mondo capovolto di cameratismo e conflitti della comunità emarginata della stazione. Qui, Damian trova la famiglia che non ha mai avuto. Ma con una psiche fragile e vulnerabile, riuscirà davvero a forgiarsi una nuova vita nell’inferno di Termini?
Un film nato per caso
“Chi ha detto, amico e fratello,
che devi morire fra mille tormenti?
Sai che il tormento è una voce?
Sai che il dolore canta?”
San Damiano, di Gregorio Sassoli e Alejandro Cifuentes, prodotto da Red Sparrow, con il sostegno di MiC – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, si apre con questi versi della poetessa Alda Merini. Parole che ben si prestano a raffigurare l’universo presentato dai due registi, accompagnati da una sorta di Virgilio, incontrato per caso, così come nasce questo toccante documentario che lascia allo spettatore la facoltà di giudizio.
Come viene riportato da Sassoli e Cifuentes, nell’intervista a cura di Veronica Ranocchi, l’incontro con il protagonista del loro film, che dà il via al tutto, avviene per caso, quando i due registi si ritrovano alla stazione di Roma Termini per dei sopralluoghi per un altro progetto. Ma poi, Damian cattura la loro attenzione. Il ragazzo è appena arrivato a Roma, in tasca ha solo cinquanta euro e spera di rifarsi una vita.
Il castello di Damian
L’incontro di Gregorio Sassoli e Aleyandro Ciufuentes con Damian apre le porte a tante storie, quelle dei senzatetto che orbitano intorno alla principale stazione ferroviaria della capitale. Un mondo a sé, con delle proprie regole e codici. Una giungla, e allo stesso tempo, un deserto di solitudine e tormento, per tornare ai versi della Merini. Emarginati e spesso ignorati dagli avventori di Termini, Damian e gli altri trascorrono la giornata tra mille espedienti, ma continuano a sperare in una nuova vita.
Qualcuno sogna cose banali per i più fortunati, come un piatto di lasagne o di cannelloni, chi di trovare un tetto sotto il quale ripararsi e poi c’è Damian che, tra mille difficoltà, continua a inseguire il sogno di diventare un cantante. Ed ecco che il suo dolore inizia a cantare, lui che, a differenza degli altri, non dorme sui marciapiedi, ma si è ricavato un giaciglio sulle mura Aureliane. Un piccolo pertugio, diventato il castello di Damian.
San Damiano: ambiguo come un diavolo, innocente come un angelo
“Mamma, io non so cosa devo scegliere, se essere un dio o un diavolo. Se sarò un dio mi uccideranno subito. Però, mamma, se io sarò un diavolo, avranno paura di me”.
Tra queste due condizioni, apparentemente agli antipodi, viene catturata la vita di Damian, ambiguo come un diavolo e innocente come un angelo. Questo suo essere ci apre nuovi orizzonti, ci suggerisce una diversa chiave di lettura su delle esistenze che si consumano ai margini della vita comune.
La macchina da presa dei due registi è incollata a Damian, a volte si sostituisce ai suoi occhi. Il formato delle immagini diventa verticale e il senso di realtà assume una potenza senza pari, che cattura, emoziona e turba, nei momenti più violenti.
Damian si sente diverso dai suoi compagni, tra le rovine dell’Antica Roma è un gladiatore, che non ha paura di niente e nessuno. Ma sotto la corazza si nasconde la sua indole di bambino. Sensibile, come quando si commuove, mentre parla con Sofia, la sua compagna (lei dice fidanzata). Damian la protegge, ha bisogno dei suoi abbracci, ma poi la caccia dal castello.
Il canto di dolore dell’umanità
Amore e sofferenza per una famiglia mai avuta e forse trovata tra i disperati e così Damian diventa San Damiano. Fiero nel suo castello, da dove guarda tutti dall’alto, ma non può fare a meno di scendere negli inferi, con altri diavoli o santi come lui.
Incontri e scontri vissuti con un’immensa voglia di redenzione, di riscatto, conservando la propria variegata personalità, a volte infantile, altre maniacale e spesso geniale. Damian è San Damiano, perché è luce nella sua solitudine, è umano nella sua pazzia. Il documentario di Gregorio Sassoli e Alejandro Cifuentes ha lo scopo di restituire umanità a queste persone.
Raramente ci interroghiamo sulla vita di persone come Damian, ignoriamo il loro trascorso, eppure esistono e continuano a sognare una vita. La voce del tormento e il canto del dolore vengono soffocati dallo strepito dell’indifferenza, ma sono lì e continuano a cantare la loro esistenza.
San Damiano è realizzato con uno stile molto realistico, un attento uso della musica e del montaggio e ci consente di entrare in profondità nella psiche del suo protagonista. Un viaggio interiore che trasborda in vita, tra dannazione e santità.