Special Screening alla Festa del cinema di Roma è anche Le cose in frantumi luccicano, film diretto da più registe. Dietro la macchina da presa ci sono Marta Basso, Sara Cecconi, Carlotta Cosmai, Alice Malingri e Lilian Sassanelli.
Occupato nel 1976 dal Movimento di Liberazione della Donna, il “Governo Vecchio” è stato il cuore pulsante delle rivendicazioni e delle conquiste del movimento femminista italiano, il primo luogo in città autogestito unicamente dalle e per le donne: la prima casa delle donne. Cinque giovani registe ripercorrono la storia di quegli anni attraverso archivi e testimonianze, facendo dialogare i temi del passato con la realtà dell’oggi.
Il film documentario Le cose in frantumi luccicano, con il sostegno del MIC e di SIAE nell’ambito del programma Per chi Crea e con la collaborazione dell’archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico ets, è prodotto da Sandro Bartolozzi ed è una produzione Clipper Media con Fondazione Renato Armellini in collaborazione con Rai Cinema.
A proposito del film abbiamo fatto alcune domande a una delle regista, Lilian Sassanelli.
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Le cose in frantumi luccicano raccontato da Lilian Sassanelli
Quello che mi ha colpito molto di questo documentario è il rapporto che si crea tra passato e presente. Non c’è un ricreare il passato e non ci sono solo immagini di repertorio o interviste classiche che spiegano o raccontano quanto successo. C’è in realtà una mescolanza quasi obbligata nel tempo, nel senso che sembra proprio che quello che accade nel presente sia legato indissolubilmente al passato. Siete riuscite ad attualizzare il passato e rendere universale il presente.
Noi siamo partite da questo palazzo che ha una storia importante perché è una delle prime case delle donne. Volevamo partire da una storia che noi, però, non abbiamo vissuto in prima persona perché siamo nate in un’altra generazione. Per questo era importante raccontare l’oggi da un punto di vista anche più intimo che viviamo noi sulla nostra pelle come lo vivono le nostre protagoniste. Anche perché il passato di questa occupazione, del movimento femminista porta i suoi frutti anche oggi. Dunque volevamo scavare nel femminismo oggi, in vari cunicoli della città facendolo, però, in maniera anche più personale. Le donne dell’occupazione parlavano di aborto, di mestruazioni, cose che prima erano tabù e che oggi lo sono meno anche grazie a loro e quindi insomma sono temi anche politici.
Con questo documentario avete provato a vivere qualcosa che non avete potuto vivere per ovvie ragioni di età e questa cosa si nota: è come se voi foste nel documentario perché, oltre al fatto che siete più registe, ho notato che in scena volutamente o meno c’è sempre più di una persona. Non c’è mai solo un singolo anche perché il palazzo era frequentato da più persone, però ho notato anche una sorta di crescita perché all’inizio a parlare sono delle ragazze giovani e poi col passare dei minuti sono sempre più adulte.
Sicuramente è stato voluto in fase di montaggio nel senso che ci siamo chieste quali sono le nostre protagoniste? Qual è il loro background? Qual è il loro approccio con l’oggi? Abbiamo visto che le nostre storie erano effettivamente un ventaglio che portava a una riflessione e anche a un certo tipo di maturità. Si parte da delle ragazze che comunque per l’età che hanno sono incredibilmente consapevoli, però, hanno anche delle paure e delle insicurezze che si hanno in adolescenza, ma anche magari in un’età in cui si inizia a prendere sempre più consapevolezza di che cosa significa essere una donna oggi, in questa società. Quindi, effettivamente, abbiamo creato questo arco narrativo.
Un film plurale
Anche un po’ incoscientemente vi siete proprio trasportate nel documentario.
Sì, perché poi il documentario ti porta anche da altre parti che non ti eri aspettato di trovare. La realtà poi ti fa scoprire qualcosa di nuovo ed è anche la magia del documentario.
A proposito del documentario credo che Le cose in frantumi luccicano si possa definire un film corale e plurale proprio a 360° sia perché siete voi in tante a dirigere sia perché comunque è tutto in grande nel senso che ci sono più persone, più tematiche, ci sono addirittura più lingue e anche più luoghi. Non so se sei d’accordo.
Sì, sicuramente. Anche perché appunto il movimento femminista e la rivoluzione non si fanno da soli, non si cambia la società con un singolo e quindi era anche importante che questo film si facesse in questo modo, anche se chiaramente con i limiti e le difficoltà che si hanno facendo un film con tutte queste protagoniste e con la direzione di cinque registe che hanno tante idee, ognuna con la propria testa. Alla fine, però, è quello che succede anche nella società perché non si fa mai una cosa da soli, siamo sempre in tanti.
Dirigere in tante
Approfitto, quindi, per chiederti com’è stato dirigere un film con altre registe? Alla fine è vero che ognuna ha il suo tratto, però, non sono cinque film a sé stanti messi insieme, ma c’è una sorta di omogeneità.
Abbiamo iniziato il documentario pensando di fare un film a capitoli cioè staccati tra di loro proprio perché siamo più registe ognuna con la propria testa, con le proprie idee forti. Quindi abbiamo pensato di fare dei capitoli che poi si unissero in un film: andando avanti ci siamo anche rese conto che abbiamo degli ideali che combaciano, dei modi di fare e di relazionarsi che funzionavano. C’era, insomma, una certa armonia e una serenità tra di noi che ci ha permesso di fare un film effettivamente collettivo. Pure con le difficoltà che ci sono per esempio per la distanza, anche se adesso c’è zoom che ci aiuta a vederci in ogni momento (io, per esempio, ho avuto un figlio durante la realizzazione di questo film, ho partorito nell’ultima fase di montaggio).
La genesi del titolo Le cose in frantumi luccicano
Il titolo, invece, Le cose in frantumi luccicano come nasce? Si può leggere come un segnale di speranza nel senso che questo palazzo, ma anche tutte queste idee, nonostante possano essere andate o possano andare in frantumi per colpa di tutta una serie di motivi, alla fine però luccicano.
Esatto. Diciamo che ci sono due, ma anche più modi di interpretare il titolo. Da una parte il luccicare è inteso come una conseguenza a qualcosa che viene distrutto, come può essere una società o delle leggi. Da quello può emergere e può nascere qualcosa di nuovo come poi è stato durante il periodo dell’occupazione che ha portato a una serie di diritti che abbiamo noi oggi. Allo stesso tempo, però, il titolo significa anche che siamo entrati in un palazzo a pezzi cioè, appunto, in frantumi e abbiamo come scannerizzato la storia, le pareti del palazzo per poi far riemergere il passato.
Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli