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Conversation

‘Il Mio Compleanno’ conversazione con Simone Liberati

Simone Liberati è il protagonista del film di Christian Filippi, presentato alla Festa del cinema di Roma, nella sezione Alice nella città

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simone liberati

Dopo il passaggio alla mostra del cinema di Venezia, precisamente alla Biennale College, Il mio compleanno di Christin Filippi con Simone Liberati è adesso presentato ad Alice Nella Città alla Festa del cinema di Roma.

Simone Liberati ne Il mio compleanno

Il tuo personaggio, insieme agli altri protagonisti della storia, entra in scena fin da subito nella sequenza in cui vediamo Riccardo che minaccia di buttarsi dal tetto mentre gli ospiti della casa famiglia lo prendono in giro e lo incitano a farlo. Si tratta di una situazione paradossale, allo stesso tempo comica e drammatica.

Quello è un contesto tipico delle case famiglia, con gli educatori impegnati a ricreare un ambiente capace di supportare gli ospiti facendoli sentire a proprio agio. Nella maggior parte dei casi a regnare è la confusione, con i ragazzi che si dividono e si sfidano anche in modo violento a seconda delle proprie antipatie. Quando succede vengono meno la pace e la tranquillità necessarie all’organizzazione per creare un ambiente capace di sostituire il mancato supporto delle famiglie d’origine dei ragazzi. La scena iniziale serviva a portarci all’interno della criticità vissuta dai personaggi nel momento in cui si confrontano con quella che in piccolo è uno specchio della nostra società. La stessa in cui i ragazzi si ritroveranno una volta usciti dalla casa famiglia.

Il rapporto con l’altro personaggio

Tu e Giulia Galassi entrate in scena senza alcuna premessa rispetto a ciò che è stata la vostra vita prima di quel momento. Mi chiedevo se entrare in corsa nella storia di un film presuppone che la parte mancante tu l’abbia recitata dentro di te per essere comunque portatore del vissuto del tuo personaggio?

Ciò che dici è assolutamente corretto. Si tratta di una parte fondamentale del nostro lavoro, quello di capire il contesto in cui lavora il tuo personaggio. Per questo film produttore e regista ci hanno messo in contatto con gli operatori che avevano fatto delle consulenze sulla sceneggiatura. Parlando con loro abbiamo capito qualcosa di più sulla loro attività, considerando che gli educatori vivono per la maggior parte del tempo nella casa famiglia, con i turni di notte che li costringono a dormire nell’istituto. Per arrivare a recitare una scena importante come quella iniziale devi conoscere cosa vuol dire lavorare ogni giorno con ragazzi problematici che ti spingono a condividere le loro criticità. Parlando degli educatori lo psicoterapista Donald Winnicot ebbe modo di dire che l’obiettivo degli educatori è quello di sopravvivere al lavoro quotidiano, restando saldi e forti nelle fasi più critiche per continuare ad aiutare i ragazzi a trovare loro stessi nella considerazione che violenza e provocazione non sono altro che il modo con cui questi ultimi tengono acceso un barlume di speranza dentro di sé.

Il lavoro di sottrazione che ti ha permesso di perdere il tuo status d’attore è stato fondamentale per lavorare in un contesto realistico come quello della casa famiglia. Nel film tu e Giulia siete spesso coinvolti in scene di gruppo dove i vostri personaggi sono fagocitati in una moltitudine di corpi e di parole. Mi chiedevo se questo caos controllato vi abbia in qualche modo aiutato a rendere lo smarrimento degli educatori di fronte alle crisi dei ragazzi?

Sì, è stata una cosa che ci ha aiutato tantissimo. Come attori avevamo come obiettivo quello di mostrarci deboli e vulnerabili di fronte alle continue provocazioni del gruppo, quindi abbiamo fatto tante prove con i ragazzi che partecipavano al film. I vari esercizi prevedevano che io e Giulia mantenessimo in qualche modo l’autorevolezza all’interno del gruppo evitando di soccombere. Abbiamo fatto uno sforzo enorme ed era anche molto frustrante, ma i veri operatori ci hanno detto che si tratta di una sensazione con la quale si confronta chi fa questo mestiere, considerando che l’atteggiamento provocatorio è parte integrante del rapporto tra i ragazzi e i loro educatori. Consideriamo che si tratta sempre di minori che attraversano un’età di per sé molto critica. Chiaramente in quegli esercizi di autorevolezza la consapevolezza che hai di te stesso come attore va a farsi benedire, il che è meraviglioso perché è quello che dovremmo sempre fare: dimenticarci di noi per essere il nostro personaggio.

Simone Liberati: il confronto tra due punti di vista

Nella prima scena, e, in generale, nel corso della storia, il film presenta il confronto tra due punti di vista: quello di Manuel, deciso a mantenere la giusta distanza tra sé e i ragazzi, e Giulia che fa suoi i problemi di Riccardo.   

Il personaggio di Giulia viene dallo stesso trascorso di quei ragazzi: sente di capirli meglio degli altri e per questo è più accogliente rispetto al modello etico dei suoi colleghi. Manuel è colto in un momento critico perché sente di non poter più sopportare il comportamento di Riccardo e dunque il venire meno alla propria professionalità. Ritrovarsi così scoperti di fronte alle provocazioni dei ragazzi succede di frequente agli operatori e quando accade ti sembra di aver mancato il senso del tuo lavoro. Il loro è un mestiere poco raccontato proprio perché si svolge in una zona grigia in cui hai a che fare con persone complesse e con famiglie con enormi problematiche. Per Riccardo Giulia è una figura materna quindi il suo compito è in qualche maniera più facile mentre con Manuel il rapporto è conflittuale e questo rende più difficili gli effetti della sua azione sul ragazzo.

Nel film c’è una scena diversa da tutte le altre in cui Manuel e Giulia si ritrovano da soli a parlare di qualcosa che esula il lavoro. In quel contesto così intimo e raccolto il tuo personaggio lascia per un attimo da parte le tensioni accumulate dimostrandosi più solidale e accogliente nei confronti di Simona. Questo mi dà modo di chiederti quanto è importante per te aver avuto di fronte una collega così brava come Giulia Galassi?

Direi che è fondamentale perché sul set si deve essere votati all’ascolto reciproco. Anche in quella scena il segreto è stato di abbandonare se stessi, di fare a meno della tecnica a favore dell’ascolto cercando di sentire le reazioni che esso provoca dentro di noi. La scena in questione era difficile, ma gli autori sono riusciti a scriverla senza far sentire il peso della scrittura. Spesso le battute sono scritte in maniera molto meccanica, senza tenere conto della sensibilità dei personaggi e degli attori e questo si riversa in maniera negativa all’interno dell’interpretazione. Giulia la conosco da tantissimi anni perché ho studiato insieme a lei alla Scuola Volonté. Il nostro rapporto decennale ci ha permesso di trovare un’intesa immediata, cosa che non può succedere con attori che non si conoscono. Al di là di questo è indispensabile trovare persone disponibili e coraggiose, capaci di mettersi in ascolto degli altri.

Simone Liberati: da Cuori puriIl mio compleanno

Vedendo Il mio compleanno mi è venuto spontaneo pensare a Cuori Puri, il film che ha rivelato Simone Liberati al grande pubblico. Di quello Il mio compleanno racconta lo stesso milieu: come Stefano di Cuori puri anche Riccardo è un ragazzo difficile e ribelle per cui mi viene da chiederti se in fase di preparazione hai pensato al film di Roberto De Paolis.

Più calzante di così il tuo esempio non poteva essere perché mentre giravo avevo la sensazione di confrontarmi di nuovo con Stefano, ovvero con una persona molto simile a lui. Credo che esista una magia nel nostro mondo, soprattutto in quello degli attori cinematografici e questo film me lo ha confermato. La purezza di Riccardo, la sua sfrontatezza, erano quelle di Stefano. Come personaggio capivo bene le sue difficoltà, le sue rabbie, ma al tempo stesso sapevo di dovergli fornire l’aiuto necessario per non farlo sprofondare. Non sapendo come farlo andavo in crisi anche io e quindi mi veniva facile rimproverarlo.

Continuando con le similitudini, queste riguardano anche i principi della messa in scena perché, in qualche maniera, Christian Filippi adotta gli stessi principi di De Paolis. Penso, per esempio, all’uso dei codici del documentario e alla libertà di movimento degli attori all’interno della scena.

Christian lo conobbi anni fa in occasione del cortometraggio che abbiamo girato insieme. A mettermi in contatto con lui è stata Giulia che in quel momento era la presidente dell’associazione degli ex allievi della Volonté di cui tutti quanti facciamo parte. Lavorando con lui mi sono reso conto che aveva idee molto simili a quelle di De Paolis a cominciare dall’approccio zavattiniano che fa scaturire la scrittura e quindi la storia dalla ricerca sul campo. Ad accomunarli è anche quello di essere molto accoglienti rispetto alle proposte che vengono fatte da parte degli attori. Suggerimenti che anche io, come interprete, ho ricavato con lo stesso metodo utilizzato dai due registi perché poi alcune delle dinamiche tra me, Simona e Riccardo sono nate dopo aver parlato con un operatore di una casa famiglia e con uno psicoterapeuta.

In scena, come dici tu, avevamo molta libertà di movimento. Il fatto che il direttore della fotografia fosse anche operatore di macchina ci ha dato sicurezza perché lui sapeva fino a che punto potevamo spingerci con la nostra libertà d’azione. In fondo girare è stato una specie di jam session per cui è necessario avere persone che ti stiano dietro. Dimenticavo, a legare Il mio compleanno a Cuori Puri è anche la presenza di Federico Pacifici che nel film di De Paolis era mio padre mentre qui è il parroco che fa de referente per la casa famiglia.

Ambasciatore del film

Tu e Silvia D’amico eravate gli attori di grido, quelli che in qualche modo erano chiamati a fare da ambasciatori del film. Ti volevo chiedere se hai sentito questa responsabilità?

No, per niente. Perché per quanto mi riguarda puntavo a essere un piccolissimo, minuscolo tassello in un mosaico più ampio e complesso. Volevo essere al servizio di questa storia perché Christian in questi anni è diventato un amico. Con lui ho condiviso tante preoccupazioni, tante frustrazioni, tanti sogni tra cui la voglia di fare un nostro lungometraggio e di farlo bene. Nell’affrontare questa esperienza sono stato felice perché ero sicuro che avrebbe fatto il miglior film possibile.

Simone Liberati: preparare il personaggio

Il fatto di dover raccontare il tuo personaggio in un tempo breve è un po’ l’opposto di quello che ti è successo nelle serie dove invece hai avuto l’opportunità e soprattutto il tempo di approfondire il personaggio. In termini di approccio per te qual è la differenza?

Paradossalmente mi preparo di più quando devo fare un ruolo da non protagonista. Nella mia testa si crea un film molto più grande, in cui immagino il personaggio in diverse circostanze, per esempio al momento in cui torna a casa oppure a com’è la sua vita al di fuori del contesto lavorativo. Un ruolo da non protagonista presuppone una costruzione molto solida perché deve sopperire alla brevità delle sue apparizioni. Questo si traduce in un lavoro molto impegnativo. Al contrario, quando lavori su una serie che dura quattro, cinque mesi diventi quel personaggio anche senza volerlo. Stare così tanto tempo sullo stesso set fa sì che il tuo ruolo diventi un’abitudine e questo fa sì che la preparazione risulti più semplice.

Il mio compleanno

  • Anno: 2024
  • Durata: 90'
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Christian Filippi

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