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‘Leggere Lolita a Teheran’: l’Iran delle donne

La storia di Azar Nafisi e il suo desiderio di esportare in Iran, in piena rivoluzione islamica, la letteratura occidentale

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Resta negli occhi e nel cuore l’adattamento cinematografico di un libro di grande successo: Leggere Lolita a Teheran di Azar Nafisi. L’omonima pellicola, diretta dal regista israeliano Eran Riklis, ne cattura la luce e la forza tutta interiore, riversandola in un racconto coinvolgente, dedicato a tutte le donne.

Al cinema dal 21 novembre 2024. Distribuito da Minerva Pictures.

Azar Nafisi ne è la protagonista assoluta (interpretata magnificamente da Golshifteh Farahani): professoressa di letteratura, che con l’avvento della rivoluzione iraniana nel 1979, rientra dagli Stati Uniti in Iran assieme al marito. Il desiderio di poter vivere nel proprio, amatissimo Paese, sempre nel cuore, le fa sottovalutare l’inganno che da lì a poco l’Iran avrebbe subito con l’avvento di Khomeyni. Azar porta con sé un bagaglio prezioso: la letteratura occidentale. L’intento è quello di diffonderla in Università tra gli studenti costantemente esposti all’indottrinamento islamico. Ben presto la donna si rende conto che tutto sta precipitando: il regime soffoca qualunque deviazione dall’omologazione religiosa. Frustrata, decide di ritirarsi dall’università. Ma la letteratura è una grande forza sotterranea: Nazar e le sue allieve più promettenti resistono nel buio esistenziale in cui sono costrette a vivere grazie ai capolavori segretamente condivisi.

La repressione come vita quotidiana

Eran Riklis resta fedele alla struttura narrativa di Leggere Lolita a Teheran. I capitoli riassumono le varie tappe dell’involuzione di una, di fatto, segregazione. La libertà intellettuale e spirituale viene preservata nelle quattro mura di casa, condivisa tra le donne che confrontano la verità delle letture di cui si nutrono. Nello scambio di punti di vista sul sesso, sull’amore, sulla sottomissione che gli uomini impongono, sull’Islam.

Leggere Lolita a Teheran nella sua regia prossemica ma mai invadente, in una sceneggiatura abile nel dare forma e sostanza alle parole, riesce a trasporci in uno stato umano di privazione, ingabbiati insieme a Nazar e al mondo che abita. Di fronte ad un immobilismo totalmente paralizzante, le alternative sono soltanto due: o lasciare l’Iran o restarci ed accettare una mutilazione d’animo perenne. Palpabile, il dolore sottile per quei desideri, quelle emancipazioni, irrealizzabili. Ma anche una resistenza, che, seppur sottomessa, melanconica, è sempre un alito di vita.

Una solidarietà tutta femminile

Questo film è un regalo soprattutto a noi donne. Viviamo, in mezzo al gruppo delle lettrici clandestine, una complicità nella quale siamo totalmente a nostro agio, universalizzata in piccoli riti: dai dolci, dai fiori, dal sedersi assieme, dal danzare insieme, nelle differenti femminilità che si confrontano. Il mondo maschile, semplicemente, non esiste. Se ne può fare a meno. Questo coinvolgimento è anche merito del cast femminile che comprende, oltre a Golshifteh Farahani, Zahra Amir Ebrahimi (Miglior Attrice a Cannes per Holy spider e regista di Tatami) e Mina Kavani (Gli orsi non esistono di Jafar Panahi).

 

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