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Festival di Roma

‘Jazzy’: restare bambine per sempre

Il secondo film di Morissa Maltz, presentato in anteprima mondiale al Tribeca Film Festival, incanta con una storia sull'amicizia come parte indispensabile del passaggio all'età adulta. In concorso alla Festa del cinema di Roma 2024

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Jazzy

«Gli amici sono importanti, sono la cosa più importante». Se con The unknown country, primo lungometraggio della regista statunitense, Morissa Maltz aveva raccontato una storia di donna in un road movie dalla sensibilità documentaristica, con Jazzy, invece, la cineasta si attarda nel delicato passaggio dall’infanzia all’adolescenza dalla particolare prospettiva di Jasmine e del suo rapporto con Syriah, la migliore amica. Il film, squisitamente pop nella capacità di combinare tutti gli strumenti narrativi (estetica generale, scrittura, musica) in una cornice contemporanea, eleva il genere coming of age, offrendo allo spettatore un viaggio che mescola esperienza collettiva e introspezione e preservando la cifra “fanciullesca” di un’età in cui si cresce solo nella relazione con gli altri, quando c’è e quando, invece, è negata.

Il film è prodotto da Cold Iron Pictures, Fit Via Vi Productions e The Film Arcade. Nei rispettivi ruoli di co e protagonista figurano Syriah Fool Head Means (Syriah) e Jasmine Bearkiller Shangreaux (Jazzy). Presente anche Lyly Gladstone (Killers of the flower moon) che ha co-prodotto la pellicola. Menzione speciale per la splendida colonna sonora curata da Alexis Marsh.

In concorso alla Festa del cinema di Roma 2024.

Jazzy: la sinossi ufficiale

Sei anni nella cerchia e nella vita di Jasmine Bearkiller Shangreaux, ragazzina di etnia Oglala Lakota che vive a Spearfish, nel Dakota del Sud. E di Syriah, l’amica del cuore. Quando “Jazzy” scopre l’imminente trasferimento dell’amica, assaggia il dolore del cambiamento e delle “cose adulte”. A guidarci sarà lo sguardo di chi, come Jasmine e Syriah, a poco a poco è costretto a voltare le spalle al mondo di sogno dell’infanzia.

Jazzy: il cinema pop può essere raffinato

Nella prima scena, Jasmine compie 7 anni e poi ecco che diventa un’adolescente. Assistiamo alla nascita delle prime amicizie, delle domande sulle cose preferite (pupazzi, animali, cibi), delle corse aldiqua e aldilà di una strada, quella di Spearfish, dove le due amiche vivono, quella che le separa dall’essere tutt’altro che ragazzine.

Mi piacerebbe rimanere bambina per sempre

Nei sei anni di osservazione del loro percorso di crescita, Jasmine e Syriah crescono per sperimentazione, in un modo che, molto spesso, è del tutto sensazionale. L’introspezione avviene sempre e soltanto in una fase successiva all’azione che non è mai scevra da coraggio, ma anche dalla paura di perdere per sempre quello che gli adulti, secondo la loro prospettiva, non hanno più: libertà, tempo, energia e gioia di vivere. Il film di Morissa Maltz riesce perfettamente ad immortalare la dimensione essenziale dell’infanzia: si cresce a propria insaputa. Jazzy preserva questa struttura narrativa stratificata, eppure lo spettatore vi assiste in modo completamente inconsapevole: in questo il film è molto pop, perché alleggerisce il formato senza mitigare il contenuto. Ne risulta una pellicola contemporanea nelle premesse e nella realizzazione, ma che offre a chi guarda un racconto che tutela la ricchezza e la complessità semantica dell’oggetto descritto, coadiuvando il lavorio trasformativo dello spettatore fuori dalla sala.

Jasmine e Syriah non solo conoscono se stesse nella relazione amicale a due – determinante nel passaggio che Maltz intende raccontare -, ma lo fanno anche grazie al gruppo di amici in cui sono inserite, al tessuto sociale che inevitabilmente introiettano e alla dinamiche familiari in cui irrimediabilmente sono inserite. Inoltre, Jasmine e Syriah sono native americane e questo incide molto sulle vicende che le riguarderanno.

Jazzy: l’ultima frontiera della sincerità sono i bambini

Uno degli elementi più interessanti del film è il posto in cui, nella narrazione, sono relegati gli adulti. Li osserviamo senza vederli soltanto attraverso la lente dei bambini, dunque – volutamente – assenti, complicati, infelici, immaturi. Sono i bambini, quindi, al centro del racconto, ma sono anche loro che decidono cosa raccontare e come farlo.

Avere un’auto da sogno è stupido. Prendi semplicemente una macchina e guida.

Nella citazione non solo c’è una critica all’ossessione che i grandi hanno nei confronti delle auto, ma la stessa è il preludio ad una serie di riflessioni sulle prigioni a cui gli adulti si costringono. Non a caso, le conversazioni tra Jasmine e Syriah, che spesso nascono per esorcizzare la paura di diventare come i propri genitori, contengono una quantità sorprendente di vitalità e saggezza.

In Jazzy gli adulti sono sempre tagliati fuori dalla scena: la loro presenza si ripercuote sulle protagoniste soltante mediante gli effetti del loro agire, eccetto che per una sequenza: durante un rito di celebrazione della morte di una persona cara ad entrambe le famiglie, la cinepresa passa in rassegna le facce di questi adulti insieme ai loro figli. Di certo è un momento determinante nell’evoluzione della trama e dell’amicizia tra Jasmine e Syriah. Le due sono state precedentemente costrette a separarsi a causa del trasferimento di Syriah in un luogo più vicino alla famiglia di sua madre. Le due conoscono la prossimità e il distacco come facce di un medesimo viaggio di trasformazione individuale e duale. Eppure non è accidentale che gli adulti compaiano proprio nel momento che, nella cultura indigena, è inteso come esperienza spirituale e collettiva al tempo stesso, nonchè come intrinsecamente autentico. Gli adulti, che spesso insegnano il valore della menzogna – prima a se stessi e poi anche ai loro figli -, sono chiamati a seguire le regole dei fanciulli e a guardare in faccia la verità: la morte ha in sé un grande potere trasformativo che è che tutt’altro che mortifero. L’ultima frontiera della sincerità sono i bambini.

Considerazioni finali su Jazzy

La pellicola di Morissa Maltz cattura per diversi motivi: non solo è contraddistinta da un’estetica prorompente e da un montaggio sapiente che accentua i momenti introspettivi, agevolando il processo di sintonizzazione con le emozioni delle protagoniste, e accelera nelle sequenze allargate all’intero gruppo di amici. In Jazzy la musica fa da corollario ad ogni singolo momento vissuto, diventando a tutti gli effetti strumento narrativo che interviene a chiosare i mattoni che compongono la storia, uno dopo l’altro, ma anche a dirci che immagini e parole non bastano per raccontare un’età in cui si cresce per sperimentazione e l’inaspettato si manifesta sotto molteplici vesti. Con una raffinata sensibilità, Morissa si pone dalla parte delle bambine senza mai sostituirsi a Jazzy e Syriah (non potrebbe farlo davvero, è un’adulta), tutelando il segreto e l’ingenuità che accompagnano il loro camminare nel mondo e, al contempo, restituendogli la stessa rilevanza di una narrazione sull’universo dei grandi. Poiché è questo che succede in Jazzy: lo spettatore capisce che fantasia e saggezza nascono e si trasmettono grazie ad un’osservazione profonda, come Maltz con le protagonista, come dovremmo fare noi con i nostri bambini.

Sono Diletta e qui puoi trovare altri miei articoli

Jazzy

  • Anno: 2024
  • Durata: 86'
  • Genere: coming of age
  • Nazionalita: Stati Uniti
  • Regia: Morissa Maltz

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