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Alice nella città

Intervista alle registe di ‘Non dirmi che hai paura’

Abbiamo avuto il piacere di intervistare Yasemin Şamdereli e Deka Mohamed Osman, registe di 'Non dirmi che hai paura', film in concorso ad Alice nella città 2024

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Tratto dall’omonimo bestseller internazione di Giuseppe Catozzella, Non Dirmi che hai paura è stato l’unico lungometraggio italiano in Concorso al Tribeca Film Festival, dove si è aggiudicato il Premio Speciale della Giuria. In seguito è stato presentato al Munchen Filmfest, dove ha vinto il premio internazionale del Pubblico. Il film, diretto da Yasemin Şamdereli in collaborazione con Deka Mohamed Osman, è in Concorso ad Alice nella città 2024.

Non dirmi che hai paura  è la storia di Samia, nata a Mogadiscio in Somalia durante una terribile guerra civile. All’età di nove anni scopre di avere un grande talento: corre più veloce di tutti gli altri. Con l’aiuto del suo migliore amico, Ali, trasforma questo talento in un sogno: rappresentare la Somalia ai giochi Olimpici di Pechino nel 2008.  Samia arriva ultima alla gara dei 200m femminili, ma il mondo intero tifa per lei in un momento davvero magico. Tornata in patria, la ragazza diventa bersaglio delle rappresaglie degli estremisti al potere e, rischiando la propria vita, decide d’intraprendere il viaggio per raggiungere l’Europa. Il film descrive il coraggio di una giovane donna che sfida un regime brutale e lotta per la sua libertà e per il suo futuro.

Nel cast: Ilham Mohamed Osman, Fathia Mohamed Absid, Fatah Ghedi

Intervista alle registe di Non dirmi che hai paura

Samia

‘Non dirmi che hai paura’ ad Alice nella città 2024

Intenzione del film

Perché è importante raccontare al pubblico la storia di Samia? Che significato ha per voi? quali sono l’impulso, la spinta, l’urgenza?

Yasemin: La storia di Samia mi ha toccato immediatamente essendo io stessa una donna, una donna con un background mussulmano. Guardare questa giovane donna meravigliosa, così forte e determinata, è stata una fonte d’ispirazione. Lei non mollava, cercava di migliorare sempre per raggiungere il suo obiettivo. Ho sentito la necessità, l’importanza di raccontare tutto questo. In Europa abbiamo la tendenza di vedere l’altro, il diverso come un problema, una semplice figura. Ma non è così, non si tratta di figure ma di esseri umani. Ogni essere umano ha la sua storia, il suo percorso. Non dobbiamo spaventarci di fronte all’altro o creare un contesto di paura. L’Italia sta facendo un buon lavoro, perché siamo onesti. Molti paesi europei non stanno aiutando l’Italia abbastanza. Ognuno dovrebbe fare la sua parte nell’accogliere i rifugiati. Quello che sto cercando di dire è che entrambe abbiamo sentito immediatamente che la storia di Samia era incredibile e volevamo fare in modo che non venisse dimenticata. Questo racconto rimanda a questioni complesse e fondamentali per il mondo intero.

DeKa: Per me che sono somala, avere avuto la possibilità di raccontare la storia di una giovane ragazza somala, è tra le cose più importanti che ho fatto nella mia vita. Sono molto orgogliosa del team. Yasmine m’ispira moltissimo, sono grata di poter lavorare con lei. La ragazza che interpreta Samia è mia sorella minore Inoltre, sento che anche Samia lo è in un certo senso. Quindi l’urgenza è proprio quella di narrare la storia di una sorella nel senso più ampio del termine, per questo senso di solidarietà, di vicinanza, di sorellanza appunto. Il film ci ha permesso di rappresentare la Somalia e ciò che significa per noi. Sono onorata di far parte di questo processo.

Il casting

Come avete scelto il cast di Non dirmi che hai paura? Come avete lavorato con gli attori?

Deka: Personalmente ero parte del processo per la ricerca del casting. Quando siamo andate in Kenya insieme, ho sentito che potevo dare a Yasmine dei consigli e condividere con lei la mia opinione, perché era molto aperta all’ascolto e a ciò che avevo da dire. Quando ho conosciuto in Kenya il ragazzo che interpreta Ali, ho sentito immediatamente che era lui quello giusto per rappresentare l’amico di Samia. Sono orgogliosa del casting in quanto ho dato il mio contributo. Sapevo di poter aiutare in questo senso. In merito ad Ilham, l’attrice che interpreta Samia, ovvero mia sorella, tutti mi chiedono come sia possibile che proprio lei interpreti il ruolo principale. Io rispondo che non lo so, non so come sia potuto accadere, ma Yasmine può dirvi di più in merito.

Yasemin: Ovviamente abbiamo discusso su quest’aspetto. Come regista, stavo cercando la persona speciale che avrebbe potuto interpretare Samia, ed era propio lì, di fronte a noi. Ho cercato per anni Samia, dovevamo essere sicuri della scelta. Dopo tutto questo tempo abbiamo deciso: Ilham era quella giusta. Parte del casting aveva avuto esperienze pregresse nel campo della recitazione, ma la maggior parte degli attori si sono trovati di fronte la camera per la prima volta. Per esempio, abbiamo scelto i bambini che erano maggiormente a loro agio di fronte l’obbiettivo, che giocavano e  comprendevano il racconto. Dovevamo chiedere loro di essere arrabbiati, condurli a delle emozioni. La nostra direttrice casting in Kenya ha fatto provini in tutto il paese per trovare la comunità somala, parlare con le persone e chiedere loro di poter intervistare i bambini. Dovevamo trovare il giusto approccio, essere delicati perché parliamo di ragazzini. Alla fine molte persone ci cercavano e ci mandavano i loro video. Quando una persona c’incuriosiva andavamo ad incontrarla in Kenya. Non avremmo potuto fare il film senza il cast eccezionale con cui abbiamo lavorato.

Fonti e testimonianze

La vita di Samia è raccontata nel libro di Giuseppe Catozzella. Quanto avete attinto al testo? E più in generale, a quali fonti avete fatto riferimento per un’appropriata ricostruzione storica?

Yasemin: Ovviamente c’era il libro di Giuseppe ed era già molto ricco; tuttavia il romanzo è più esteso. Inoltre è scritto in prima persona dal punto di vista di Samia. E questo era difficile da adattare. Avevamo solo novanta minuti; per cui abbiamo creato una struttura differente, più adatta all’elaborazione filmica. Poi, abbiamo raccolto numerose testimonianze. Gli attori stessi ci hanno fornito dettagli sul contesto in cui erano cresciuti e raccontato aneddoti sulla guerra civile. Grazie anche a Deka siamo riuscite a delineare la cultura somala e a ricreare il contesto famigliare di Samia nel modo più autentico possibile. Volevamo rendere la vita famigliare nella sua quotidianità e verità, con le persone che giocano, si prendono in giro. E credo che il pubblico abbia percepito il senso di realtà. Il racconto avviene dall’interno e non attraverso un occhio esterno, distante.

Deka: Sono d’accordo, come spettatore ti senti vicino al personaggio principale e agli altri. Ti senti dentro la storia. Ed è facile relazionarsi perché si tratta di una famiglia che seguiamo giorno dopo giorno. Ci sono bambini, adolescenti, adulti. Percorriamo le loro vite dal momento in cui sono piccoli. Ovviamente non puoi raccontare tutto in novanta minuti. Questo è solo un accenno della vera storia di Samia. Dobbiamo ricordarci che il racconto è basato su un romanzo che qualcuno ha scritto sulla sua vita, per cui non può essere vero al cento per cento ed è impossibile comprimere la vita di un essere umano in un testo o in un film, ma noi abbiamo fatto del nostro meglio per rappresentare quello che Samia cercava di fare.

Ricerca delle location

Avete girato in Italia, come avete trovato le location? Com’è stato possibile ricreare i luoghi del Mogadiscio in Italia?

Deka: Non potevamo filmare in Somalia a causa della guerra e della situazione politica del paese che è in conflitto dal 1991. Un luogo che non è mai stato sicuro, per cui andare in giro con la camera e avere la troupe lungo la strada era impossibile persino da pensare. Anche per questo, la ricerca di location adeguate è stato un lungo processo. Poi abbiamo trovato altri paesi, altri luoghi nel mondo che potevano ricordarci la Somalia. La Puglia è stato uno di questi. Il casting è stato molto difficile perché non c’era una grande comunità somala in Puglia, per cui abbiamo chiesto a diverse persone della comunità somala di Roma di raggiungerci lì. Erano felici di partecipare al progetto, hanno fatto un lavoro straordinario. Molti di loro sono rimasti con noi per l’intero viaggio del film, sono stati molto coraggiosi.

Non dirmi che hai paura è prodotto da INDYCA con RAI CINEMA, NEUE BIOSKOP FILM, TARANTULA, BIM PRODUZIONE, in coproduzione con MOMENTO FILM, VOO, Be tv e Shelter Prod, FILM I VAST. In collaborazione con THE PIRANESI EXPERIENCE, CINEPOST e PONT NEUF PRODUCTIONS. Distribuito in Italia da FANDANGO DISTRIBUZIONE. Il film è inoltre realizzato con il sostegno del Ministero della Cultura MiC, con il contributo di Apulia Film Fund di Apulia Film Commission e Regione Puglia, Film Commission Torino Piemonte, Eurimages – Council of Europe e Europa Creativa Programma Media.

 

 

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