È in uscita al cinema, dal 17 ottobre a Roma, Il ladro di stelle cadenti di Francisco Saia con protagonisti Jacopo Rampini e Clizia Fornasier insieme a Leandro Baroncini e Daniel McVicar. Il film, ispirato all’omonimo racconto di Patrizia Vicari (edito presso 40due), prodotto da Horcynus Productions srl (Italia) in collaborazione con DeeMediaTv Ltd (Malta) e distribuito da Emerafilm, è una vera e propria fiaba.
Camillo Favara, detto Milo fin dall’età di otto anni chiede a una stella cadente alcuni desideri. E, per una strana coincidenza del destino, diventa un ladro di stelle cadenti: gli viene affidato cioè il compito di catturare le stelle cadenti e di correggere quei desideri che possono avere esiti o conseguenze infelici.
Del film e delle sue tematiche abbiamo parlato con il protagonista Jacopo Rampini.
– Foto di copertina di Leonardo Bertuccelli –
Jacopo Rampini e il suo Milo
Qual è stato il tuo approccio al film, la cui storia è tratta da un libro, e al personaggio?
La storia mi è stata presentata subito come sceneggiatura perché l’adattamento del libro era già stato fatto. Oltre ad aver avuto modo di conoscere l’autrice del libro, mentre ero sul set, mi ha aiutato molto leggere un libro della coprotagonista, Clizia Fornasier, che è anche una scrittrice. Quando interpreto un personaggio quello che mi interessa maggiormente è il rapporto con gli altri membri del cast, perché sono dell’idea che si debba sviluppare un rapporto con i colleghi. Quello che funziona sono i rapporti umani che si hanno con le persone sul set. Quindi, siccome Milo si innamora di Betty già da bambino, deve essere colui che conosce meglio Betty.
E questa per me era inizialmente una difficoltà, non conoscendo in precedenza Clizia, e non sapevo come dare l’impressione che, invece, è qualcuno che conoscevo profondamente. Mi sono chiesto come può Milo far capire al pubblico di conoscere così bene Betty che ha visto cambiare negli anni, che ha visto crescere, che gli ha anche fatto del male?
Uno dei modi per far sì che questo sia il più realistico possibile è imparare a conoscere quella persona. Visto che Clizia è anche una scrittrice, io, per scoprirla, ho letto il suo romanzo che mi ha permesso di conoscerla meglio.
Solitamente si dà per scontato che un attore o un’attrice per interpretare un ruolo si soffermino solo ed esclusivamente sul proprio personaggio, ma effettivamente è bene conoscere anche i partner sul set.
Sì, soprattutto se i due, come in questo caso, hanno avuto una storia, si conoscono, non sono due estranei. Nel mio caso c’è stato un libro, ma si può anche parlare con una persona, chiederle della sua infanzia, del suo passato…
Milo non è solo Jacopo Rampini
A proposito di personaggi e di altri interpreti, qual è stato il lavoro che hai fatto con gli altri interpreti di Milo? Perché solitamente c’è il bambino e poi l’adolescente o l’adulto, ma in questo caso sono tre i passaggi e mi ha colpito come siate tutti e tre in linea, seguendo l’uno i comportamenti dell’altro.
Sono contento di quello che mi dici anche perché è la prima volta che mi capita di avere un personaggio più giovane a cui dover assomigliare e non è così semplice o banale. Quando c’è una versione di te giovane, che peraltro il pubblico vede prima di te, diventa ancora più difficile riuscire a mantenere una continuità, un filo conduttore, perché altrimenti il film non funziona.
Io ho lavorato facendomi mandare dei video di quello che era già stato girato dal momento che la parte iniziale con Milo giovane e giovanissimo è stata girata prima della parte dell’adulto. E anche lì ho cercato di stabilire un rapporto con l’attore, Leandro Baroncini, per studiarlo un po’, per capire che scelte aveva fatto per il personaggio e come si comportava.
Per me è stata una sfida nuova e che ho trovato molto interessante.
La doppia lingua
Volevo poi chiederti una riflessione sulla lingua dal momento che il film è sia in italiano che in inglese. Ci sono dei momenti in cui recitate in inglese e che sono stati ridoppiati in italiano. Tu vivi in America e hai lavorato in tanti progetti internazionali, quindi non è un ostacolo la lingua inglese, però com’è stato dover utilizzare italiano e inglese nello stesso progetto?
La cosa veramente difficile è passare da una lingua all’altra, cosa che non accade se un progetto è interamente in inglese. Noi abbiamo girato prima tutte le scene in italiano e poi tutte in inglese.
Innanzitutto devo dire che le lingue sono diverse, quindi anche il personaggio, nel modo in cui si esprime, cambia inevitabilmente qualcosa. Quindi anche lì mantenere lo stesso personaggio, ma con una lingua diversa, è complesso, non è facilissimo. E anche questa è stata una cosa nuova per me.
E anche il ridoppiarsi, immagino, abbia dato vita agli stessi problemi.
Sì. Io avevo già fatto dei doppiaggi, ma il ridoppiarsi in un’altra lingua non è stato affatto facile tanto che abbiamo dovuto fare due doppiaggi, per raggiungere quel livello che volevamo restituire ai dialoghi.
Quindi il film uscirà in una doppia versione?
Sì, l’obiettivo del produttore, Paolo Picciolo, era sempre stato quello. Sin dall’inizio mi ha contattato proprio perché lui voleva realizzare una versione internazionale. Lui ha passato lunghi periodi della sua vita in Inghilterra e voleva produrre un film in lingua inglese, anche per questioni di distribuzione, per portarlo all’estero.
Quindi sì, lo vedremo anche in lingua inglese e verrà distribuito all’estero. Tutti gli attori hanno recitato sia in italiano che in inglese. Anche Daniel McVicar, americano, ha girato in entrambe le lingue. Ed è una cosa abbastanza rara.
Tematiche importanti
Anche se è un film fantasy, però, Il ladro di stelle cadenti affronta temi importanti, attuali e complessi. Nonostante questo lo fa in maniera semplice, cercando di indirizzarsi a un pubblico anche giovane. Quanto pesa il dover rappresentare una sorta di modello in questo senso?
Fin da subito ho pensato che il mio personaggio avesse un po’ di superpoteri. Perché Milo, col fatto delle stelle cadenti, ha un lato fantasy, ma anche un lato da supereroe, se vogliamo. E se è vero che da grandi poteri derivano grandi responsabilità il Milo adulto è quello un po’ meno inconscio, un po’ meno impulsivo, per il quale ho dovuto cercare di aggiungere uno strato di serietà e un po’ di malinconia. Questo Milo più grande ha una grossa responsabilità, ma ha anche sofferto a causa di questo desiderio, di questa sua stella cadente.
Quindi è un Milo un po’ più maturo che ha anche un lato un po’ più oscuro, con una cicatrice perché ha un passato che torna e che lo sconvolge. E quindi ho dovuto mantenere il Milo ragazzo, però anche aggiungere questa componente un po’ più pesante, un po’ più oscura ed è stata una bella sfida, una bella responsabilità, dal momento che lui deve riuscire a prendere la decisione giusta. Tutto questo, però, è anche quello che lo rende interessante come personaggio da interpretare. A me piacciono i personaggi profondi, che hanno un vissuto, magari un trauma, che hanno un conflitto interno perché è questo che poi li rende interessanti da interpretare.
Sicuramente Milo è il personaggio più interessante. Se poi si considera il fatto che non c’è nemmeno un vero e proprio cattivo nella storia, si può dire che il suo lato oscuro diventa il tratto più particolare e interessante.
Esatto. Io lo considero un po’ un supereroe. Anche perché uno che acchiappa una stella dal cielo, se la porta in terra e se la prende in mano ha un superpotere.
Jacopo Rampini all’estero
E questo, secondo me, è un punto a favore che il film ha per indirizzarsi a un pubblico più eterogeneo, di grandi e piccoli. Se, però, con questo film riesci a farti conoscere e a parlare con un pubblico vasto in senso di fasce di età, con gli altri tuoi progetti passati hai parlato e parli a un pubblico vasto in senso geografico, considerando che molti dei titoli ai quali hai preso parte sono stranieri. Dai film alle tante serie, da FBI a The Blacklist, tanto per citarne alcuni. Com’è stato prendere parte a questi progetti e collaborare con nomi importanti?
Devo premettere che io ho studiato in America, sia il liceo che le scuole di recitazione. Per me la porta d’ingresso è stata New York. Ho cominciato a prendere parte a serie televisive tipiche newyorkesi (quella newyorkese per eccellenza è Law & Order SVU che va avanti da 22 stagioni più o meno). La cosa bella di cominciare in questo modo è che letteralmente Law & Order l’hanno vista in tutto il mondo. E questo è un po’ il vantaggio degli Stati Uniti in generale: quando fai un film o una serie americana è normale poi vederla in qualsiasi parte del mondo. Questo mi ha dato un grosso vantaggio, nel senso che ho lavorato su dei set molto importanti, con persone di grande successo nell’ambito del cinema e della televisione e mi hanno dato, anche indirettamente, degli strumenti poi per migliorare ed essere in grado di fare questo lavoro a livelli sempre più alti.
Sicuramente il fatto di prendere parte a produzioni, sia cinematografiche che televisive americane ti ha permesso di sperimentare entrambi i formati e di capire le differenze sia tra i due che anche tra America e Italia, dove, per esempio, le serie forse stanno crescendo, ma inizialmente erano considerate un prodotto di serie B.
È vero, all’inizio la serie televisiva era considerata una cosa un po’ di serie B. Adesso, invece, credo che le cose stiano cambiando e anche le grandi star che prima non prendevano parte alle serie televisive, ma facevano solo i grandi film, adesso si prestano anche al piccolo schermo.
Anche perché con un film hai un’ora/un’ora e mezzo di tempo per sviluppare il tuo personaggio. Con la serie, invece, l’arco del personaggio, soprattutto se si tratta di più stagioni, è molto più ampio. E questo per un attore è fantastico. Poi c’è anche il caso in cui si può rimanere bloccati in un determinato ruolo dal quale non si riesce a uscire. Sicuramente, però, la qualità delle serie è migliorata molto in generale.
Un fil rouge nella carriera di Jacopo Rampini
Guardando in generale i film e le serie alle quali hai preso parte sembra che i tuoi personaggi incarnino un po’ quello che dicevamo a proposito de Il ladro di stelle cadenti. Magari un po’ per caso, ma mi piace pensare che i film siano legati e che quindi questo alternarsi tra drammi/film impegnati e commedie sia una sorta di occhiolino a quest’ultimo progetto. Senza considerare il fatto che tutto questo dimostra la tua versatilità e il tuo essere in grado di alternarti tra più generi.
Hai ragione. Poi io sono anche dell’idea che sono un po’ i ruoli a scegliere te, nel senso che ci si accorge di apparire agli altri in un certo modo perché noi abbiamo una visione di noi stessi, una certa energia, un certo modo di essere che attira un certo tipo di ruoli. A me, per esempio, capita spesso di interpretare ruoli storici, che è una cosa che mi piace perché dietro puoi studiarti la storia. Non a caso il mio primo ruolo televisivo fu il giovane Stalin, il dittatore russo, e per interpretarlo ho studiato e mi sono messo a leggere una sua biografia. E ancora nel film precedente a Il ladro di stelle cadenti, che è uscito adesso nelle sale e che si chiama Shakespea Re di Napoli, io interpreto William Shakespeare, per il quale mi sono studiato la biografia.
Allo stesso tempo, poi, capitano invece altri progetti. L’anno prossimo, per esempio, uscirà una commedia americana Netflix, nella quale sono un ragazzo italiano in America. Quindi sì, spazio molto e penso che un bravo attore debba essere capace di fare un po’ entrambe le cose.
Il futuro
Tornando su Il ladro di stelle cadenti, il film è nelle sale dal 17 ottobre. Quali sono le aspettative di Jacopo Rampini?
Si inizia a Roma il 17 e 18 ottobre, poi il film andrà in giro, prima a Milano, poi a Genova, a Torino, a Padova e poi comincerà un tour siciliano perché il film è stato girato in Sicilia e quindi tornerà, in un certo senso, a casa. Insomma sono e siamo contenti che avrà questa distribuzione e speriamo che possa girare il più possibile, intanto qui e poi nella versione internazionale.
Prima hai parlato di una commedia Netflix in uscita, ma ci sono altri progetti futuri in vista?
In America due settimane fa è uscita una serie, Power, poi, a inizio 2025, uscirà questa commedia, Survival of the Thickest, su Netflix. Inoltre c’è anche un altro film prodotto da italiani, ma girato in America, mezzo apocalittico, incentrato su un telegiornale che annuncia la fine del mondo.
Inoltre sto scrivendo un libro, un romanzo che uscirà nella primavera del 2025 per Mondadori, insieme a mio padre, lo scrittore e giornalista Federico Rampini.
Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli