Dopo il passaggio al Festival di Toronto, sbarca anche alla 19esima edizione della Festa del Cinema di Roma, nella sezione Grand Public, The Return, il nuovo film di Uberto Pasolini. In molti ricorderanno il cineasta per l’intenso e indimenticabile Nowhere Special – Una storia d’amore, dove James Norton interpretava un padre alla ricerca di qualcuno a cui affidare il suo bambino, quando lui non ci sarebbe più stato.
Con questo nuovo progetto Pasolini cambia genere, per quanto restino preponderanti alcune tematiche, come il rapporto padre-figlio, l’amore che supera qualsiasi confine compresa la morte, il peso della lontananza. Stavolta, però, prende spunto da un must quale L’Odissea. La sua versione del poema epico affonda le radici nel capolavoro letterario, andando a esaltarne alcuni aspetti per scopi precisi e mostrandone l’incredibile ed eterna modernità.
The Return | Ulisse ritorna a Itaca
Dopo anni e anni lontano da casa, impegnato prima nella guerra di Troia e poi in mare insieme ai suoi compagni d’arme e d’avventura, Ulisse (un Ralph Fiennes a dir poco monumentale) mette piede a Itaca. La terra dei suoi natali lo accoglie e lo avvolge, ignara della sua lontananza e, nel frattempo, presa d’assalto dai Proci. Mentre l’uomo tenta di riprendere le forze, a grande fatica e grazie all’aiuto di Eumeo (Claudio Santamaria), a palazzo Penelope (Juliette Binoche) continua a tessere il sudario per il padre deceduto. Giorno e notte si siede al telaio, prima lavorando e poi disfacendo il suo lavoro, così da prendere tempo e allungare l’attesa nella speranza che il marito ritorni.
Telemaco (Charlie Plummer), dal canto suo, non riesce ad accettare l’abbandono del padre, e vede in qualche modo come debolezza il fatto che la madre non prenda una decisione e si sposi di nuovo, così da ristabilire un equilibrio ormai compromesso a Itaca. La presenza dei Proci in casa sua non fa che ricordargli qualcosa che a lui manca, ossia una figura di riferimento maschile/paterna.
Il poema epico messo in scena diventa un capolavoro
The Return possiede tutta la potenza dell’epica, a partire dalla fotografia che sembra succhiare ciò che la circonda, che si tratti di una scena cupa e o della luce abbacinante di un’alba, andando a restituire il giusto sentimento a ogni scena, sino ad arrivare alle splendide musiche di Rachel Portman. Potendo contare su una serie di location a dir poco suggestive, che richiamano l’antica Grecia con la sua natura indifferente alle esistenze umane ma cangiante in base a ciò che gli uomini vivono, la pellicola mette in scena qualcosa di unico.
Molto vicino a un impianto teatrale – per cui spesso si ha la sensazione di trovarsi dinanzi a un palcoscenico – e omaggiando una vena shakespeariana che indiscutibilmente si lega al poema omerico, Pasolini realizza una sorta di capolavoro. Ad aiutarlo nello scopo ci pensano le interpretazioni, ben sopra la media, dei suoi attori: Fiennes e la Binoche si ritrovano a distanza di molti anni da Il paziente inglese e incarnano una coppia di innamorati così vera e viscerale da fare male.
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