Un horror che non assomiglia a nessun altro. Dellamorte Dellamore, diretto da Michele Soavi e basato sull’omonimo romanzo di Tiziano Sclavi, è un’opera cinematografica che sfida le convenzioni del genere horror. A trent’anni dal suo debutto, torna nelle sale in versione restaurata, riaffermandosi come un film unico nel suo genere.
Una favola nera che si distingue per la sua capacità di combinare elementi horror con una vena comica, creando una narrazione grottesca e surreale. Nonostante la sua anomalia rispetto agli standard contemporanei, il film lascia il segno grazie all’atmosfera onirica e al sapiente uso del dark humour, intrecciato con momenti di poesia che rendono questo film, a suo modo, indimenticabile.
Nel cast: Rupert Everett, Anna Falchi, François Hadji-Lazaro.
La trama
Nell’immaginaria cittadina di Buffalora, il solitario e ombroso becchino Francesco Dellamorte (Everett) trascorre le sue giornate evitando i vivi e rispedendo i morti nelle loro tombe, dopo che questi cominciano inspiegabilmente a risorgere, più famelici che mai.
L’incontro con una misteriosa vedova (Falchi), che come i cadaveri continua a tornare da lui in diverse forme, risveglia in Dellamorte una passione ardente e sconosciuta. Tuttavia, questa stessa passione lo condurrà al confine tra lucidità e follia, sospeso in un limbo tra vita e morte, realtà e illusione.
Il trailer
Morti affamati di vita
Se si dovesse riassumere la favola nera di Soavi con una frase, potrebbe essere questa.
A dispetto dei personaggi bizzarri, dei dialoghi spesso surreali e di una recitazione non sempre sopraffina, Dellamorte Dellamore è in realtà più profondo e strutturato di quanto sembri.
La cupa solitudine del protagonista, vivo tra i morti e morto tra i vivi, viene travolta da un sentimento nuovo e bruciante, una passione in grado di risvegliare la fame di vita e di violenza sepolti nel cuore dell’uomo come cadaveri. Ma non a tutti è concesso vivere, non a tutti è concesso amare.
Ecco che quindi l’amore diventa un’ossessione macabra, che continua a tornare ma sotto forme incompiute, lacerate. Nè Dellamorte né il suo tenero assistente Gnaghi (Hadji-Lazaro) possono amare qualcosa di completo: solo la testa della sua amata rimarrà a Gnaghi, mentre Lei, la donna desiderata da Dellamorte, sarà una e trina, ma sempre, ossessivamente, irraggiungibile.
Non si può uscire da Buffalora
La cittadina immaginaria di Buffalora è l’unico palcoscenico che al protagonista è concesso calcare. Dopo che l’ossessione lo ha consumato e lo ha reso un fantasma, un assassino a cui nemmeno viene riconosciuta la paternità dei suoi delitti, Dellamorte tenterà di fuggire da Buffalora insieme a Gnaghi, per poi scoprire che non c’è nulla al di fuori di essa, e che andarsene è impossibile.
Così come non è possibile sfuggire alla morte.
Dellamorte Dellamoresi conclude in modo enigmatico, lasciando allo spettatore numerose domande ma anche, per fortuna, altrettante chiavi di lettura, grazie al suo profondo simbolismo, alimentato dall’atmosfera onirica della scenografia, vincitrice del David 1994, di Antonello Geleng.
Divenuto ormai un cult del suo genere, Dellamorte Dellamore resta un’esperienza cinematografica bizzarra ma intramontabile, che continua a far riflettere sulla vita, la morte e la follia.
Tra morti viventi e vivi morenti, siamo tutti uguali.
Dal 14 ottobre al cinema.
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