Non si finisce mai di restare affascinati da Maria Montessori. Non solo per il suo pensiero e per la creazione di un metodo che ha rivoluzionato l’educazione e l’approccio all’infanzia, ma per la sua incredibile ed attualissima figura di donna, medico, pedagogista, madre, studiosa e femminista ante-litteram. Benché la sua storia sia stata negli anni oggetto di moltissimi studi, saggi, articoli, film, documentari e serie tv (ricordiamo fra questi la miniserie televisiva Maria Montessori – Una vita per i bambini, con Paola Cortellesi ) c’è sempre qualche aspetto su cui soffermarsi, da approfondire, esplorare, riscoprire.
Non a caso nel film Maria Montessori – La Nouvelle femme, la regista Léa Todorov – figlia del noto filosofo e saggista bulgaro, Tzvetan Todorov – oltre al tema evidente dell’autodeterminazione femminile, si concentra sulle prime esperienze sperimentali di Maria, il cui nome già emergeva per il proficuo lavoro svolto, in una clinica privata, con i bambini difficili e portatori di disabilità: le tecniche ed i risultati raggiunti dalla Montessori – che la convinsero poi ad ampliare i destinatari del metodo ed a rinunciare alla vita familiare e al figlio, pur con grande dolore – sono oggetto di uno specifico interesse della regista, anche per un’esperienza personale da lei stessa raccontata.
Presentato in anteprima nazionale alla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, Maria Montessori – La nouvelle femme, si avvale di due interpreti d’eccezione come Jasmine Trinca (perfettamente calata nel ruolo della scienziata marchigiana, vera icona a livello mondiale) e Leïla Bekhti (nei panni di Lili d’Alengy, una femme fatale, mai realmente esistita), le due donne protagoniste, messe inizialmente in contrapposizione per poi trovare una strada di sorellanza possibile.
Racconto al femminile, anticipatore di temi femministi, profondamente illuminante per medici, pedagogisti e insegnanti, che vede al centro una figura, quella della Montessori, che ha precorso i tempi, lottando, all’inizio del secolo scorso, per l’eguaglianza di diritti in un mondo dominato da paternalismo e maschilismo. Il film è nelle sale italiane distribuito da Wanted con il patrocinio dell’Opera Nazionale Montessori – ETS.
La Nouvelle Femme: Maria Montessori e il prezzo della libertà
La storia di Maria Montessori è una storia di emancipazione e ricerca della parità di genere in un’Italia, in un mondo, ancora impreparati ad accettarle: com’è noto la Montessori è stata una delle prime donne a laurearsi in medicina in Italia ed è internazionalmente conosciuta per l’invenzione di un metodo educativo che prende il suo nome, adottato ancora oggi in migliaia di scuole dell’infanzia, elementari e oltre, in ogni Paese.
Maria, che da subito aveva mostrato una propensione per le materie scientifiche, faticò non poco per farsi accettare ed entrare a far parte di una comunità composta prevalentemente da uomini, visti i tanti pregiudizi che il mondo della medicina nutriva verso un medico donna. Dopo la laurea si specializzò in neuropsichiatria e pediatria ed iniziò il suo impegno a favore dei bambini dei quartieri poveri di Roma, convinta dai suoi studi che molte tra le malattie più diffuse potessero essere prevenute intervenendo sulla marginalità sociale.
L’espressione La Nouvelle Femme, utilizzata nel titolo del film, è stata comunemente usata dagli storici occidentali in relazione alle donne istruite e indipendenti del 1900 che erano riuscite ad accedere a posizioni professionali e carriere accademiche, e che affermavano il loro posto nella società attraverso la conoscenza. Connota dunque un tipo di donne ‘evolute’ ma anche di scelte che, inevitabilmente, molte di esse erano costrette a fare non potendo vivere da ‘single’, con figli o compagni fuori dal matrimonio, senza essere bandite e allontanate da famiglie e società.
La scelta dell’indipendenza, infatti, ebbe un prezzo molto alto anche per la Montessori, che decise di non sposarsi mai per poter continuare i suoi studi e le sue esperienze clinico-pedagogiche, che avrebbero aiutato moltissimi bambini nel mondo, pur avendo avuto un compagno (medico) ed un figlio da lei amatissimo, Mario, che fece crescere lontano da lei, ritrovandolo poi molti anni dopo per non separarsene più.
L’interesse per i bambini con disabilità, insieme a quello per l’emancipazione femminile, come accennato sopra, sono il cuore pulsante del film, anche per il vissuto autobiografico della regista, Léa Todorov.
“Ho conosciuto la figura di Maria Montessori – racconta la Todorov – lavorando ad un documentario sulle pedagogie alternative nel periodo tra le due guerre. Poi, quando già lavoravo al film ho avuto l’intuizione che il momento più interessante della biografia di Maria fosse l’abbandono del figlio. A quel tempo non aveva ancora creato una scuola per bambini neuro-atipici. In questo istituto di logopedia lavorava con bambini definiti “idioti” o “deficienti” e, proprio con questi bambini dai bisogni speciali, sperimentò quello che sarebbe diventato il suo metodo.
È da qui che è emerso anche il personaggio di Lili nella sceneggiatura, questa madre che si vergogna della sua bambina diversa, e che ho potuto investire con il mio stesso senso di fallimento quando, alla nascita di mia figlia, mi sono resa conto di aver fatto una bambina che non avrebbe “funzionato” normalmente. La scrittura si è sviluppata a partire da questa storia e ho trovato le basi drammatiche del film”.
L’altra donna e i bambini neuro-atipici o ‘deficienti’
L’espediente di fiction attraverso cui Léa Todorov costruisce l’intreccio della vicenda è l’incontro di Maria Montessori con Lili d’Alengy, una famosa e fatale mondana parigina (figura immaginaria ma credibile), che celava un segreto vergognoso per l’epoca: una figlia disabile, Tina, tenuta nascosta per proteggere la sua carriera nei salotti dell’alta società fin de siècle. Dopo aver deciso di portarla a Roma, giunge a Lily la notizia di una pedagogista che sa come trattare casi simili, Maria Montessori.
Le due donne, Jasmine Trinca (La stanza del figlio; Fortunata) e Leïla Bekhti (The Restless; A Man In a Hurry), diversissime in tutto, troveranno lentamente un’intesa inaspettata che porterà alla luce un segreto condiviso e apporterà benefici individuali e sociali ad entrambe.
La regista decide di cogliere lo spaccato più ‘umano’ di Maria, quello del suo conflitto interiore fra l’essere madre e scienziata, compagna di un altro medico e donna, oltre che illuminata pedagogista con la chiara idea di riformare la scuola e portare tutti i bambini, non solo i normodotati, a sviluppare i propri apprendimenti.
Il film Maria Montessori – La nouvelle femme mostra dunque la lotta di emancipazione di una donna, sia nella vita privata che sul lavoro, e l’ideazione di un metodo, oggi universale, della sua sperimentazione e perfezionamento.
Dal metodo Montessori al #MeToo
Interessante e centrale è nel film il passaggio dall’applicazione del metodo Montessori su bambini con difficoltà di apprendimento all’uso con bambini normodotati, evidenziando l’importanza di un approccio all’insegnamento inclusivo e personalizzato, concepito per valorizzare tutte le diversità e per un’istruzione accessibile a bambini di ogni condizione sociale e abilità.
La regista sottolinea anche la visione politica che intende trasmettere tramite il suo film, sia in ambito di inclusività sociale sia sul tema dell’empowerment femminile e del Movimento #MeToo.
“Il personaggio principale, la madre che si vergogna – afferma la regista – simboleggia la nostra società, che non accetta, che ha paura: ma c’è stata anche un’idea politica alla base delle riprese, quella di riunire una troupe cinematografica e questo gruppo di bambini, con i quali, anche sul set, tutti hanno capito subito che non c’era bisogno di essere specializzati per creare un legame.
Per quanto riguarda il ruolo della donna, ho l’impressione che, grazie al #MeToo , siamo riusciti a guardare in modo diverso il mondo e il #MeToo ci ha anche permesso, collettivamente, come donne, di rimettere in discussione il nostro proprio vissuto, le cose che magari abbiamo accettato senza neanche rendercene conto e ho capito anche cosa significhi appartenere ad una certa epoca e questo mi ha fatto anche capire tutta la forza di Maria Montessori, la lungimiranza che ha avuto rispetto al proprio ruolo, tenendo conto del fatto che certe cose erano del tutto eccezionali in quegli anni lì. Lei dice a un certo punto ‘non voglio diventare la proprietà di nessuno’ perché sapeva che, inevitabilmente, sarebbe stata inserita in un certo tipo di sistema.”