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‘The last of the Sea Women’ di Sue Kim, la favolosa storia delle haenyeo

Ridere e ammirare, emozionarsi e battere i pugni, restituendo un lavoro fine ed emozionante sulle mitiche haenyeo dell’Isola di Jeju

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The last of the Sea Women di Sue Kim è un documentario già vincitore a Toronto del NETPAC awards, film Apple Original prodotto da A24 FILMS e in uscita l’11 ottobre sulla piattaforma.

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Le “sirene di Jeju”, talvolta vengono chiamate così, queste arzille vecchiette: esperte apneiste la cui arte della raccolta dei frutti di mare viene trasmessa di generazione in generazione, ed è unicamente al femminile. Un documentario vibrante e nostalgico, che fa di questo stuolo di settantenni, delle vere rock star.

‘The Last of the Sea Women’ di Sue Kim – immagini fornite dall’ufficio stampa AppleTV+

The last of the Sea Women di Sue Kim, la trama

Conservatrici di una tradizione che apparteneva in principio agli uomini, e che per lungo tempo è stata trattata con sufficienza, le haenyeo sono oggi l’ultimo caposaldo della società matriarcale dell’isola di Jeju. La loro attività, la pesca di molluschi e alghe in apnea e senza usa di bombole, conserva i valori di un’epoca lontana e una pesca tradizionalmente e rigorosamente rispettosa dei ritmi del mare.

Sue Kim avvicina un gruppo di queste haenyeo, tra i 60 e gli 80 anni, e trascorre con loro momenti di quotidiana routine, per conoscere da vicino il loro mondo affascinante. Il documentario ha una carica peculiare: alla spensierata e goffa noncuranza delle nonne, e al solare e fresco amore per la vita, si alternano coinvolgenti e inaspettati momenti di tensione. Dall’infortunio della sommozzatrice più esperta, alla protesta che ha seguito gli annunci di sverso delle acque contaminate di Fukushima. Una rappresentante tra loro, Jang Soon Duk, arriva fino alle Nazioni Unite per fare sentire la voce delle haenyeo.

La regista comunque vuole lasciare il pubblico fiducioso che la tradizione continuerà, e così aggiunge la testimonianza di due giovani e popolarissime haenyeo, Jung Min Woo e So Hee Jin, praticamente le influencer tra le sirene.

 Sono molto più orgogliosa di essere haenyeo adesso che quanto lo sono stato nel passato.

Jung Min Woo e So Hee Jin in ‘The Last of the Sea Women’ di Sue Kim – immagini fornite dall’ufficio stampa AppleTV+

Un documentario in apnea

Il respiro regola il racconto e il rapporto con il mare: non si può raccogliere troppo, né troppo a fondo, per evidenti limiti fisici (anche se le haenyeo più esperte possono trattenere il fiato fino a cinque minuti, ed immergersi fino a 20 metri di profondità). Eppure è proprio questo che permette al mare la rigenerazione e l’equilibrio.

È intrigante pensare a questo accostamento tra il respiro umano, che è vita e scambio, accessibile solo in superficie, che quando viene contenuto e trattenuto, mette in contatto con la vita del fondale. Il rispetto di questi ritmi, di questi equilibri, è una nuova forma di scambio, il dare e avere della fauna marittima. Le haenyeo devono lavorare moltissimo con un proprio equilibrio, una misura, e non lasciarsi prendere la mano dall’abbondanza della loro caccia; nel momento in cui dimenticano di poter contare unicamente sui loro polmoni e si lasciano trasportare dalla ricchezza del raccolto, e lì che incorrono più facilmente nel pericolo di morte.

Il giorno della loro morte probabilmente è stato il giorno in cui hanno fatto bingo

The last of the Sea Women di Sue Kim è abile nell’equilibrare le sezioni del documentario, ridere e ammirare, emozionarsi e battere i pugni, restituendo un lavoro fine ed emozionante.

‘The Last of the Sea Women’ di Sue Kim – immagini fornite dall’ufficio stampa AppleTV+

Da reiette ad eroine

Oggi sopravvivono in tutto circa 4000 haenyeo, ma l’età media va dai 60 agli 80 anni perché per lungo tempo l’attività era quasi disprezzata. Mentre al momento, la coscienza del patrimonio culturale che questa pratica conserva, l’ha resa anche motivo di business: c’è chi si adopera con scuole sul mare, al fine di addestrare nuove aspiranti e sensibilizzare a questo mondo.

Il documentario prende un’altra piega quando arrivano le notizie da Fukushima: se poco prima le protagoniste parevano goffe quando strizzate dentro le mute, poi prestanti e atletiche quando immerse in cerca di abaloni, ora scopriamo nonne agguerritissime, militanti. Sono sopravvissute a quasi tutti i mariti, e hanno ancora molto per cui fare sentire la propria voce.

Sue Kim sul set di ‘The Last of the Sea Women’ – immagini fornite dall’ufficio stampa AppleTV+

Così come il loro fascino colpisce il pubblico oggi, aveva in principio colpito Sue Kim.

The very first time I saw them I was eight years old and I was travelling with my parents to Jeju Island. They were so fierce and bold I literally fell in love with them.

A quel punto la regista finalmente riesce a parlare con una di loro e questa le rivela che non esistono nuove generazioni, loro sono le ultime. È la miccia che accende il film.

Coinvolti dalla storia e dai colpi di scena, e avvolti dalla musica. La colonna sonora è strepitosa e non è un caso: è firmata Jang Young-gyu (Train to Busan, Alienoid e tanti altri) mescola sonorità tradizionali coreane con composizioni ispirate alla carica prodigiosa di queste ajummas in forma smagliante.

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