Netflix ha finalmente inserito in piattaforma il documentario The Menendez Brothers: la vera storia dei fratelli Lyle ed Erik Menendez. La vera storia dei fratelli Menendez è sulla bocca di tutti, in seguito alla decisione del regista Ryan Murphy (Dahmer, AHS) di creare una serie tv dedicata proprio a loro. Tra chiacchiere, discussioni e polemiche.
Chi sono Lyle ed Erik Menendez? Assassini spietati a sangue freddo o vittime di una società ignorante e malata.
Ripercorrendo anche solo brevemente la vicenda, ci accorgiamo di quante discrepanze ci siano tuttora. Il documentario cerca di far luce su queste discrepanze, sui punti non ancora chiari all’opinione pubblica, dando voce direttamente ai due fratelli. Gli altri protagonisti delle vicende, tra cui il Dottor Oziel e l’avvocato difensore dei fratelli, Leslie Abramson, non hanno voluto rilasciare nessuna intervista.
Le differenze con la serie tv di Ryan Murphy
Bisogna ammetterlo, Ryan Murphy arriva dove gli altri difficilmente riescono ad arrivare. Ogni suo prodotto cinematografico, che sia un film o una serie tv, riesce sempre a far parlare di sé. Spostando l’attenzione sui suoi personaggi per lungo tempo. Era successo con la già citata Dahmer e ora, a distanza di due anni, ecco che il caso di cronaca più famosa degli Stati Uniti porta a galla sconvolgenti verità.
Erik, ora 53 anni e Lyle, 56, si raccontano in esclusiva al regista Alejandro Hartmann.
Siamo tutti concordi nel dire che è difficile creare da zero storie tratte da fatti realmente accaduti, perché si rischia sempre di infangare il nome dei protagonisti, che siano esse vittime o carnefici. Bisogna in questo caso riconoscere a Murphy di essere riuscito a catturare tutti gli aspetti di un doppio processo assai lungo e tormentato, che ha tenuto incollata l’America (e non solo) per un periodo molto lungo.
La capacità del regista di rendere le caratteristiche psicologiche dei protagonisti è straordinaria. Intere sessioni dei processi sono state ricostruite alla perfezione. Insomma vedendo i due prodotti distintamente si può dire che la realtà è stata quasi del tutto rispettata.
Troppa libertà dei produttori?
Una grande discrepanza però è evidente. Non si fa menzione alcuna a una possibile relazione omosessuale tra i due fratelli. Nella serie numerose scene (come quella della doccia ormai diventata iconica) fanno trasparire una possibile relazione incestuosa tra i due, che nella realtà dei fatti questa non è mai esistita. Dalle testimonianze ascoltate durante il processo si citano solo gli abusi sessuali. Non si parla di amore platonico o sessuale dei due fratelli.
Che questa volta i produttori si siano presi un po’ troppa libertà? La libertà ai fini cinematografici però non deve nuocere o diffamare le persone al centro della vicenda.
The Menendez Brothers e la sensibilizzazione alla violenza
La violenza, sessuale o psicologica, deve essere trattata con molto rispetto. Di positivo, da questa storia, c’è la sensibilizzazione al tema.
A un certo punto, si fa menzione alla sindrome di Stoccolma. Viene descritta come un particolare stato di dipendenza psicologica/ affettiva in cui la vittima (in questo caso i fratelli), durante i maltrattamenti subiti, prova un sentimento quasi positivo nei confronti del suo aggressore, arrivando ad instaurare un legame forte e totale di sottomissione volontaria. In questo caso, essendo loro figli dell’aggressore, avrebbero per anni accettato di subire queste violenze perché legati intimamente al padre.
Un grande dibattito che si creò ai tempi del processo fu basato sul mettere in dubbio la testimonianza dei due giovani. La giuria maschile non credette alle loro testimonianze perché riteneva assurdo che due uomini potessero essere violentati. La giuria femminile, al contrario, più aperta e meno retrograda, credette fermamente in questa possibilità.
Come si evince dal documentario, in seguito alla condanna dei due giovani, vi furono numerose manifestazioni (che precedettero il movimento #MeToo) in favore dei fratelli, per sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti della violenza sessuale, di cui sono vittime gli uomini e non solo le donne.
Mai come oggi non si deve smettere di parlare di violenza, specialmente in seguito a quello che sta accadendo in America. Ci si riferisce al caso P.Diddy e alle conseguenze che avrà e sta avendo in ambito musicale, e non solo.
Nuove prove all’orizzonte
“Ci sono state fornite delle prove. Ci è stata fornita una fotocopia di una lettera che potrebbe essere stata mandata da uno dei fratelli a un altro membro della famiglia, in cui si dice vittima di molestie”. (George Gascón, procuratore distrettuale di Los Angeles)
In seguito al documentario e alla serie tv Monsters pare che stiano emergendo nuove prove in favore dei fratelli Menendez, che potrebbero addirittura cambiare le loro sorti per sempre, gettando nuova luce sul processo.
Ventotto anni dopo la condanna per aver ucciso i genitori, il caso dei fratelli Menendez giunge a una svolta. Il procuratore distrettuale di Los Angeles, George Gascón, ha annunciato che il prossimo 29 novembre si terrà una nuova audizione in tribunale per rivedere il caso. Nuove prove sostengono che il padre, Josè Menendez, avesse intenzionalmente e ripetutamente abusato dei figli nel corso degli anni.
Pare che uno dei membri della band Menudo (gruppo di impronta latina lanciata alla fine degli anni Settanta) sarebbe stato molestato dallo stesso Josè Menendez. Questa correlazione tra i due casi ha portato a un ripensamento delle testimonianze, in favore dei fratelli.
Ad oggi non sappiamo ancora se queste testimonianze saranno effettivamente portate in tribunale e se il caso verrà riaperto. Una cosa però è certa: se si farà, sarà, in parte, grazie alla serie tv e al documentario.