Film festival Diritti Umani Lugano

‘Coconut Head Generation’: la rivoluzione culturale col cinema

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In programma al Festival dei diritti umani di Lugano, il documentario di Alain Kassanda Coconut Head Generation, è un film che mostra l’azione culturale e politica di un gruppo di studenti nigeriani nell’università di Ibadan.

Già vincitrice di diversi premi internazionali, Coconut Head Generation è un’opera che non solo ci fa scoprire questa piccola ma dirompente realtà sconosciuta, ma ci rende partecipi degli eventi. Un documentario che osserva il presente, studia il passato e fornisce tutte le informazioni utili per comprendere gli accadimenti.

Un’opera avvincente nello stile e dettagliata nelle informazioni.

Coconut Head Generation, la sinossi

Ogni giovedì all’Università di Ibadan, la più antica università della Nigeria, il Film Club gestito dagli studenti discute di film provenienti da tutto il mondo. Contrariamente all’espressione nigeriana Coconut Head Generation (generazione di teste di cocco), usata per descrivere “giovani testardi e senza cervello”, questi studenti trasformano una piccola aula magna in uno spazio essenziale per il dibattito, su urgenti questioni sociali. Dall’istruzione alle elezioni, dalle questioni di genere all’uguaglianza.

Un intenso documentario alla Jean Rouch

L’Africa è ancora un territorio culturale sconosciuto. Depredata di materie prime e di una cultura millenaria, a tutt’oggi è un continente ritenuto minore. Utile soltanto per il saccheggio o per la forza lavoro.

Le popolazioni sono considerate intellettualmente inferiori: teste vuote ma con fisici adatti ai lavori pesanti. Una razzistica visione occidentale. Ed ecco che Coconut Head Generation serve a smentire con veemenza questa errata e spregevole visione.

Quelli che vengono considerati teste di cocco, in questo caso i nigeriani, sono una generazione che invece ha idee. Giovani con personalità e soprattutto voglia di lottare per liberarsi da questa infima etichetta. Una lotta fatta non con la violenza, ma tramite la cultura. Con il cinema, arte che riesce con la sua immaginifica potenza a trasmettere importanti messaggi.

Tra passato e presente

Attraverso il potere delle pellicole, come ad esempio, The Black Power Mixtape 1967-1975, documentario del 2011 di Göran Olsson, gli studenti possono ascoltare e (ri)vedere l’attivista Angela Davis. Da quelle dichiarazioni, lontane nel tempo ma con il cinema tornate vicine, gli studenti possono discutere. E dibattere riguardo i fatti di allora e della situazione del presente.

E questo confronto tra passato e presente, tra materiale d’archivio e nuovo girato, è evidente quando il regista Kassanda inserisce in Coconut Head Generation vecchi cinegiornali sulle origini dell’università di Ibadan. Quando l’istituto passò dalla gestione britannica a quella nigeriana.

Reperti d’epoca che servono a mostrare e confermare come sebbene non esista più il colonialismo, ossia una governance occidentale che detta le regole e l’istruzione in un paese con una sua cultura, c’è ancora un atteggiamento di sottomissione. Le cariche della polizia, oppure i tagli al budget per reprimere questa funzionante ma pericolosa rivoluzione. Le teste devono restare vuote. Devono rimanere teste di cocco.

Coconut Head Generation, documentario che riesce a unire sapientemente il reportage e uno stile ritmicamente cinematografico, ricorda nel suo attivismo il cinema politico e antropologico di Jean Rouch. Uno dei primi documentaristi, e saggisti, che riuscì a dare una visione meno folklorica e colonialista del continente nero. E si spera che anche il documentario di Kassanda, tramite la forza narrativa e militante, riesca a contribuire a eliminare i continui pregiudizi sull’Africa e il popolo africano.

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