“In carrozza!” alla Tom Hanks, ripartiamo sul Polar Express di Pordenone…
Oggi un’ondata dall’Uzbekistan: “Ajal Minorasi“, 1925, regia di Viacheslav Viskovskii. Siamo nel cuore del Festival, nel vivo delle Giornate del Cinema Muto, nell’occhio di questo ciclone vertiginoso che ci ha riportati, da sabato, in un’altra epoca. Entri nel Teatro Verdi e torni indietro nel tempo. Dove ci ha portato oggi il treno delle Giornate?
Siamo nel 1925: com’è la situazione nel mondo?
Benito Mussolini in Italia si assume piene responsabilità dell’omicidio di Giacomo Matteotti, in Germania viene fondato (dopo il fallito colpo di Stato) il Partito Nazionalsocialista tedesco dei Lavoratori, viene fondato l’Istituto Luce, e in Uzbekistan un racconto protofemminsta vede la sua nascita: “Ajal Minorasi“, “Il minareto della morte“. Tratto liberamente da una leggenda di Bukhara risalente al quindicesimo secolo. Una fiaba orientaleggiante che Simone de Beauvoir avrebbe amato vedere sul grande (ma anche sul piccolo) schermo, che ci prende per mano, ci porta nell’omonimo harem (siamo nel 1925), e ci fa conoscere Dzhemal, una bellissima donna, che durante un match di Kok-Boru (uno sport tradizionale locale che prevede l’acchiappare una capra per primi) viene data in premio a Sadik, un buon uomo. Sembra andare tutto bene fino a qui, ma la sceneggiatura, ha bisogno, come ogni cosa d’altronde, d’uno scossone narrativo: un bruto la rapisce e la trascina con sé nel suo harem. Qui si consuma Sodoma e Gomorra, sesso e violenza, serpenti e danze del ventre, in un racconto tra il biblico ed il meta-hollywoodiano. Molte scene epiche con centinaia di comparse, mastodontiche scenografie e minuziosi particolari nei costumi.
A metà tra “Il Secondo sesso” di Simone de Beauvoir ed un racconto di John Ford
Da questo cambio di rotta narrativa, le nostre eroine si mostrano forti, indipendenti, delle Femme fatale che ingannano gli uomini dell’harem. Ricordano alle guardie di essere entrambi prigionieri, e di unirsi a combattere insieme. Sadik, grazie anche all’aiuto del padre, decide di ingaggiare una rivolta contro il bruto Shakhrukh-bek.
Il minareto della morte farà fuori, alla fine, anche chi ne ha sempre abusato dello stesso, gettando dalla torre “i nemici”: lo stesso Creatore faustiano (distruttore in questo caso). L’eco antelitteram di Marie Curie.
Visione accompagnata magnificamente dal commento musicale di Abror Zufarov e Sobirjon Tuyokov.
La Storia nella storia?
Siamo stati dunque presenti alla visione di un documento storico; scomodo dovremmo dire, perché a suo tempo la Glavpolitprosvet, guidata da Nadezhda Krupskaya (moglie di Lenin), lo denunciò.
A che pro? Si rivelavano troppe “falsità” concernenti il mondo orientale, che era meglio, per il Comunismo, nascondere (sebbene fosse l’adattamento libero di una leggenda).
Cosa ci ha insegnato la Giornata di oggi?
Che non c’è film senza storia dietro, e che quel dietro, molto spesso, è sporco come la filigrana che si vede sullo schermo.