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Giornate del Cinema Muto | Pordenone Silent Film Festival

‘Sorok Pervyi’ – Un idillio spezzato dal conflitto

Il film di Yakov Protazanov è stato presentato alle Giornate del Cinema Muto

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Sorok Pervyi

Sorok Pervyi (Il quarantunesimo) è un film del 1926, girato nell’allora Unione Sovietica da Yakov Protazanov. Tra i registi sovietici più conosciuti degli anni ’20, è stato autore di opere del calibro di Aelita, del 1924, La dama di Picche, del 1916 e Satana Trionfante, del 1917. L’opera è tratta da un racconto di Boris Lavrenyov. Fa parte di una serie di film che si distaccano dal suo cinema melodrammatico o dalle tinte comiche, avvicinandosi a tematiche politiche e ideologiche, in questo caso di stampo rivoluzionario.

Sorok Pervyi è stato proiettato quest’anno presso le Giornate del Cinema Muto di Pordenone.

Sinossi

L’opera, ambientata nel periodo della guerra civile, segue un gruppo di soldati dell’Armata Rossa, concentrandosi, in particolare, su Mariutka, giovane cecchina. La donna ha l’abitudine di contare, durante gli scontri, gli avversari che è riuscita a uccidere, il cui numero è arrivato, finora, a quaranta. L’unico che non riuscirà a colpire sarà un giovane luogotenente dell’Armata Bianca. Questo verrà catturato del gruppo e si troverà al centro di una storia d’amore con la protagonista.

Gli eventi prenderanno una piega inaspettata, quando Mariutka e il luogotenente rimarranno vittime di una violenta tempesta. Questa, infatti, farà naufragare su un’isola deserta la loro piccola imbarcazione, impedendo a Mariutka la consegna del prigioniero.

Sorok Pervyi

Il realismo della rappresentazione bellica

Sorok Pervyi si allontana nettamente dal romanticismo che caratterizzava i precedenti melodrammi dell’autore. Il tema rivoluzionario e l’ambientazione bellica sono raccontati con estremo realismo, senza celarne la violenza. Il paesaggio desertico è rappresentato senza filtri. La polvere assume spesso un ruolo centrale nell’immagine, sporcando le strutture e i volti dei personaggi.

Questi ultimi sembrano allontanarsi totalmente dalle classiche star del cinema dell’epoca. Protazanov, infatti, decide di inquadrarli in maniera quasi documentaristica, evitando di esaltarne la bellezza fisica e, anzi, sottolineando, a causa dell’apparenza emaciata dei loro volti, la natura disumanizzante della guerra.

Un idillio spezzato

Il ritmo del film è inusuale, generato, dalla contrapposizione di due blocchi narrativi estremamente diversi tra loro. Le scene di guerra presentano un montaggio veloce, accelerato dall’ampio utilizzo di ellissi. Che, insieme ai momenti di convivenza del gruppo di soldati, hanno un’atmosfera tendenzialmente drammatica, generata, appunto, dal realismo proprio della messa in scena del conflitto.

L’inaspettato naufragio porta a una netta variazione della messa in scena che, temporaneamente, si trasforma, avvicinandosi ad un piccolo idillio, a tratti vicino a un romanticismo così estraneo al primo atto. Ecco quindi che gli ambienti si fanno più accoglienti, al contrario di quello che si potrebbe pensare, dato che i due si trovano su un isola deserta. Allo stesso tempo i personaggi vengono inquadrati per la prima volta esaltandone la bellezza, come se una pausa avesse temporaneamente fermato il conflitto.

Tuttavia, con il drammatico finale della sua opera, Protazanov decide di spezzare le aspettative degli spettatori. Il regista sembra criticare la rivoluzione, e in generale la guerra, sottolineando, ancora una volta, come questa riesca a cancellare ogni traccia di ciò che vi è di umano dalle sue vittime. Ecco quindi che i due avversari sono obbligati a rimanere tali. I loro sogni di trovare una soluzione, per quanto ingenua, sono quindi destinati a rimanere temporanee illusioni.

  • Regia: Un film del 1926 dell' allora Unione Sovietica

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