Salem, Massachussets. Un nome che da generazioni produce inquietudine, riportando alla memoria gli antichi episodi di stregoneria e la violenta repressione che ad essi seguì. Fino al terzo millennio, in cui è un’ignara dj – Heidi – ad entrare in contatto con una forza sconosciuta, che sembra provenire da una delle streghe arse sul rogo 300 anni prima. È l’inizio di una inarrestabile discesa negli inferi, del corpo e della mente.
Ormai per gli amanti dell’horror un appuntamento fisso da aspettare assolutamente è l’uscita del nuovo film di Rob Zombie, vero e proprio nume tutelare degli amanti del genere e massimo punto di riferimento per questi stessi.
Inutile dire quindi quanto questo Le streghe di Salem sia stato atteso, tra annunci e varie informazioni sulla lavorazione, alzando una curiosità enorme su ciò che sarebbe dovuto uscire.
La storia gira attorno al mito delle streghe, proprio quelle abitanti nel famigerato paesino americano chiamato Salem, dove vive la dj Heidi (Sheri Moon Zombie).
La ragazza un giorno riceve uno sconosciuto disco in vinile, che sembri emanare un’inquietante musica una volta messo su.
I suoni rievocano in Heidi misteriosi ricordi, immagini legate al passato del posto, dove anni addietro un gruppo di donne furono giustiziate per satanismo.
Che sia solo frutto dell’immaginazione della ragazza o qualcosa,meglio ancora qualcuno, ha intenzione di renderla partecipe di un diabolico evento?
Stavolta Zombie, tendendosi lontano da remake (i due Halloween) e storie di violenza horror (La casa dei 100 corpi e del diavolo), mette mano sul genere delle possessioni demoniache e lo fa ispirandosi al tema del satanismo; tema che sinceramente si notava accostasse da tempo, facendolo affacciare di tanto in tanto anche nei suoi film precedenti.
Usando come protagonista la sua musa ispiratrice, nonché moglie nella vita, il nostro mette in scena una storia di attesa che gioca d’atmosfera e dosa bene i ritmi; uno stile che, tra un flashback e qualche sogno demoniaco, riesce anche ad attrarre l’attenzione dello spettatore.
Il problema sta nel chiedersi, durante la visione, se poi l’epilogo sia all’altezza della situazione, e quando la risposta arriva allora si ha la netta sensazione che Le streghe di Salem è un’occasione bella che mancata per il noto rocker.
Certo, si accostano nomi come John Carpenter e Roman Polanski qua, ma Zombie prende troppo a cuore il tema satanismo e quando inscena quelle ultime inquadrature che fanno il quadro sulla situazione, non si può fare a meno di restare abbastanza delusi.
Eppure tutto è apposto; c’è l’amore per il cinema retrò anni ’70, ci sono i volti rugosi e cult di alcuni attori (Bruce Davison, Meg Foster, Dee Wallace Stone, Ken Foree tra i tanti), una fotografia a regola d’arte, creature sataniche ad effetto e l’allontanamento dalla forzata ricerca della battuta cult nei dialoghi (e gli script di Zombie difettano alla grande su questo).
Alla fine tutto è campato in aria, facendo contenti giusto i soliti estimatori del suo cinema e senza allargare lo sguardo verso altre menti coinvolte nella visione.
C’è da ammettere che Le streghe di Salem in fin dei conti è giusto un esercizio di stile per Zombie, sperando che il futuro gli porti maggior ispirazione.
Tra i produttori l’Oren Peli della fortunata serie Paranormal activity. Che c’entri lui nei difetti di questo film?
Non è da escludere.
Mirko Lomuscio
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