fbpx
Connect with us

Magazine

Gian Maria Volonté: il grande attore simbolo del cinema italiano

Un approfondimento su chi è stato uno dei volti simbolo del cinema nazionale ed internazionale

Pubblicato

il

Tu pensa a dove vuoi mettere la cinepresa, al personaggio ci penso io”

Dolce, radicale e impenetrabile”: ecco i tre aggettivi con cui la regista tedesca Margherita Von Trotta descrive Gian Maria Volonté, grande attore, sceneggiatore e scrittore italiano, anche considerato da Carlo Lizzani, nome noto nel panorama cinematografico del nostro paese, come un “Grandissimo attore e un uomo estremamente gentile, pronto a fare qualsiasi sacrificio per le cause e i film in cui credeva”.

Ci troviamo di fronte ad un uomo che considera il cinema come un mezzo di comunicazione di massa. Infatti, come afferma lo stesso Volonté:

Essere un attore è una scelta posta a livello esistenziale, in cui o si esprimono le strutture conservatrici della società e ci si accontenta di essere un “robot” nelle mani del potere, oppure ci si rivolge alle componenti progressive di questa società, per tentare di stabilire un rapporto rivoluzionario tra l’arte e la vita.”

Chi è Gian Maria Volontè?

Gian Maria Volonté nasce a Milano il 9 aprile del 1933 da padre militare fascista e madre appartenente ad una famiglia di industriali, ma cresce a Torino in condizioni alquanto difficili, causate dalla precarietà della situazione famigliare.
L’ancora piccolo Volonté abbandona gli studi all’età di quattordici anni per aiutare la madre, dopo la condanna del padre a trent’anni di carcere, spostandosi fino in Francia per lavorare come raccoglitore di mele.
Tornato poi in Italia frequenta prima lo Studio Drammatico Internazionale “I Nomadi” di Edoardo Maltese, dove si appassiona al mondo del teatro e in cui lavora come attore, e poi si unisce alla compagnia teatrale “I Carri di Tespi”.

Prime apparizioni teatrali

Si diploma all’Accademia Internazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” nel 1957 e nello stesso anno ha una prima esperienza televisiva, recitando in Fedra, tratto dalla tragedia di Jean Racine.

Si unisce anche alla compagnia del Teatro Stabile di Trieste, entrando in contatto con un teatro nato per promuovere la diffusione della conoscenza teatrale, che poi tramuta in un luogo di discussione sulla produzione drammaturgica internazionale. Qui, Volonté mette in scena la prima rappresentazione italiana de “L’ultimo nastro di Krapp”, di Samuel Beckett.

Queste esperienze sono accompagnate dall’interpretazione di altri ruoli sparsi nell’ambito teatrale. Recita, ad esempio, ne “L’Idiota”, tratto dal romanzo di Dostoevskij, “Romeo e Giulietta” di Shakespeare, “La buona moglie” di Goldoni.

Volonté cerca di portare in scena anche “Il Vicario” di Rolf Hochhuth, spettacolo che aveva suscitato scandalo a Berlino, in quanto denunciava i rapporti tra la Chiesa cattolica e il regime nazista.
La rappresentazione di Gian Maria viene inizialmente impedita dalla Polizia, per evitare problemi di ordine pubblico. Dopo varie proteste da parte della stampa, Volonté decide di appellarsi alla violazione di un articolo del Concordato, dei trattati che la Santa Sede aveva stipulato con altri stati per regolare la situazione giuridica della Chiesa cattolica, rendendo possibile la messa in scena.

La vita di Volonté all’interno del cinema e della televisione

Il grande Volonté esordisce al cinema con Sotto dieci bandiere di Coletti, film basato sugli eventi reali della nave da guerra tedesca “Atlantis”, mimetizzata da mercantile battente bandiera alleata, col compito di intercettare e distruggere il maggior numero possibile di navi da trasporto nemiche.

Si dedica anche a ruoli marginali in due film di genere fantascientifico: Antinea, l’amante della città sepolta di Ulmer e Masini, e Ercole alla conquista di Atlantide di Cottafavi. Questo gli permetterà in seguito di ottenere ruoli di livello in A cavallo della tigre di Comencini e La ragazza con la valigia di Zurlini.

‘Un uomo da bruciare’

Nel 1962 Volontè ottiene la prima parte da protagonista, interpretando il sindacalista Salvatore Carnevale in Un Uomo Da Bruciare di Valentino Orsini e dei fratelli Taviani. Questa si rivela la prima occasione che lo porterà a comparire alla Mostra del Cinema di Venezia, dove tornerà anche per Il Terrorista di Gianfranco De Bosio, in cui interpreta il ruolo del partigiano Otello Pighin.

Un uomo da bruciare vede il sindacalista Carnevale tornare nella sua terra natale, la Sicilia, per organizzare delle lotte sociali dei lavoratori, costringendolo in questo modo a scontrarsi con la mafia.

La critica parla del film come un prodotto:

“Incentrato sul confronto-scontro tra il singolo e il gruppo, andando a riaffermare la necessità della violenza rivoluzionaria”.

Continua poi parlando anche di Gian Maria Volonté, affermando che:

“Si dimostra la scelta di superare il neorealismo con elementi di riflessione politica ed esistenziale, con una recitazione teatralmente accentuata di Volontè”.

Il film ottiene una menzione della giuria come opera prima, ma la sua diffusione si rivela assai discontinua. Il volto di Volonté è costretto, quindi, a rimanere ancora nell’ombra.

Da attore a pittore: l’interpretazione nei panni di Michelangelo

Il primo grande successo arriva con l’interpretazione di Michelangelo Buonarroti all’interno dello sceneggiato Vita di Michelangelo di Silverio Blasi, realizzato dalla Rai.
Blasi lo sceglie come protagonista contro la volontà dei funzionari Rai, i quali lo avevano depennato dalle produzioni televisive dopo il suo abbandono a Delitto e Castigo, in seguito ad alcune divergenze con il regista.

La mini-serie viene considerata fortemente “atipica”, ponendosi tra il documentario e lo sceneggiato televisivo. Infatti, alla fine di ogni puntata venivano riprodotte ricostruzioni sceneggiate e materiali di repertorio dell’arte di Buonarroti, con il contributo di Maurizio Mammi, per quanto riguarda la scenografia, e Volonté, per quanto riguarda la recitazione nei panni del protagonista.

Blasi cerca di riportarlo in scena anche per il ruolo di Caravaggio nello sceneggiato La vita di Caravaggio, ma la messa in onda subisce interventi di censura da parte della Rai, ai quali sia Blasi che Volonté reagiscono presentando un’istanza di sequestro alla magistratura; a causa di ciò, Gian Maria non sarà più convocato in televisione fino al 1982.

L’approdo internazionale nel cinema di Gian Maria

La fama internazionale arriva con due produzioni di Sergio Leone: Per un pugno di dollari e Per qualche dollaro in più. Entrambi i film sono diventati capostipiti del genere “spaghetti-western”, sottogenere dei film western di produzione italiana, grazie al quale il genere western prende piede e si crea spazio nel territorio tricolore.

‘Per un pungo di dollari’ – 1964

Il film è il primo della “trilogia del dollaro”, interpretata da Clint Eastwood, comprendente anche Per qualche dollaro in più e Il buono, il cattivo e il brutto.

La prima scelta di Leone per il ruolo di Ramon Rojo era Mimmo Palmara, il quale inizialmente afferma che il ruolo era stato scritto per lui. Tuttavia, Palmara sceglierà di prender parte al film di Caiano Le pistole non discutono, lasciando il ruolo di Ramon a Volonté, già apprezzato dal regista per la sua interpretazione in A cavallo della tigre.

Testimonianza dello stesso attore sul ruolo di Ramon riguarda il suo nascere principalmente come attore teatrale:

“Ebbi difficoltà iniziali, e Leone mi disse di esercitarmi ad aggrottare la fronte. Alla fine, entrai così nella parte, che costrinsi Clint Eastwood a spararmi altre tre pallottole prima di cadere a terra. Mi sentivo troppo cattivo per morire!”

Continua parlando dell’aver accettato il ruolo per pagare i debiti del film “Vicario”, dicendo:

“Lo faccio veramente per un pugno di dollari […], mi hanno conciato come un matto, sono irriconoscibile, e nei titoli di testa avrò persino uno pseudonimo americano, John Well.”

Questo ruolo consegna Volonté al grande pubblico, rendendolo il cattivo perfetto del genere spaghetti-western.

‘Per qualche dollaro in più’ – 1965

Per qualche dollaro in più è il secondo film della “trilogia del dollaro”, diretto sempre da Sergio Leone e interpretato da Clint Eastwood.
La pellicola è ambientata nel Nuovo Messico, in cui El Indio è il capo di una banda criminale esperta in rapine ed omicidi, che riesce ad evadere di prigione grazie ai suoi compagni. A volerlo morto ci sono il pistolero Monco e il colonello Mortimer, i quali decidono di dargli una lezione definitiva per vendicarne la morte dei propri cari.

Gian Maria Volonté veste nuovamente i panni del cattivo, come in “Per un pungo di dollari”, questa volta, però, si troverà a interpretare un fuorilegge messicano senza scrupoli, che vuole assalire la banca più importante del paese, quella di El Paso.

Una piccola curiosità sul film riguarda proprio l’interpretazione di Volontè. Nonostante reciti le sue battute in inglese, la voce che si sente nella versione inglese non è la sua, ma appartiene a Barnie Grant, politico e membro del parlamento di Tottenham.

Il cinema politico e il connubio con Elio Petri

Finita l’esperienza del Neorealismo, il cinema italiano si trova di fronte ad un bivio: la separazione tra il cinema d’autore e il cinema di genere. Per quest’ultimo, esistono due linee storiche, quella della commedia all’italiana e quella di un cinema politicamente impegnato.

Volontè, in questo periodo, inizia un progetto strutturato in tre film con il regista Elio Petri, realizzatore di quelle che sono le espressioni del cinema politico italiano, chiamando Gian Maria come principale interprete.

La trilogia è composta da “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” e “La classe operaia va in paradiso“; ma riguardo il film che conclude la collana cinematografica si hanno due pensieri differenti: alcuni critici pensano sia “La proprietà non è più un furto“, film del 1973 che vede come figure di rilievo Flavio Bucci e Ugo Tognazzi, mentre altri pensano sia “Todo Modo“, film del 1976 con protagonista il nostro Volontè.

‘Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto’ – 1970

Film diretto da Elio Petri, considerato una delle sue migliori pellicole, tanto da vincere svariati premi, tra cui un Grand Prix Speciale della Giuria e un Premio Oscar al miglior film straniero 1971.
Pellicola che dà inizio alla “trilogia della nevrosi”, in cui viene rappresentata la nevrosi del potere, la nevrosi del denaro e la nevrosi del lavoro.

Il film vede Volontè nei panni di un ispettore di polizia che indaga passivamente su un omicidio che ha commesso lui stesso. Ci troviamo di fronte ad un thriller grottesco, detestato, amato e discusso, con un Gian Maria Volontè che porta in scena uno dei personaggi più importanti della sua carriera.

Fondamentale è da considerarsi anche la colonna sonora, che porta la firma di Ennio Morricone, compositore in grado di creare una contaminazione tra ambito classico ed ambito popolare, con effetti risultanti funzionali al film, accompagnandolo in ogni sua scena.

‘La classe operaia va in paradiso’ – 1971

Elio Petri richiama Gian Maria Volontè per il secondo atto della “trilogia della nevrosi”, film rappresentante l’apice del sodalizio tra i due artisti e vincitore del Grand Prix per il miglior film al Festival di Cannes del 1972.

Qui, Petri continua la sua riflessione sulla società contemporanea, affrontando in questo caso il dibattito sull’identità di classe, l’alienazione dell’individuo e la sua riduzione ad un semplice meccanismo della società.

La classe operaia va in paradiso è un film che ha sollevato innumerevoli critiche da parte degli industriali, dei sindacalisti e degli studenti dell’epoca. La critica stessa va a considerare Petri e Volonté come sottrattori dei miti sulla classe operaria, facendo emergere i conflitti che si portava dietro la sinistra.
Il lungometraggio è in grado di disturbare la classe politica italiana durante le lotte operaie, scagliandosi contro lo stato e avvalendosi di Volonté, attore in grado andare sopra le righe rimanendo comunque funzionale, regalando al cinema un grandissimo personaggio.

‘Todo modo’ – 1976

Film grottesco italiano di Elio Petri, Todo Modo rappresenta l’ultima pellicola del connubio cinematografico tra il regista e Gian Maria Volonté, chiamato a prestare il suo volto, in questo caso, all’interno di un film thriller e drammatico.

Il prodotto è considerato un ritratto degli uomini di potere della Democrazia Cristiana e ha contribuito, all’uscita, all’insorgere delle domande del cinema italiano sul suo futuro politico.
Il lungometraggio vede come protagonisti delle personalità di spicco della politica e dell’industria che, per sopravvivere ad un’epidemia, si ritirano in un negozio isolato, al fine di sottoporsi ad alcuni esercizi spirituali. Quest’ultimi ispirati ad “Esercizi spirituali” di Ignazio di Loyola, testo in cui si costituisce il metodo di spiritualità che contraddistingueva la Compagnia di Gesù.

Gian Maria Volonté vestirà i panni del Presidente, capo politico che mira ad accontentare tutti, ma segretamente animato da una sete di potere.
Il personaggio riprende la figura di Aldo Moro, in quel periodo a capo del governo, e Volonté, per ricoprire al meglio il ruolo, si dedica allo studio dei suoi comportamenti, dai suoi discorsi alla sua mimica facciale e corporea, fino all’inflessione della sua voce. A causa di questo meticoloso approccio, i primi due giorni di riprese erano stati scartati, in quanto la somiglianza tra i due si rivela “imbarazzate” secondo Petri, soprattutto considerando che il personaggio di Gian Maria doveva essere solo una caricatura di Moro, non Moro stesso.
L’interpretazione di Volonté nei panni di Moro è considerata da Petri:

“Uno sforzo di concentrazione eccezionalmente intenso”

Riguardo alla performance di Volonté nei panni di Aldo Moro, è opportuno ricordare anche il film Il caso Moro di Giuseppe Ferrara, che vede appunto Gian Maria nelle vesti del politico e giurista italiano.

In un’intervista del periodo circostante l’uscita del film, è possibile leggere un commento di Volonté sull’interpretazione nei panni di Moro e sul mestiere stesso dell’attore:

“Il mestiere dell’attore è riconducibile a due grandi correnti culturali, tipo ci si può riferire a Stanislavskij e ci si può riferire a Brecht. Con Stanislavskij, si procede per vie interne, con Brecht si strania, si prende una distanza. Allora se io devo rappresentare la maschera di Aldo Moro nel film di Petri, è chiaro che uso degli strumenti, se invece mi devo avvicinare alla tragedia di un uomo, come in questo caso, è certo che il procedimento tecnico è completamente diverso. Si potrebbe anche pensare che mentre l’attore suscita una profonda emozione attraverso l’interpretazione di una tragedia, in realtà sta pensando in quale traiettoria andrà a mangiare dopo lo spettacolo.”

La vicinanza al cinema francese

Volontè si avvicina anche al cinema francese, considerandolo in grado di rappresentare il tema dell’utopia rivoluzionaria, e il principale esempio si può notare in I senza nome di Jean-Pierre Melville, in lingua originale chiamato Le cercle rouge.

Il film, prodotto nel 1970, è considerato uno dei migliori del genere nella storia del cinema e vede raccontata l’alleanza tra due criminali ed un ex poliziotto con problemi di alcolismo, al fine di rapinare una gioielleria di Parigi.

Melville mette in scena un insieme di temi già presi in considerazione da lui in precedenza, tra cui il fatalismo, il coraggio, il tradimento, la solitudine e la morte. Egli stesso lo riteneva un testamento cinematografico, considerando che sarà la sua penultima pellicola.

Protagonista del film è il determinismo, quindi la concezione per cui in natura nulla avviene per caso, portato in scena attraverso simbolismi e geometrie dell’intreccio narrativo. Il tutto è accompagnato dall’astrazione, concretizzata ispirandosi alla tragedia greca e al codice samurai, con una sceneggiatura richiamante il genere western.

I personaggi del film sfuggono ad una definizione psicologica convenzionale per assumere delle caratteristiche idealizzate e il titolo tradotto in italiano del film, I senza nome, allude al fatto che durante la pellicola tutti sono chiamati solo per cognome.
Dei tre protagonisti non si conosce il passato e le aspirazioni, infatti sembrano privi di motivazioni e non si comprende la causa per la quale agiscano in quel determinato modo; si riesce solo ad intravedere un desiderio di riscatto, che cercano di raggiungere attraverso i codici morali e rituali tipici delle bande criminali francese, dette “Milieu”.

Volonté e una lunga lista di premi

Gian Maria Volonté durante la sua carriera colleziona un abbondante numero di ruoli; molti di essi sono ricordati grazie alla vittoria di alcuni dei premi più importanti in campo cinematografico.

Si può ricordare la vincita di due David di Donatello, riconoscimento cinematografico italiano considerato come uno dei più prestigiosi a livello nazionale; ricevuti rispettivamente per il ruolo da protagonista in Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto nel 1970 e, sempre per il ruolo di attore protagonista, con Porte Aperte nel 1990.

La sua lista segna anche tre Nastro D’Argento, il più antico premio cinematografico italiano ancora attivo, vinti nel 1968 come migliore attore protagonista con A ciascuno il suo, nel 1971 con Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto e nel 1989 con L’opera al nero.

Sarà ospite per due volte alla Mostra del Cinema di Venezia, dove gli verrà assegnato il Premio Pasetti durante l’edizione del 1987 e, successivamente, nell’edizione del 1991, gli verrà consegnato il Leone d’oro alla carriera.
Parteciperà anche al Festival di Cannes, dove gli verranno assegnati una Menzione speciale per la sua interpretazione in La classe operaia va in paradiso e Il caso Mattei e gli verrà assegnato un Prix d’Interprétation Masculine (premio per l’interpretazione maschile), per La morte di Mario Ricci.
Sarà presente anche ad altri Festival del Cinema, come il Festival di Berlino, l’European Film Award e il Laceno d’oro, dove riceverà ulteriori premi e riconoscimenti.

Sarà inoltre vincitore di un Premio Vittorio De Sica nel 1990, riconoscimento che viene attribuito annualmente a personalità italiane e non che si siano distinte durante la loro intera carriera.

Nel ricordo di Gian Maria Volonté

Volonté lascia il nostro mondo il 6 dicembre 1994, all’età di 61 anni, a causa di un infarto durante le riprese di Lo sguardo di Ulisse, di Theo Angelopoulos.
La sua scomparsa improvvisa segna particolarmente il cinema italiano, ma si proverà sempre a riportare il volto dell’attore sul grande schermo.

Durante gli anni si è cercato di ricordare ed omaggiare Volonté attraverso, ad esempio, il premio del Bif&st di Bari, intitolando proprio a Gian Maria Volonté il premio per il miglior attore protagonista o dedicandogli una piazza nella città che lo ha visto crescere, Torino.

“Un attore contro: Gian Maria Volonté” e “Volonté: l’uomo dai mille volti”

Un attore contro diretto da Ferruccio Marotti nel 2004 e Volonté: l’uomo dia mille volti prodotto nel 2024 da Francesco Zappel sono entrambi dei documentari creati per ricordare il grande attore scomparso.

I due documentari sono un tentativo di riportare e soprattutto ricordare la grandezza della figura di Gian Maria Volonté dentro e fuori il grande schermo. Le testimonianze di famiglia, amici ed interpreti del settore raccontano con unicità la sua carriera e la sua vita, attraverso immagini e filmati inediti.

Ecco alcune delle testimonianze di coloro che hanno preso parte al documentario:

“È stato, e resta, uno dei più grandi attori del cinema mondiale.”

Francesco Rosi

“Posso dirvi che, vedendo Gian Maria Volonté, capirete cosa vuol dire il mestiere dell’attore.”

Giuliano Montaldo

Ripercorrendo la grande storia di Gian Maria Volonté non si può non affermare che sia stato uno dei capostipiti della storia del cinema italiano, uomo appassionato di recitazione, teatro, televisione e cinema, con una carriera ricca di ruoli, premi e riconoscimenti e un attento lavoro per la preparazione dei personaggi, caratterizzato da una meticolosa ricerca interiore e l’utilizzo di una tecnica in grado di dar vita alle figure che portava sullo schermo.

Vuoi leggere la filmografia del grande attore italiano? Clicca qui