Mirella è una giovane biologa marina a cui viene offerta la possibilità di partecipare a un progetto di ricerca in Africa. Nipote di un celebre senatore, Mirella è invisa a Giulio, collega più anziano a cui il preside di facoltà offre la medesima opportunità. Rivali nella corsa alla cattedra, Mirella e Giulio si concedono una tregua e una passeggiata al villaggio, dove sono appena sbarcati…
Eduardo Tartaglia è un autore napoletano che si è ritagliato un suo spazio, prima a teatro ed ora al cinema, dove esce adesso con la sua opera numero quattro: Sono un pirata, sono un signore.
Affiancato dall’immancabile compagna di sempre, sia dentro che fuori lo schermo, Veronica Mazza, il nostro attore/regista porta in scena una storia di rapimento nel pieno dell’Africa, dove un gruppo di pirati prende in ostaggio quattro turisti italiani: i partenopei Catello (Tartaglia) e Stefania (Mazza), più due studiosi in trasferta di lavoro, Giulio (Francesco Pannofino) e Mirella (Giorgia Surina); un nucleo di vite il loro che ha una storia alle spalle (oltre ai parenti in Italia che stanno penando per il loro sequestro).
Ma la cosa non è così drammatica, anzi le risate non mancheranno.
Innanzitutto c’è da dare atto che, nonostante alcune gag siano portate allo stremo e l’assoluta approssimazione registica (con uno stacco semplice si passa dall’Italia all’Africa, senza saper di più sui protagonisti), Sono un pirata, sono un signore nella sua semplicità può anche funzionare.
Certo la durata è eccessiva e la farsa napoletana funziona a fasi alterne – le uscite comiche tra regista e compagna hanno il fiato corto -, però la regia non è dilettantesca e la presenza di comprimari d’eccezione aiuta alla grande.
A tal punto vale la pena citare la partecipazione di un esilarante Maurizio Mattioli (il cognato di Catullo), vero e proprio jolly per queste piccole produzioni, al quale va attribuita la battuta cult che alza il picco delle risate (“Ma chi è st’incrocio tra Federico Moccia e Mike Tyson?” rivolto ad un nero nerboruto ed ambiguo), in buona compagnia con un malinconico e paterno Ernesto Mahieux (è il padre di Stefania).
Un po’ penalizzati sembrano essere, invece, Pannofino e la Surina, i cui personaggi risultano sprecati per gli esiti finali, nonostante partano come veri e propri protagonisti.
Difetti che, come già detto, non mancano; eppure Sono un pirata, sono un signore non è tanto peggio di altri film analoghi e quelle due risate sincere le strappa. E con tutta sincerità Tartaglia regista non è da meno di altri suoi colleghi (basti pensare a Vincenzo Salemme tanto per fare un paragone).
Mirko Lomuscio
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