‘Apartment 7A’: fama e sacrificio in un prequel blando

Uno dei film più attesi su Paramount Plus è arrivato lo scorso 27 settembre: si tratta di Apartment 7A, prequel di Rosemary’s Baby di Roman Polanski. Dopo la sua anteprima mondiale al Fantastic Fest, il film è stato distribuito in esclusiva sulla piattaforma di streaming, senza passare nelle sale cinematografiche; nel cast Julia Garner (Ozark), Dianne Weist (Pallottole su Broadway), Kevin McNally (Pirati dei Caraibi), Jim Sturgess (Across the Universe), Andrew Buchan (Broadchurch) e Kobna Holdbrook-Smith (Wonka).

Di cosa parla Apartment 7A

New York, 1965. La ballerina Terry Gionoffrio (Julia Garner) cerca disperatamente di entrare nel mondo di Broadway nonostante un incidente le abbia irrimediabilmente compromesso le gambe. Durante la sua ricerca di un lavoro a teatro, la ragazza viene accolta e successivamente ospitata da una coppia di anziani che le promettono di aiutarla a raggiungere la tanto agognata fama. Tuttavia, fra eventi estremamente a lei  favorevoli ed inquietanti apparizioni, Terry scopre presto di ritrovarsi coinvolta in un oscuro complotto.

Il sacrificio per la fama eterna

Apartament 7A tratta un argomento molto contemporaneo, rivolto soprattutto al mondo dello spettacolo: cosa si è disposti a sacrificare per raggiungere il tanto desiderato successo? Quanto di sé stessi si è disposti a rinnegare pur di vedere il proprio nome  scritto a caratteri cubitali in un teatro? Terry sa che vuole fare della danza la sua vita, è quello per cui è nata, ma si trova in un mondo dove il suo incidente le impedisce di poter sostenere anche solo un provino a pari delle sue colleghe.

Questa tematica basterebbe da sola per costruire una trama interessante per tutta la durata del film (complice anche l’interpretazione della Gardner che riesce a dare piena espressività ad un personaggio sconfitto) ma il lungometraggio la abbandona troppo presto per poi riprenderla solo verso il finale. Terry non può non scendere a compromessi con se stessa per esaudire il suo sogno, ma la sua discesa nel suo oscuro destino è brutalmente interrotta per lasciare spazio ad altri aspetti meno interessanti del film: un peccato perché le premesse per osare di più c’erano e sembravano  anche molto solide.

La storia precedente a Rosemary’s Baby

La notizia che il film fosse un prequel di Rosemary Baby è stata resa pubblica durante la sua post produzione, e la stessa regista ha dichiarato, in un’intervista con The Hollywood Reporter quanto fosse essenziale far si che il il film trovasse una sua identità scollegata dal film originale di Polanski:

“Una delle considerazioni più importanti è stata assicurarsi che ci fosse una separazione tra l’Appartamento 7A e i creatori del film originale che non erano coinvolti in questo. Quindi abbiamo avuto queste discussioni prima di iniziare una riscrittura della sceneggiatura. Abbiamo anche cercato di fare riferimento il più possibile al libro originale di Ira Levin e di utilizzarlo come materiale di partenza. Ma, allo stesso tempo, poiché il film originale è così iconico, è una sorta di paragone inevitabile”

Purtroppo Apartment 7A risente del confronto con Rosemary’s Baby. La trama infatti presenta diverse svolte prevedibili, dalla natura satanista della coppia di anziani, al bambino che Terry si troverà ad ospitare; tutti gli eventi principali della storia sono già anticipati dalla trama di Rosemary’s Baby, impedendo al lungometraggio di trovare una strada ed un’ identità originale veramente sua. Lo stesso elemento horror del film è estremamente blando, le scene “spaventose” sono per la maggior parte degli jumpscare non particolarmente terrificanti e costruiti in maniera non graduale.

Apartment 7A non è necessariamente un’ opera  non riuscita completamente in quanto presenta delle tematiche interessanti (anche se non esplorate a pieno potenziale) ed è sostenuto da una buona recitazione, ma si dimostra un prequel che fatica a trovare una sua vera e propria identità.