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Ruben Östlund in The Square a Torino

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Ruben Östlund ‘in piazza’ a Torino!

Ruben Östlund al Museo Nazionale del Cinema di Torino. Un’intensa due giorni per l’aitante e generosissimo regista svedese che, nel tardo pomeriggio del 26 settembre, ha tenuto una curata Masterclass. Ha poi dialogato con gli appassionati, il giorno successivo, in occasione della consegna del premio Stella della Mole e dell’inaugurazione dell’opera d’arte The Square/Rutan all’interno dell’Aula del Tempio del Museo Nazionale del Cinema di Torino. A seguire, ha introdotto la proiezione del film The Square (2017) al Cinema Massimo.

Terry Notary inaugura con la sua performance l’installazione The Square, alla Mole

Ruben Östlund al Museo Nazionale del Cinema di Torino non era solo. Con lui, l’attore Terry Notary (l’uomo scimmia di The Square) ha riproposto la sequenza del film del 2017 in cui sconvolgeva gli azzimati ospiti della cena d’onore del museo di arte contemporanea diretto dal protagonista. Impassibili, i Torinesi non hanno invece reagito alle intemperanze della ‘scimmia’, che si è quindi focalizzata sul premio appena consegnato dal Presidente Ghigo a Östlund.

Il premio Stella della Mole a Östlund

La prestigiosa Stella della Mole è finita quindi dalle mani del regista alle ‘zampe’ di Notary, nel fuori campo del Tempio del cinema. Tutti i visitatori del Museo potranno d’ora in poi ‘entrare’ nell’opera inaugurata: un quadrato di 3x3m tracciato da un led luminoso, che “rappresenta uno spazio vuoto in attesa di essere riempito”, con regole ben chiare di aiuto reciproco e uguaglianza, in cui è vietato rubare, far del male agli altri, uno spazio “limitato ma utopico, di confronto e rispetto” fra esseri umani.

La masterclass del regista svedese

Durante la masterclass, Östlund ha spiegato al pubblico e ai propri due interlocutori – il direttore uscente del MNC Domenico De Gaetano e il  critico Boris Sollazzo – la genesi dell’installazione e del film che la vede al centro, gli interrogativi che pone. Il ‘quadrato’ è nato dalla riflessione sui furti fra ragazzini del film Play (Östlund, 2011), a cui gli adulti sostanzialmente assistevano senza intervenire. Questo ‘effetto spettatore’ contrasta con le forme di contratto sociale che esperiamo nella quotidianità, dal codice stradale al regolamento delle biblioteche, che invece funzionano perché vi ci atteniamo.

Tra sociologia e umorismo

La sua analisi della ‘responsabilità’, dal film Forza maggiore (2014) in poi, spiega Östlund, si è così spostata dal singolo alla società, come evidente in The Square e The Triangle of Sadness (2022), entrambi premiati con la Palma d’oro a Cannes, in edizioni successive. In tutte queste opere accade qualcosa che rompe l’equilibrio apparente di un uomo, costretto dagli eventi conseguenti alle proprie scelte a spogliarsi delle sue ipocrisie. In linea con l’ambiente in cui è cresciuto (madre pittrice attiva negli ambienti della Sinistra), per Östlund “il personale è politico”. E in particolare, che cosa succede davanti all’evidenza che due forze opposte, per esempio il modo in cui siamo stati educati a comportarci e come effettivamente ci comportiamo, collidano e portino a far crollare castelli di carta?

Dai documentari alle due Palme d’oro

Östlund, nella sua masterclass, affronta in ordine cronologico la propria filmografia, prendendo spunto da sequenze dei suoi singoli lavori e dai ricordi della scuola di cinema frequentata a Göteborg. Dai video sciistici ai documentari al primo lungometraggio Gitarrmongot (2004), in cui ha dato corpo agli insegnamenti Nouvelle Vague ricevuti all’università. E’ in Involuntary (2008) che prende però forma la sua grammatica: macchina fissa 16 mm e montaggio straniante di punti di vista e situazioni che mescolano analisi sociologica e umorismo, con uno sguardo alle candid camera di cui è sempre stato appassionato. Gusto del paradosso, prima visivo e poi narrativo, sempre contenuto da paletti autoimposti, per il regista necessari al proprio lavoro, che caratterizzano le sue pellicole più recenti e famose.

I maestri

Sono Haneke (soprattutto di Code inconnu, 2000), Leos Carax, Roy Andersson, i suoi maestri, quelli a cui deve la voglia di fare cinema. Ma anche Buñuel e Lina Wertmüller (si pensi a Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, 1974, per The Triangle of Sadness).

Nei suoi lavori, fa notare Sollazzo, la classe sociale che il regista attacca maggiormente è proprio quella che si siede in sala a vedere i suoi film. E in  effetti Östlund ammette di avere l’obiettivo di creare specchi in cui riflettersi, di divertirsi a disseminare il proprio cinema di trappole anche per se stesso, di mostrarci pieni di contraddizioni come siamo. Che cosa accade, per esempio, quando la piramide si capovolge e qualcuno che era sempre stato ai margini prende il potere e arriva ad abusarne?

Che cosa succede quando si viene direttamente chiamati in causa (come è accaduto a lui per strada e come avviene in The Square) e si è così strappati all’effetto spettatore? A noi, spettatori di cinema, la ‘risposta’.

 

 

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