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Approfondimento

Michael Keaton, l’amore per un cinema che si rinnova

Mille volti, un solo uomo. Il totem di personalità di Michael Keaton sembra non esaurirsi mai: dietro l'angolo c'è sempre nascosta una nuova individualità da mettere in scena. «È un po' invecchiato», scherza Tim Burton, «ma questo è quanto», e nulla toglie alla sempreverde capacità di Keaton di reinventare se stesso

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È stato il Batman di Burton e il Birdman di Iñárritu. Un eroe nascente e uno decaduto, ma anche un padre, un assassino, un giornalista d’inchiesta e molto altro. Se non lo conosceste, direste che sia un Lon Chaney fuori tempo, e in parte è forse vero.
È stato attore per tanti ruoli che l’hanno votato a icona del cinema contemporaneo. Un interprete, Michael Keaton, straordinario, che ancora oggi stupisce, timbrando ogni giorno il cartellino con indosso una cravatta diversa.

Il vecchio e il nuovo

Due giovani neosposi viaggiano sulla loro compatta Volvo gialla attraversando un ponticello sospeso. Sono di ritorno da alcuni acquisti fuori città. Ma, nell’eccitamento di fare rientro a casa, non si accorgono che su quel ponticello sta zampettando un docile cagnolino. All’ultimo momento, l’auto sterza bruscamente, evitando l’animale ma finendo fuori dal ponte, rovesciata a ruote all’aria nel letto di un fiume che scorre lì sotto… Su questa nota introduttiva si apre un film, Beetlejuice: Spiritello porcello, che nel 1988 mischiò il macabro al satirico, ponendo il primo su tutt’altro piano rispetto al genere tout court di riferimento: l’horror.

Tim Burton mise mano all’opera, aiutato da quella, più facinorosa, di Michael McDowell e da quella, invece, meno brutale ma ben più caustica, di Walter Skaaren, che collaborò a diverse riscritture della sceneggiatura di McDowell. Beetlejuice – che è, in verità, una semplice storpiatura del suo vero nome – è il personaggio chiave, interpretato dall’aizzante Michael Keaton, alle prime armi con un ruolo che lo vede coinvolto in una grande produzione. Quando i capelli verdastri, il volto pitturato e stralunato dell’improbabile benefattore spiritato compaiono a schermo, per lo spettatore è motivo di una grossa risata. Quella di Michael Keaton è una recitazione sopra le righe, non richiesta, ma che si fissa evidentemente nell’immagine che il pubblico ha del film e ne rende totale l’immersione.

«Ho capito che potevo far ridere la gente e tirarla fuori dai guai o metterla nei guai»

Beetlejuice e gli inizi

Beetlejuice è stato il primo fiore a sbocciare nella carriera di Keaton, germogliato a partire dagli sketchslapstick” della sit-com Working Stiffs del 1979. La bravura di Keaton nell’improvvisare sempre nuove situazioni accrebbe, accanto alla presenza comica dirompente di James Belushi, grazie alla serie tv prodotta dalla CBS. Il tropo narrativo volgeva intorno a due bidelli scapestrati alle prese con diversi tentativi di forgiarsi una carriera nel business.

I personaggi di Keaton e Belushi sono i due inimitabili fratelli O’Rourke, un cognome irlandese spassosamente dissacrante quando indossato da due attori l’uno della Pennsylvania e l’altro dell’Illinois. La loro originalità scenica sta nell’immancabile forza con cui i due si sono relazionati al genere codificato del “situation-comedy”. Un tipo di comicità che si risolve entro certi spazi e certi tempi, loro ne svoltarono totalmente le leggi e colmarono le carenze.

Michael Keaton si è misurato più volte con diversi ruoli d'attore, e ha messo a frutto le proprie doti dando vita a icone cinematografiche

Michael Keaton è di nuovo Beetlejuice in una scena del film del 2024

L’incontro con Tim Burton: da Batman a Dumbo

Michael Keaton sembra essere nato per far ridere, così dice lui stesso. Ma non è solo alla comicità che si concede. Lungo una continuativa carriera di film, spazia. Riveste ruoli che si separano dai pistilli di Beetlejuice e si avventurano oltre i confini massimi delle proprie capacità recitative e interpretative. In certi momenti, il suo volto si rabbuia e indossa la maschera da giustiziere, con le ali da pipistrello.

Dopo Mr. Mom, commedia idilliaca sul rovesciamento di ruoli tra una madre amorevole e un padre indigesto ai figli, Keaton passa a giocare su un terreno nuovo. Batman, per la regia ancora una volta di Burton, non soltanto è un pezzo da novanta della cultura cinematografica occidentale – e, oserei, mondiale – ma è soprattutto il titolo che, insieme all’assicurato successo di Beetlejuice, offre a Michael Keaton un ulteriore posto di menzione nei libri di cinema contemporanei.

«La sua mente crea senza regole, un caos da buco nero con un’immaginazione infinita che processa velocissimamente, e quindi è molto difficile seguire i suoi pensieri. E quando credi di averlo capito… lui è già passato al prossimo argomento, ha già un’idea nuova e rivoluzionaria»

Michael Keaton spende parole piene di ammirazione su Tim Burton, con il quale ha attualmente all’attivo cinque film, dei quali si contano due sequel (Batman: Il ritorno, seguito al primo che porta il nome omonimo del supereroe, e Beetlejuice Beetlejuice, uscito a inizio settembre nelle sale).

Keaton ben si presta alla versatilità di ruoli che Burton gli dà l’opportunità di approfondire di film in film, e intacca al contempo l’ambientazione in cui ciascun suo personaggio si trovi immerso. Gotham City non sarebbe la stessa senza un Michael Keaton a difenderla da Joker.

Il lìve action di Dumbo

Una delle ultimissime pellicole che vedono rinnovato il sodalizio KeatonBurton tocca un tasto dolente di parte della cinematografia odierna: il live action. In questo caso l’adattamento, a live action, di un classico cartoon Disney del 1941, Dumbo. Che sia piaciuto o meno, il film ha comunque un irremovibile pregio. Ossia quello di aver rivelato un’altra delle tante facce con cui Keaton si fa conoscere. Le sopracciglia inarcuate danno carattere a una visione, ancora una volta, fuori dagli schemi, brutale e al tempo stesso sorniona della vita.

Ma è davvero con il ritorno nel 2024 al suo personaggio Beetlejuice che Keaton è capace di reinventarsi un vecchio ruolo. Tenendo fede ai motivi di una storia lineare, di protagonisti anacronistici e di una mise-en-scène artificialmente sublime, la nuova pellicola di Tim Burton regala allo spettatore giovane un momento di pura goliardia, strizzando intanto l’occhio al veterano del suo cinema.

«La fortuna di questo personaggio è che non ha regole. Ha la libertà di creare, pensare, realizzare le sue follie. Non mi capita mai, non si fanno più film così»

Michael Keaton si è misurato più volte con diversi ruoli d'attore, e ha messo a frutto le proprie doti dando vita a icone cinematografiche

Una scena del film Il caso Spotlight di Tom McCarthy (2015)

Non solo Burton: gli altri persona di Keaton

Se con la regia di Burton, Michael Keaton mette in scena il grottesco e il fantasmagorico, riuscendo splendidamente in parti dove conta la rapidità della bottom line, con altre regie l’attore si misura in maniera diversa ma non meno sconcertante.

Un chiaro esempio è il “caso” giornalistico di Spotlight, film di Tom McCarthy e perla del cinema d’inchiesta, che rivanga nel passato portando alla luce storie sepolte da mani invisibili. Come un Mikael Blomkvist di Uomini che odiano le donne, Walter Robinson è un caporedattore alle prese con un caso che, se risolto, potrebbe giovare alla propria redazione e alla società tutta.

Un anno prima, era stata la volta di Birdman (o L’imprevedibile virtù dell’ignoranza). Dietro la sapienza registica di Alejandro González Iñárritu, Keaton diventa se stesso, la piú sincera delle trasformazioni. Nudo davanti alla macchina da presa – letteralmente, la prima inquadratura del film lo ritrae in mutande mentre “fluttua” nel suo camerino – Michael Keaton inscena una versione mefistofelica di sé. Attore di teatro, tormentato e svilito dal suo alter ego (o coscienza?), Riggan Thomson rivela un aspetto che forse non vedremo mai del vero Michael Keaton perché mai lui ci darà modo di saggiarlo.

Nel 1975 il suo nome di battesimo gli impedirebbe di recitare, un’ammonizione della Screen Actors Guild lo esorta a disfarsi del cognome paterno. Ecco che nasce il Keaton che tutti conoscono. Come attore e, secondariamente, come regista lui stesso (con il più recente film, La memoria dell’assassino, arrivato in Italia solo a luglio di quest’anno).

A tamburo battente, Michael Keaton sfonda sulla scena, rompendo lo schermo e balzandone fuori proprio come Beetlejuice balza fuori dalla propria tomba in miniatura.

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