In uscita nelle sale italiane per soli tre giorni – dal 7 al 9 ottobre 2024 – grazie a Notorius Pictures, l’originalissimo Io sono un po’ matto… e tu? porta la firma di Dario D’Ambrosi. Tra i più grandi e importanti artisti d’avanguardia, D’Ambrosi scrive, dirige e interpreta quella che è un’opera assolutamente unica e imperdibile. Ma andiamo per ordine.
Per me loro sono il sale della vita.
Io sono un po’ matto… e tu? | Un progetto a mo’ di puzzle
Parlare della trama del film risulta piuttosto complicato, trattandosi di un progetto a mo’ di puzzle. Ogni tassello rappresenta una situazione particolare, andando a ritrarre una società come la nostra, all’interno della quale vivono ben 17 milioni di persone con un disturbo psichico. La maggior parte delle quali nega un qualsiasi tipo di aiuto, mentre solo un 20% segue una terapia. Io sono un po’ matto… e tu? presenta alcuni casi specifici, quali la dipendenza sessuale, la ludopatia, l’insonnia, la claustrofobia, attraverso la tecnica del film a episodi.
Lungi dall’essere slegati l’uno con l’altro, e uniti solo dal fil rouge del tema principale, le varie storie seguono un percorso, proprio come coloro che seguono il lavoro di D’Ambrosi e che partecipano, in veste di attori eccezionali, alle varie storie. Ciascuno di loro si fa portavoce di un universo ricco e, purtroppo, ancora troppo sconosciuto, mettendo in luce tutta una serie di questioni che li riguardano. Parola d’ordine: ” io sono un po’ matto… e tu?”. Scatta una sorta di riconoscimento – e di sollievo – nel riconoscersi l’uno con l’altro.
L’importanza della condivisione e del teatro
La paura di rimanere soli, la vergogna causata da preconcetti, l’idea di sfortuna e l’importanza di un abbraccio sono solo alcuni dei temi sollevati dalla pellicola. E sono le voci dei diretti interessati ad avvicinare e coinvolgere lo spettatore, al quale non si chiede altro se non l’ascolto. La loro forza, l’energia, l’impegno sono emblematici di quanto l’essere umano abbia a disposizione risorse inesauribili, a patto di volerle cercare e trovare.
Nel 1990 D’Ambrosi fonda il Teatro Patologico e ne fa una missione: sono circa 1700 le persone che cura attraverso la teatro terapia, mostrando al mondo intero una nuova via da intraprendere. Una via legata all’emozione, alla necessità di esprimerla, in ogni sua forma, su un palcoscenico e insieme ad altri. Il lavoro sul respiro, la danza, le confessioni permettono di tirare fuori quello che si ha dentro e che, a volte, pesa come un macigno, creando una distanza incolmabile e pericolosa. Se la fiducia è il primo passo da compiere – emozionante e simbolico il gesto di due fronti che si toccano – alla fine verrà naturale lasciarsi andare e guidare, alla ricerca di un’accettazione che parte dal proprio sè.
*Sono Sabrina, se volete leggere altri miei articoli cliccate qui.