Pietra miliare dell’horror, Non aprite quella porta (The Chainsaw Massacre, 1974) di Tobe Hooper è anche un film seminale, da cui hanno poi attinto molti film a venire. Un vero e proprio cult che ha solcato i decenni, come ad esempio attesta il teen movie Lezioni d’estate (Summer School, 1987) di Carl Reiner, nel quale lo scapestrato studente Francis Gremp (Dean Cameron) ha come soprannome Motosega (Chainsaw).
Per festeggiare il cinquantenario, la pellicola è stata rieditata in 4K. Una pulizia ultra-definita che ridà la lucentezza, senta intaccare quel veritiero e malsano colore della fotografia curata da Daniel Pearl: una pellicola che riesce a tutt’oggi a inquietare.
La trama
Come avvisa la voce fuori campo di un radiocronista, nella cittadina di Newton, sita nel Texas, qualcuno ha profanato alcune tombe, amputando gli arti e la testa ai cadaveri. Le autorità indagano, però non riescono a venirne a capo.
Un gruppetto di cinque ragazzi (tre ragazzi e due ragazze), su di un furgoncino, decide di trascorrere il fine settimana in quella regione. Anche per visitare la casa familiare di Franklin (Paul A. Partain) e di Sally (Marilyn Burns). Durante il tragitto caricano uno strambo autostoppista (Edwin Neal), che devono gettare rapidamente fuori dal van perché pericoloso.
Giunti alla fatiscente casa familiare, comincia l’orrore, con un lento quanto violento macellamento.
Non aprite quella porta: il realismo e l’ambiente rurale
La didascalia iniziale di The Blair Witch Project – Il mistero della strega di Blair (The Blair Witch Project, 1999) di Daniel Myrick ed Eduardo Sánchez avverte che tre ragazzi sono scomparsi e tutto quello che vedremo sono le ultime immagini che abbiamo di loro. Un artefatto, quanto vincente mockumentary, che estremizza quanto ha tentato di fare Tobe Hooper, aggiungendovi però l’idea del materiale ritrovato come in Cannibal Holocaust (1980) di Ruggero Deodato.
Infatti, The Chainsaw Massacre, tradotto dalla distribuzione italiana con uno scontato Non aprite quella porta, ha una didascalia similare. Un avvertimento che quello che vedremo è un resoconto di quanto è avvenuto al gruppo di cinque ragazzi. Non utilizzando il furbesco escamotage del mockumentary (che già esisteva, si veda il finto cinegiornale in Quarto potere) ma una messa in scena realistica, che a tratti rasenta il documentario.
Antecedenti illustri ed eredità epocale
Una rappresentazione veritiera già adottata da La notte dei morti viventi (Night of the Living Dead, 1968) di George A. Romero e che sarà alla base di quasi tutto il cinema horror americano degli anni ’70. Ambienti, grana della fotografia e riprese documentaristiche che vanno in parallelo con il cinema di molti film della New Hollywood, in particolare con la cifra stilistica di Martin Scorsese.
Quello che è prettamente cinematografico, quindi di finzione, è la rappresentazione della violenza, delle uccisioni, che sono amplificati da agghiaccianti commenti sonori o da venature grottesche. Nasce lo slasher movie, che avrà come punto d’inizio Halloween – La notte delle streghe (Halloween, 1978) di John Carpenter, ma che Non aprite quella porta è un precursore, assieme a L’ultima casa a sinistra (The Last House on the Left, 1972) di Wes Craven.
Pellicole horror che attingono dalle paure che ossessionavano molte persone di quei decenni, come accadde negli anni ’50 con la paura dei comunisti, e su cui sorsero film di fantascienza che rappresentavano il pericolo comunista tramite originali (ma a volte bizzarre) metafore: la malefica melma Blob o alieni che vogliono sostituire gli umani.
Killer e inquietudini di provincia
Nel caso di Non aprite quella porta, Tobe Hooper e Kim Henkel hanno preso spunto dal serial killer Ed Gein (1906-1984), che uccideva le vittime e, con passione necrofila, le disossava e usava ossa e membra per arredare la propria casa (o come vestiario). Un macabro quanto affascinante personaggio a cui si sono ispirati gli scrittori Robert Bloch per il protagonista del suo romanzo Psycho, e Thomas Harris per il killer Buffalo Bill, deuteragonista de Il silenzio degli innocenti.
Ambedue i romanzi hanno avuto poi un’ottima trasposizione cinematografica. Alfred Hitchcock con Psyco (Psycho, 1960) ha trovato una seconda giovinezza (e creato una pellicola seminale). Jonathan Demme con Il silenzio degli innocenti (The Silence of Lambs, 1990) ha trasformato il cattivo Hannibal Lecter (Anthony Hopkins) in un personaggio più ammaliante della protagonista.
Ma la pellicola di Hooper mette in rilievo anche come la quieta profonda provincia americana, popolata da contadini e allevatori che cercano soltanto la pace della natura, possa nascondere orrori reconditi. Stephen King ne renderà conto nel racconto I figli del grano, poi trasposto al cinema con Grano rosso sangue (Stephen King’s Children of the Corn, 1984) di Fritz Kiersch.
Per giungere al serial Twin Peaks (1990-1991) di David Lynch, nel quale una cittadina da soap opera è in realtà un luogo di perdizione, violenza, morte e metafisica. Provincia bella superficialmente ma macabra sottotraccia, già mostrata da Lynch con Velluto blu (Blue Velvet, 1986).
Simbolismi e psicanalisi
Non aprite quella porta è paradigmatico anche per l’utilizzo dell’umorismo che permea i personaggi. I tre assassini (padre e due figli), più il mummificato nonno, incutono paura quanto ribrezzo ma anche – malata – goliardia nel loro modo di porsi e parlare, come ad esempio il bislacco ma pericoloso Nubbins.
Discorso a parte Leatherface (Gunnar Hansen), il vero protagonista, come sancisce la tragica, melodrammatica e folle scena finale. Di mostruoso ha soltanto il viso, orripilante per una casareccia maschera di pelle umana, che nasconde la sua reale faccia (come Mike Myers in Halloween). Grosso e pericoloso, Leatherface è soltanto un uomo ritardato, rimasto un bambino. Uccide con goduria, però appena il padre alza la voce diviene mansueto.
Le analisi hanno ravvisato che la motosega, suo abituale strumento di massacri, altro non è che un rimando sessuale al pene. Bambinone non sviluppato, Leatherface riesce a penetrare e a orgasmare (i suoi ululati infantili) soltanto con una motosega, che ha appunto una forma fallica. E questo aspetto sessuale sarà evidenziato in Non aprite quella porta – Parte 2 (The Chainsaw Massacre 2, 1986). È un seguito che sceglie una narrazione più grottesca, più clownesca. Leatherface (Bill Johnson) è sempre truculento con l’immancabile motosega fallica, ma è desideroso di avere una storia d’amore la bella Julia Brock (Caroline Williams).