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Approfondimento

Dietro ‘Non aprite quella porta’: il sogno americano genera mostri

Un viaggio tra il Backwoods slasher e il lato oscuro dell’American way of life

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Non aprite quella porta

Dal 23 al 25 settembre 2024, grazie a Midnight Factory, torna nelle sale – per la prima volta in 4K – uno dei capostipiti del genere horror. Sono passati cinquant’anni dalla sua uscita, ma Non aprite quella porta (The Texas Chainsaw Massacre, 1974) di Tobe Hooper resta uno dei film slasher più sfidanti di sempre.

Se le sequenze più truculente continuano a mettere alla prova gli occhi dello spettatore, ad alimentare la carica orrorifica del film è tutto ciò che le precede. Un gruppo di cinque studenti sta attraversando le strade del Texas in una giornata d’agosto per raggiungere la casa, ormai abbandonata, del nonno di due di loro. Lì, in quel luogo soleggiato ma reso labirintico dalla natura avrà inizio l’orrore. Le inquadrature in cui i protagonisti camminano incerti per il paesaggio arido e trasandato della periferia texana presentano una dimensione lontana dai grandi centri. Lungi dall’essere narrazioni fuori dalla contemporaneità, però, i film horror hanno spesso saputo raccontare disagi, ingiustizie e contraddizioni delle società ritenute più civilizzate. Dalla possibilità che nei luoghi che il sogno americano ha solo sfiorato possano nascere mostri, deriva la minaccia di film come Non aprite quella porta.

Gli Stati Uniti degli anni Settanta e i film “Backwoods”

Non aprite quella porta ha fissato i tropi di un sottogenere dell’horror mai tramontato. Il filone “Backwoods Brutality” comprende gli slasher ambientati in contesti rurali, i cui i protagonisti perdono quasi sempre la vita a causa di crimini efferati. Nonostante la sua versatilità, bastano pochi elementi per abbozzare un film di questo genere: giovani spensierati in viaggio verso lande desolate in cui sembra che la vita si sia fermata; stazioni di servizio come ultima sosta prima dell’escalation; un male non soprannaturale ma inquietantemente umano. Spesso ambientazioni predilette sono gli Stati Uniti meridionali, le cui periferie hanno l’aspetto di dipinti di Edward Hopper ormai sbiaditi, più vuoti e silenziosi. In quei luoghi, le promesse di prosperità del secondo dopoguerra hanno lasciato solo qualche traccia, rendendo il margine un luogo permeato di rancore. Se la guerra in Vietnam, la presidenza di Nixon e lo scandalo Watergate costituiscono la fotografia degli Stati Uniti nel decennio Settanta, i crimini commessi da persone comuni nelle zone più dimenticate ne sono l’immagine in negativo.

Un mondo, due facce

In Non aprite quella porta l’incontro tra i cinque giovani protagonisti e la famiglia Sawyer è lo scontro tra due realtà. Da un lato, dei ragazzi di città che della periferia hanno solo un pittoresco ricordo d’infanzia. Dall’altro, un padre e i suoi due figli la cui crescita in campagna ha significato la chiusura in una gabbia fatta di ossa che inghiotte chiunque si avvicini. A partire da questa opposizione, Hooper decostruisce ogni illusione: la luce del sole non è confortante, ma confonde e acceca; la bianca casa colonica non è un accomodante focolare domestico, ma la degenerazione della tanto anelata vita suburbana. Sally (Marilyn Burns), unica superstite del gruppo, non è una final girl che gioisce della sua fuga, perché sarà segnata per sempre da ciò che ha visto. La violenza del film scaturisce da ciò che resta di una fetta della società lasciata a marcire sotto un sole cocente che non intendeva illuminarla.

Un altro margine

Ancora un viaggio, ancora una pompa di benzina, ancora un luogo al quale sarebbe stato meglio non avvicinarsi. A differenza di Non aprite quella porta, siamo nel Nevada. La numerosa famiglia Carter è protagonista de Le colline hanno gli occhi (The Hills Have Eyes, 1977) di Wes Craven: non più una casa colonica, ma una roulotte; non più le aride praterie texane, ma un deserto e le sue colline. Ad attentare alla vita dei Carter è una famiglia di cannibali che vive proprio tra i rilievi del deserto. Se i corpi dei Sawyer erano già deformi, quelli di Papà Giove (James Whitworth) e dei suoi figli sono portatori di un trauma ancora più ampio. I cannibali, infatti, sono deformati a causa dei test nucleari che il governo ha condotto nei luoghi che abitano. Ne Le colline hanno gli occhi la violenza dei selvaggi non è frutto del caso, bensì di un sistema che trasforma le vittime in carnefici.

Quando Cappuccetto Rosso porta il lupo in casa

Il caso di The Woman (Lucky McKee, 2011) è, sotto certi aspetti, inverso a quelli considerati sopra, perché questa volta l’estranea viene condotta, contro la sua volontà, nel mondo civilizzato. Durante una battuta di caccia, l’avvocato di successo Chris Cleek (Sean Bridgers) si imbatte nell’ultima superstite di una tribù di cannibali (Pollyanna McIntosh). Chris la incatena e porta a casa sua, situata in un quartiere immerso nel verde e abitato da famiglie agiate. Con l’intento di “civilizzarla”, l’uomo tiene la donna chiusa in cantina, ma, con un corpo “altro” e femminile a disposizione, lui e suo figlio Brian (Zach Rand) iniziano a perpetrare ogni sorta di sopruso. The Woman, però, è il sequel di Offspring (2009), in cui era la cannibale a essere il pericolo. In uno schema da revenge movie, l’asse aguzzino-vittima si ribalterà, mettendo in discussione ogni rigido dualismo.

Dietro le quinte

Le storie dietro alla realizzazione di film di culto, soprattutto horror, sono spesso estremamente interessanti. X: A Sexy Horror Story (X, Ti West, 2022) è forse il più peculiare tra i recenti esempi di “Backwoods Brutality”. Il motivo per cui i giovani di turno si mettono in viaggio, infatti, è proprio la realizzazione di un film. Dove? Nella campagna texana di fine anni Settanta. Il fascino di X, che omaggia molto il genere, sta nella capacità di collocare stilemi familiari in una narrazione che, al contempo, li supera. La decadente casa colonica è, ancora una volta, il centro verso il quale i protagonisti convergono prima di essere inghiottiti. Essa è abitata da una coppia di anziani, Howard (Stephen Ure) e Pearl (Mia Goth). Nonostante l’aspetto riveli un certo degrado, non è in due figure simili che ci si aspetterebbe di trovare la ferocia omicida. La violenza inspiegabile è qui osservata da vicino attraverso la simmetria tra Pearl e Lorraine, giovane protagonista interpretata, non a caso, da Mia Goth. Due donne appartenenti a generazioni diverse ma animate dallo stesso desiderio di ascesa. La differenza sta nel fatto che solo una di loro può ancora realizzarlo.

Le cause dietro alle azioni dell’anziana vengono approfondite da West nel prequel Pearl (2022). Durante la Grande Guerra, la giovane vive nello stesso luogo in cui la si incontra, ormai invecchiata, in X. L’aspetto, però, è ben diverso: nell’estetica sognante della Golden Age hollywoodiana, la casa colonica è sfavillante, il prato rigoglioso e il cielo azzurro. L’abitazione di Pearl appare come il “prima” di tutti quei luoghi degli horror rurali che, nel presente di una società cambiata, sono ormai vetusti. Nonostante questo piccolo giardino dell’Eden, la sua vita è tutt’altro che tranquilla. Mentre Howard è al fronte, Pearl vive con il padre paralizzato e la severissima madre, ma è il mondo dello spettacolo che sogna. I desideri di ascesa della ragazza si scontreranno con la realtà, portandola a sviluppare una psicosi che la renderà un’assassina.

Horror al presente

Non aprite quella porta, oltre ad aver fatto scuola, ha dato il via a un intero franchise, come anche altri titoli di culto. Se ciò conferma l’intramontabilità di certe convenzioni, è vero anche che gli originali non sono replicabili. Non si tratta della mancanza di un genio innovatore, ma di un preciso clima culturale e politico ormai mutato. Se questa pellicola torna al cinema dopo mezzo secolo, significa che ha ancora qualcosa da dire. La violenza sul corpo e sulla mente femminili e il rapporto dell’uomo con la natura e con i suoi simili sono solo alcuni degli spunti che rendono il filone “Backwoods Brutality” fortemente politico. A fronte di un’attualità complessa, film così lucidi – anche se mascherati dal genere – possono tuttora insegnare a guardare con diffidenza alle facili letture della realtà contemporanea.