L’opera prima di Adele Tulli, presentata al Festival di Berlino nel 2019 nella sezione Panorama, Normal, è disponibile su RAIPlay. È una produzione FilmAffair in co – produzione con l’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico in associazione con l’Istituto Luce Cinecittà e Intramovies in collaborazione con RAI Cinema e Ginestra Film.
Un documentario coraggioso basato sull’osservazione che esalta il linguaggio cinematografico.
Normal: il maschile e il femminile
Un viaggio e un atlante inaspettato nelle norme, gli stereotipi, le convenzioni di genere nell’Italia di oggi. Un cammino lungo quei confini che chiamiamo maschile e femminile.
Dopo un affascinante prologo, in cui Adele Tulli mostra alcune donne incinte impegnate a fare ginnastica in una piscina, Normal prende avvio con un primo piano dedicato a una graziosa bambina, mentre un uomo, mai inquadrato in volto, gli pratica dei buchi alle orecchie. Un gesto banale, quotidiano, ma basta un tantino di attenzione per percepire la sua importanza.
Un rito d’iniziazione, come quello mostrato tante volte nel cinema di Jean Rouch e di tutta l’antropologia visuale. Questa volta, però, non siamo in Africa, in Sud America o nell’estremo oriente, ma in Italia, nel cuore dell’occidente. Adele Tulli che recentemente ha presentato al Festival di Locarno il suo secondo lungometraggio Real, in Normal compie un viaggio d’osservazione sui tanti modi, prestabiliti, del sentirsi maschio o femmina. La regista mostra una serie di frammenti quotidiani, per poi formare un mosaico che trova unità, sfruttando la propria discontinuità, come vedremo, però, solo apparente.
Non c’è unità d’azione, spazio e tempo. La narrazione riprende da capo a ogni singolo episodio, quasi sempre diversissimi tra loro. Dopo il volto della bambina, viene mostrato un bambino, probabilmente poco più grande, che si appresta a fare una gara di motociclismo. Il diventare donna, il diventare uomo.
Normal: come una serie di affluenti…
Si prosegue nell’alternanza delle visione tra modi di essere femminile e maschile. La regista compie una scelta audace, eliminando la voce narrante, lasciando spazio alle sole immagini, quasi sempre accompagnate da una musica, curata da Andrea Koch, spesso in contrasto con il visuale. Una scelta coraggiosa che consente di partire dall’osservazione e approdare al sovvertimento dei luoghi comuni mostrati.
Normal è un mosaico, ma allo stesso modo può essere considerato come una serie di affluenti che confluiscono in unico e grande fiume. Ogni affluente scorre via veloce, si ha quasi la sensazione di non percepire la sua portata, subito dopo, però, il tutto prende forma e sostanza. Ed ecco arrivati all’unità che, incredibilmente, sostituisce l’iniziale discontinuità.
Adele Tulli con questo documentario, menzione speciale Nastri d’argento Doc 2020, riesce a portare avanti un discorso con una tesi ben precisa che si palesa nel finale, quando mostra la celebrazione di un’unione civile. Normal mostra i tipici luoghi comuni del femminile e del maschile, per sovvertirli, dimostrando che può esserci anche altro.
La performance dei corpi
Tutto questo avviene concentrandosi su una o meglio dire tante performance corporali. Il corpo umano, specie femminile, è posto di continuo davanti alla macchina da presa. Iniziando da quello delle donne incinte, continuando con delle neo mamme nel parco, le partecipanti a un concorso di bellezza (rigorosamente catturate di spalle) fino ad arrivare al corpo usato dal prestigiatore, prima dell’episodio finale.
Il corpo, dunque, diventa il vero protagonista di Normal. Su di esso la regista costruisce l’unità della sua argomentazione. Il corpo diventa testimone e strumento che si fa testimonianza.
Un altro aspetto fondamentale del documentario di Adele Tulli, viene sottolineato da Carlo Cerofolini nella sua intervista alla regista per Taxidrivers. La forma delle immagini montate ci permette di andare oltre alla realtà. È, infatti, percepibile il subconscio dei personaggi e delle varie situazioni mostrate.
“A me piace molto che la maggior parte dei volti non parlino ma abbiano uno sguardo molto interrogativo. Questo ritorna nelle coppie che assistono al corso prematrimoniale o alle ragazze che stanno facendo il concorso di bellezza o, ancora, con il ragazzo che fa il corso di seduzione. La confusione e lo spaesamento derivano dalla necessità di essere all’altezza delle aspettative, del non sapere come fare a comportarsi nel modo che gli viene richiesto”.
Per leggere integralmente l’intervista clicca qui
È questa caratterista di Normal che ci consente di riconoscere al suo interno una prassi tipicamente cinematografica. La regista usa l’osservazione, d’altronde mai neutra, per suscitare emozioni, stati d’animo, riflessioni e reazioni. Adele Tulli demolisce il falso mito della normalità che qualcuno vorrebbe ripartire nettamente tra maschile e femminile. Un muro che la regista ha il merito di demolire, abbattendo ogni discriminazione di genere e ogni disuguaglianza tra maschile e femminile.