Il regista Stefano Pasetto presenta al Festival Visioni dal Mondo il suo documentario Fuori dal Mondo – Vivere all’Asinara. Si tratta di un progetto prodotto da Solaria Film, Sud Sound Studios, Rai Cinema per mostrare la storia e la bellezza dell’isola dell’Asinara.
Fuori dal Mondo – Vivere all’Asinara: la passione di chi la vive
Fuori dal Mondo racconta la vita di Enrico Mereu, l’unico attuale residente sull’isola dell’Asinara. La sua passione, oltre all’isola stessa, è quella di scolpire il legno: più precisamente i tronchi portati dal mare e incastrati tra gli scogli. Ad oggi Enrico Mereu è un liberatore di forme, ma per tanti anni ha svolto l’attività opposta. Era infatti una guardia nel carcere di massima sicurezza proprio dell’Asinara. Lui è un uomo di scelte radicali, che non abbatterebbe mai un albero e che ha imparato dai detenuti a fare a meno del superfluo per vivere. Ora conduce una lotta quotidiana in difesa dell’integrità dell’isola, affinché rimanga per sempre un parco naturale.
Oggi, tutto lo spinge ad abbandonare il suo paradiso, ma è un legame difficile da spezzare. Enrico resiste.
L’Asinara: l’Alcatraz del Mediterraneo
Trattandosi di un documentario naturalistico, Fuori dal Mondo – Vivere all’Asinara, mostra le bellezze naturali dell’ambiente dell’isola, ormai Parco Nazionale a tutti gli effetti. I paesaggi ripresi dalla videocamera sono mozzafiato, resi in modo magistrale dai movimenti lenti e misurati. La prima cosa che lo spettatore vede è proprio l’isola stessa, poi arriva Enrico Mereu e la sua voce. Si entra subito in contatto con lui, e da quello che gli si vede fare è evidente quanto ami, ma soprattutto rispetti la terra nella quale vive. La delicatezza con la quale maneggia e spiega il legno, mostrano la nuova realtà che lui si è scelto per vivere.
Questo documentario alla scoperta dell’Asinara racconta non solo la sua storia, delineata meglio dall’elenco cronologico che fa da chiusura al lungometraggio, ma soprattutto la omaggia attraverso gli occhi di chi l’ha vissuta davvero. Lo spettatore fa la conoscenza di numerose persone, dalla famiglia e la moglie di Enrico Mereu, all’amico Fabrizio Corbelli (un ragazzo in carrozzina che Mereu ha soccorso durante una visita) e infine a Rinaldo Schirru (ex detenuto dell’Asinara e attuale amico di Mereu).
Lo spettatore si ritrova a condividere le sensazioni e gli stati d’animo del protagonista, nonostante non sia mai stato (forse) in quei luoghi. La tristezza, la rabbia, l’ansia, la claustrofobia provocate dal ritorno nell’ex carcere. L’empatia che si crea fa cambiare prospettiva su molte cose, tra cui la stessa vita carceraria.
Tutto ciò che è presente nel documentario (animali, paesaggi, testimonianze) fa avvicinare al luogo, fa sì che si condivida la voglia e l’intenzione di proteggere questo paradiso terrestre. Tuttavia, ci sono anche elementi che fanno invece allontanare lo spettatore dal soggetto e dalla causa. L’elemento più evidente è l’utilizzo di un dialetto: difficile per gli italiani, ma quasi impossibile per chi non è madrelingua. La presenza del dialetto sardo spezza, infatti, il clima di intimità creatosi fino a quel momento con lo spettatore.