Mongrel di Chiang Wei Liang e Yin You Qiao è un film drammatico presentato alla Quinzaine des Cineastes e vincitore di una Menzione Speciale, prossimamente presentato al Busan International Film Festival. Il film è prodotto da Deuxieme Ligne Films, E&W Films e Le Petit Jardin, tra cui compare anche il nome di Hou Hsiao-hsien, e interpretato da Wanlop Rungkumjad, Lu Yi-ching e Hong Yu-hong.
Mongrel non è un film scontato sin dalle prime battute, schiacciante e spinoso in tutte le sue facce, molteplici e imprevedibili.
Mongrel di Chiang Wei Liang e Yin You Qiao, la trama
Oom (Wanlop Rungkumjad) è un immigrato irregolare nella Taiwan rurale. Lui e altri come lui – filippini, malesi, indonesiani – si occupano della cura degli anziani, ma non solo, riempiendo le falde di un sistema sociale fallibile.
Il malcontento si fa pressante quando il caporale manca di fornirgli uno stipendio regolare, mettendo Oom in una situazione molto scomoda anche tra i suoi compagni, complice da una parte, e garanzia umana dall’altra. Le sue sicurezze vacillano quando l’amica Indri viene a mancare e il caporale se ne libera con freddezza.
‘Mongrel’ di Chiang Wei Liang e Yin You Qiao – Wanlop Rungkumjad è Oom. Copyright Deuxieme Ligne Films, E&W Films e Le Petit Jardin
Taiwan e l’immigrazione nascosta
Non c’è paese sviluppato che ne resti immune, ma è certamente d’effetto scontrarsi con il sistema che Mongrel mette a nudo. Ovvero il reclutamento di questi migranti, che arrivano nel Paese come turisti, e poi scappano dal loro hotel e dai viaggi organizzati per tuffarsi nelle mani avide dei caporali e iniziare una avventura disperata e senza garanzie. E senza più passaporto.
Ignari della vita miserabile a cui sono costretti, sembra comunque che le condizioni di Taiwan rimangano più appetibili o promettenti, o che non ci sia alternativa.
Ogni paese, acconsente ad un certo tipo di immigrazione se solleva o allevia la società dalla responsabilità della cura. Il protagonista è uno tra questi immigrati, che non ha una formazione propria, ma data l’empatia e la delicatezza genuini, si rivela essere un professionista.
Eppure, malgrado la dedizione, nessuno di loro sembra aver diritto ad una integrazione nel Paese che abitano; né a lasciare questa vita con un nome, perché illegali, perché dimenticati, perché disperati.
La crudezza della narrazione
Ci vuole un gran coraggio per iniziare un film con una inquadratura stretta su una delle più grandi debolezze dell’essere umano. Ci vuole un gran coraggio per commentare sonoramente il tutto con un lamento regolare e costante e poi svelare solo dopo pochi minuti la situazione drammatica nella sua interezza. E con lo stesso coraggio, il film va a chiudere, oltre due intensissime ore dopo, nella stessa drammatica cura.
Caporalato, cura degli anziani, povertà estrema, disabilità, diritto al piacere, eutanasia. Mongrel raccoglie tutte le miserie umane e la disperazione.
La densità del film è tale dall’inizio alla fine, schiacciante la verosimiglianza con cui la disperazione trascina una disgrazia sull’altra ad ammassarsi senza ordine né clemenza alcuna. I personaggi sono sempre schierati al centro dell’inquadratura, fagocitati e resi ancora più minuti in quel mondo. Un mondo che trova clemenza proprio in quella cura e in quell’amore per il prossimo.