È in concorso alla 23ª edizione dell’Euganea Film Festival il documentario canadese Wilfred Buck, scritto e diretto dalla regista Anishinaabe Lisa Jackson. La pellicola del 2024 ricostruisce il percorso di vita dell’astronomo Cree conosciuto come “the star guy” attraverso un viaggio nei luoghi e nella memoria.
Wilfred Buck: il cuore del film
Quelli biografici sono tra i documentari più comuni. Li si realizza spesso a posteriori, per ricordare figure importanti la cui immagine, però, vive solo in fotografie e filmati d’archivio. Il protagonista di Wilfred Buck, invece, è presente nel qui e ora che la macchina da presa di Lisa Jackson ha catturato.
Prima di entrare nel merito del film, conosciamo meglio questa figura così complessa. Wilfred Buck è un astronomo esperto della mitologia delle stelle delle Prime Nazioni. Appartenente al popolo Cree dell’America del Nord, Buck vive nella provincia canadese del Manitoba, dove lavora come facilitatore scientifico coniugando la tradizione delle stelle alla scienza. Prima di arrivare a questo punto, però, Buck ha dovuto fronteggiare numerose avversità. Le sue vicende, infatti, non testimoniano solo un dramma individuale, bensì quello di un intero popolo sconvolto dal colonialismo.
Questo non è (solo) un documentario
“This is my reality fiction”. In una frase, la voce narrante di Brandon Alexis – che dà corpo al flusso di pensieri di Wilfred Buck da giovane – racchiude la peculiarità di questo documentario. Lisa Jackson, infatti, non riporta la storia del suo protagonista solo attraverso filmati d’archivio e interviste che si susseguono in una cronologia ordinata. La storia di Buck è piuttosto guardata attraverso un filtro, quello dei ricordi e delle parole del suo protagonista, tratti dal suo libro di memorie I Have Lived Four Lives. È così che, dalle maglie della memoria, riemerge un passato traumatico che è anche punto di partenza per la costruzione di un presente terapeutico.
La struttura del documentario è caratterizzata da molteplici percorsi audiovisivi che si intrecciano, proprio come si avvicendano la storia individuale di Buck e quella collettiva del suo popolo. È dall’unione di questi fili che si ricompone il disegno che Lisa Jackson ha realizzato della carismatica figura dell’astronomo.
La Storia attraverso il materiale d’archivio
In Wilfred Buck fotografie e filmati d’archivio restituiscono un luogo e un periodo storico, ovvero il Canada tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento. Persisteva allora la terribile pratica da parte dello stato di strappare i bambini indigeni alle loro famiglie per trasferirli in appositi collegi, le Indian Resident School. Lì, i giovani indigeni hanno subito quello che è stato definito un genocidio culturale. La falsa promessa di integrazione da parte dello stato obbligava gli indigeni a smettere di parlare la propria lingua a favore dell’inglese, un abbandono che ha comportato l’oblio delle proprie origini, tanto familiari quanto culturali. La crisi d’identità dei giovani indigeni si acuiva nel momento in cui questi scoprivano che la società non era impaziente di accoglierli: è qui che si inserisce la giovinezza di Buck.
Le avventure di “Smokey Buck”
Il racconto dell’infanzia del protagonista costituisce un vero e proprio film nel film. La giovinezza di Buck e dei suoi fratelli viene narrata attraverso delle sequenze di reenactment la cui atmosfera ricorda quella di un coming of age, ma la spensieratezza non durerà. Durante il periodo dei Sixties Scoop, in Canada gli assistenti sociali portavano via i bambini indigeni dalle loro famiglie per poi darli in adozione. Fu questa la sorte che toccò ai fratelli di Buck, che per fortuna non era in casa quando questo accadde. A quel punto, Buck è costretto a crescere in fretta, passando diversi anni come senzatetto nelle strade della città di Winnipeg. Sullo sfondo, ancora i soprusi dello stato canadese sulle comunità indigene, che intanto continuavano a protestare per rivendicare la propria identità. Dopo anni di sregolatezza passati lontano dai luoghi della sua infanzia, Buck si ritrova nuovamente in un campo delle Prime Nazioni. Qui, la sua vita cambia un’altra volta.
Il presente tra i luoghi della memoria
Se le due linee precedenti facevano riferimento al passato, il presente è restituito attraverso un viaggio on the road. La prima volta che Wilfred Buck compare su schermo, è intento a salire in auto. Per tutto il film, infatti, il “Buck del presente” è in viaggio tra una città e l’altra per tenere delle lezioni sul suo modo di studiare le stelle. Per raggiungere le diverse tappe, Buck passa per i luoghi del Manitoba che hanno fatto parte della sua vita e, a partire da questi, i suoi numerosi racconti prendono il via. Nel presente, Buck è un uomo sereno che è riuscito a ricostruirsi una vita, ma le sue parole sono spesso rivolte a un doloroso passato. Ad animarlo sono invece i racconti dei suoi sogni o dei miti delle stelle. Nel viaggio di Buck tra il tempo presente e i luoghi del passato c’è tutta la difficoltà di un’intera comunità nell’elaborare un trauma che è sia individuale che collettivo.
Venature oniriche
Nonostante i forti temi trattati, Wilfred Buck non è un film dal ritmo incalzante e coinvolgente. Probabilmente, un’opera che si fa carico di una tale eredità non può che richiedere un atteggiamento attento e contemplativo, quello che gli avi di Buck mettevano in atto nel guardare le stelle per ritrovare la via di casa. Wilfred Buck è anche un film intrinsecamente legato all’io del protagonista, le cui affascinanti storie sono spesso sostenute da immagini prive di funzionalità narrativa ma evocative.
Questa lentezza potrebbe rendere la pellicola poco accessibile, ma rappresenta una scelta coraggiosa da parte di Lisa Jackson. Con delicatezza, Wilfred Buck pone lo spettatore davanti a una costruzione complessa e necessaria per la rappresentazione di temi così delicati. Le abitudini spettatoriali sono sempre più viziate da ritmi veloci e brevità, ma per questa pellicola nessuna scelta sarebbe risultata più adeguata. Individui la cui voce è stata per troppo tempo soffocata assumono ora la parola, organizzandola in un tempo scandito come quello di un rituale.
Una nuova speranza
Sin dall’inizio della pellicola, Buck sa che, al di là delle deviazioni del suo percorso, dovrà arrivare a una celebrazione della Danza del Sole. Durante le sue età e attraverso i suoi luoghi, lo spettatore assiste al percorso di guarigione e di riavvicinamento alla propria identità da parte del protagonista. Per lui e per tutto il suo popolo, cultura, memoria e lingua sono i mezzi che consentono di (ri)conoscere se stessi, dopo secoli in cui queste storie hanno rischiato di essere cancellate.
Wilfred Buck è una testimonianza importante, ma non solo per ciò che riguarda il protagonista e la sua comunità. L’autonarrazione è lo strumento che chi ha sempre visto la sua storia essere narrata da altri può usare per rivendicare le proprie dignità ed esistenza. Oggi più che mai le narrazioni complesse sono necessarie: un film come quello di Lisa Jackson dimostra che il cinema può essere un mezzo in grado di accogliere tale complessità.
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