Sentiero Film Factory

‘It takes a village’: unite sopravviveremo

Un racconto breve sul valore della collettività. Uno spiraglio sulla resilienza femminile.

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Mariam vive in un villaggio armeno dove non ci sono uomini. Nel giorno del suo compleanno la speranza di veder tornare il marito a casa scompare nel tempo di una videochiamata. Ma deve mettere da parte i suoi sogni infranti e aiutare la sua amica Anush mentre si prepara a diventare madre.

It takes a village, cortometraggio della regista e produttrice armena Ophelia Harutyunyan è uno scorcio limpido sul valore umano della collettività nella sfumatura potente che acquisisce all’incontro con un mondo involontariamente al femminile.

In concorso al Sentiero Film Factory 2024.

Il detto dice “ci vuole un villaggio…

…per crescere un bambino”, ma ce ne vuole uno anche per farlo nascere e, forse, il villaggio come entità collettiva di supporto e sostegno è una necessità umana direttamente connessa a tutte le fasi della vita.

È questo quello che suggerisce It takes a village.

Isolate in una campagna senza uomini le donne protagoniste del racconto mostrano con semplicità la forza dello stare insieme per superare le avversità, tanto pratiche quanto emotive.

Solitudine,  malinconia, insoddisfazione, delusione e fatica diventano pesi più lievi se condivisi.

Abbracciate così dalla campagna armena e da arazzi variopinti le protagoniste lasciate padrone del loro villaggio si fanno forza vicendevolmente e, nonostante ancora legate al gioco forza patriarcale, trovano una reazione di quotidianità pratica e un coraggio collettivo.

Vicine di casa.

Regione misconosciuta e territorio multietnico, It takes a village mostra un Armenia contemporanea ma a noi lontana, ove gli uomini, scomparsi da anni per lavorare in Russia, sono ormai spettri ma ancora padroni del destino femminile tanto di Mariam come di tutte le sue vicine.

A questo presente sconsolato il cortometraggio reagisce con una fotografia dai colori delicati, volta a focalizzarsi sulla fiera bellezza delle protagoniste e su un contesto semplice e umile ma ricolmo di luce e incanto. Una musica accogliente e una recitazione posata ma conciliante che contribuiscono nella costruzione di una messa in scena essenziale ma sufficente al filo diretto del racconto: unite sopravviveremo.

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