Sono tanti, tantissimi, gli interrogativi del documentario La TV nel pozzo di Andrea Porporati, presentato alla decima edizione del Festival Internazionale del Documentario Visioni dal Mondo che si svolgerà a Milano da giovedì 12 a domenica 15 settembre 2024. Mille sguardi, un solo occhio nel pozzo.
La TV nel pozzo racconta l’incidente di Vermicino, un tragico evento che sconvolse tutta l’Italia il 10 giugno 1981, portando alla morte del piccolo Alfredo Rampi, conosciuto come Alfredino. Piuttosto che limitarsi alla cronaca degli eventi, il documentario si concentra sull’impatto mediatico della vicenda. Cambiamenti del mondo dell’informazione e impatti di quell’episodio mediaticamente terribile sono il cuore di questo attento e preciso lavoro. Un occhio spietato.
Le tante testimonianze e le diverse chiavi di lettura. Molti di noi c’erano
Le immagini, soprattutto di allora – attraverso la lente delle telecamere della Rai -, scorrono sullo schermo. Implacabili. Il simbolo della tragedia è la foto di un bambino sorridente con una maglietta a righe. Una foto recuperata in paese, tra i conoscenti della famiglia.
I telegiornali non parlavano d’altro ed era impossibile non sentire il nome di Alfredino, anche per strada. Quella tragedia è rimasta per molto tempo nelle menti e nei pensieri degli italiani, scalfendo anima e cuore, iniziando a far capire che il mondo poteva essere anche brutto. Un pensiero che è esattamente quello di Francesco Bianconi, cantautore, frontman dei Baustelle, che nel documentario di Porporati parla fra i numerosi e commossi testimoni.
Non ci troviamo di fronte al racconto della cronaca della storia di Alfredo Rampi, ma di fronte a chi l’ha raccontata, ossia ai media, che hanno fatto loro stessi la storia, trasformandola in un punto cardine della coscienza collettiva. Con i loro mezzi, i loro linguaggi, i loro errori.
Le inquadrature della sola telecamera dell’epoca – sono usate molte immagini d’archivio – sono ampie e di contesto: la folla, il campo, le persone ovunque, il panorama brullo e, a tratti, verde. Ad alternarsi, riprese ravvicinate dei testimoni che hanno preso parte a quel tragico evento e altre di spalle, impattanti, come il dialogo fra Badaloni ed altro collega giornalista che ricordano gli errori della tv. Non mancano i dettagli come quelli sulla fallimentare trivella che risale o su una televisione sempre accesa da cui si sente il commentatore in sottofondo. E poi i vocii. Mentre scorrono le immagini di repertorio del TG1 e TG2 e di famiglie incollate agli schermi. Tanti anche gli stralci di giornali.
Arriva allora la panoramica di interpreti. Nel film ci sono, infatti, Rocco Belvedere, ex soccorritore, lo scrittore Giuseppe Genna, il giornalista e scrittore Massimo Gamba, il giornalista ex conduttore TG1 Piero Badaloni, il regista Marco Pontecorvo, la scrittrice Arianna Lombardelli, le dirette di Pierluigi Camilli, giornalista ex inviato TG1. E ancora lo psicanalista, Daniele Biondo, presidente onorario del Centro Alfredo Rampi, il giornalista e scrittore Massimo Lugli. Pure l’arrivo dell’allora Presidente Sandro Pertini, poi la madre di Alfredino. Tutti intorno al pozzo, à una vera “storia italiana”.
Armi nuove
È l’inizio dell’estate del 1981, tempo di vacanze, dovrebbe esserci spensieratezza nell’aria. Invece sui giornali va in scena l’Italia degli inizi del nuovo decennio dove DC, Gladio, P2 e Brigate Rosse si confondono con i sogni di un’epoca spaziale delle nuove generazioni che hanno appena scoperto Jeeg Robot e i colorati e nuovi cartoni animati giapponesi. Anche Alfredino ha il suo eroe: Mazinga. A lui si richiama anche uno dei tanti soccorritori, che lo invita a essere come quel robot invincibile.
Ci sono però terribili nuove armi in giro: una sola telecamera che, in diretta, con un unico occhio, porta milioni di sguardi morbosamente curiosi verso quel buco profondo del pozzo, quella voragine nel ventre della terra. Tutto sprofonda lì, anche la coscienza e l’etica.
C’è poi la tecnologia, quella trivella che scava il tunnel che frantuma rocce provocando danno su danno. E ci sono l’incompetenza e l’inadeguatezza nella gestione della situazione, l’essere altamente impreparati, il caos organizzativo, l’assenza della politica, se non se non per la figura del presidente Pertini che si reca sul posto a consolare e, alla fine, ad essere vicino alla sempre presente e combattente madre di Alfredo, Franca.
Il sorpasso delle tv sui giornali
La diretta diventa senza fine, la gente, ogni minuto, resta incollata al teleschermo in attesa di un non lieto fine. Oltre tre giorni tra la scomparsa del piccolo a 36 metri sottoterra e la sua morte. Enrico Ghezzi ha definito quell’evento come “l’Hiroshima della televisione”. Fu anche colpa dei media se le cose andarono male, si disse allora.
E, intanto, la televisione sorpassava la carta stampata. Lei poteva esserci subito, senza attendere i tempi di un’impaginazione e di una rotativa, scattante, agile, veloce, fulminea. Poteva far indignare, sperare, osservare, criticare, parlare, pensare a una soluzione, condividere angoscia, speranze e partecipazione. Far sentire quella vocina che per un tempo infinito resterà nei pensieri di molti soccorritori. E l’occhio insisteva.
Fu quasi una “prova” della tv del dolore, in cui si scatenarono persino gli “odiatori”, specie contro la mamma di Alfredo perché non piangeva. Vero o falso? Gli albori delle fake news?
Alfredo o Alfredino? Persone o personaggi?
Intorno al pozzo c’è il mondo, si assiepano tutti curiosi e soccorritori, più o meno organizzati o improvvisati. L’Italia è sospesa, pietrificata. Le suggestioni sono profonde. Qualche commentatore, come Genna, suggerisce l’iconografia dl Cristo Crocifisso, con Maria/Franca unica donna ai piedi della croce. Non a caso la figura materna è onnipresente, il padre è sempre in secondo piano. Ci sono poi l’angelo soccorritore, la mamma e il presidente, il capitano che coordina le operazioni. Più che le persone ci sono i personaggi con il loro ruolo predefinito, in una messinscena tragica dove, alla fine, molte televisioni in bianco e nero finiscono alla rottamazione. Una speranza? forse il pubblico è deluso e vuole gettare via quello strumento infernale che non gli ha dato il lieto fine? No. Si acquistano apparecchi a colori, ora. Il mondo è cambiato. Inizia una nuova era. Non necessariamente migliore.
Dalla tragedia, una piccola e flebile luce: il Centro Alfredo Rampi
Da quel terribile anno, il Centro Alfredo Rampi Onlus è un’associazione di protezione civile, la prima in Italia, diventata punto di riferimento a livello nazionale nell’ambito della prevenzione e dell’educazione al rischio ambientale.
Da allora è impegnata in una serie di lotte per sensibilizzare cittadini e istituzioni sulla rilevanza dei temi legati alla sicurezza e alla protezione civile e per stimolare l’impegno nel campo della prevenzione e del soccorso.
Nel 2011, il Centro è stato insignito della Medaglia d’Oro da parte del Presidente della Repubblica, On. Giorgio Napolitano, come premio di rappresentanza in occasione dei suoi 30 anni di attività. Nel 2015, anche il Presidente Sergio Mattarella ha concesso una Medaglia d’Oro Presidenziale per l’iniziativa culturale “Premio Alfredo Rampi – Letteratura e Infanzia”. L’Associazione è riconosciuta dal Dipartimento Nazionale di Protezione Civile, dalla Regione Lazio e da Roma Capitale.