Ispirato all’omonimo romanzo pubblicato da Solferino, L’ orto americano racconta la storia di un giovane ragazzo con un passato tormentato e dalle forti ambizioni letterarie che, nella Bologna della Liberazione, si innamora perdutamente di un’infermiera dell’esercito americano, incontrata casualmente dal barbiere. Un solo scambio di sguardi lo fa cadere in una passione travolgente, trasformando la ragazza nella donna dei suoi sogni.
L’anno successivo, il giovane si trasferisce nel Midwest americano, ritrovandosi a vivere, casualmente, in una casa adiacente a quella della sua amata, separata soltanto da un orto misterioso e inquietante. Nella villa vive l’anziana madre della donna, disperata per la scomparsa della figlia, che non ha più dato notizie di sé dalla fine del conflitto. Da qui inizia una drammatica ricerca da parte del ragazzo, un’indagine carica di suspense e tensione, che lo porterà a confrontarsi con i suoi incubi più oscuri.
“La prima cosa che faccio, prima ancora di esplorare l’appartamento americano, è decidere dove posizionare la macchina da scrivere per avere vicinissime le foto dei miei morti[…]Sono i miei morti che mi suggeriscono le storie da raccontare. Almeno a Bologna era così. Li fissavo bene, a volte anche per un giorno, e poi, all’improvviso mi mettevo a scrivere, fulmineo”.
É ciò che afferma il protagonista all’inizio del film, svelando già in qualche modo un’anima tormentata da voci e fantasmi provenienti dal passato.
Cast e Produzione: un incontro di talenti
Il film vede un cast importante: con Filippo Scotti nel ruolo di Lui, ovvero il protagonista, Roberto De Francesco, Romano Reggiani e altri ancora. L’orto americano è una produzione di Duea Film e Minerva Pictures con Rai Cinema, prodotto da Antonio Avati, Gianluca Curti e Santo Versace, con il sostegno della Regione Emilia-Romagna attraverso l’Emilia-Romagna Film Commission. Il film verrà distribuito nelle sale da 01 Distribution.
“La storia che narro, anticipata dal romanzo omonimo pubblicato da Solferino, è anche ‘scorrettamente’ una storia d’amore. Una storia d’amore assoluta, dove l’impossibile diventa possibile, come in quel cinematografo che ho sempre amato”.
Così afferma il regista Pupi Avati, spiegando come il film sia anche un racconto d’amore oltre che un thriller gotico.
L’Orto Americano omaggia Alfred Hitchcock e il cinema noir americano
Pupi Avati, uno dei maestri indiscussi del cinema gotico italiano, ritorna con L’Orto Americano a esplorare i temi del mistero e della paura. La capacità di fondere l’ambientazione emiliana con quella dell’America rurale crea un’atmosfera unica e inquietante, dove il familiare si trasforma in sinistro.
“Il racconto gotico si svolge al concludersi della seconda guerra mondiale, vissuta sia nella provincia americana che nel Polesine, dove il ritrovamento di cadaveri di americani o inglesi rappresentò una lucrosa attività. E poi la scoperta del bianco e nero, di quello autentico[…] Non stavamo girando un film, finalmente stavamo facendo il cinema”.
Spiega il regista italiano, enfatizzando la sua visione artistica che fonde elementi storici con un’estetica cinematografica di grande impatto.
Il film si distingue per l’uso del bianco e nero e per la costruzione visiva che ricorda il cinema di Alfred Hitchcock, in particolare Psyco. Le scenografie, soprattutto quelle ambientate nel Midwest americano, evocano un senso di isolamento e pericolo imminente. Pupi Avati riesce a creare un mondo sospeso tra realtà e incubo, giocando con luci e ombre, e facendo emergere i temi del desiderio, dell’ossessione e della perdita.
Il film è un omaggio al gotico classico, con richiami espliciti alla tradizione cinematografica di Hitchcock, ma al contempo si rinnova con un tocco profondamente personale. Le atmosfere claustrofobiche, la tensione psicologica e l’intreccio tra amore e orrore fanno de L’Orto Americano un’opera che espande i confini del genere, offrendo agli spettatori una riflessione profonda sull’animo umano e i suoi tormenti.