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Euganea Film Festival

‘Where Zebus Speak French’: il duello di Davide e Golia

Un governo corrotto ed un popolo umile a confronto. Il duello è iniziato decenni fa quando la sacralità di una terra è stata calpestata

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Tra i titoli più attesi dell’Euganea Film Festival vi è una gemma cinematografica, un diamante grezzo di resilienza, virtù e tradizione.

Che lingua parla l’amore? E l’onore e la dignità, quale idioma comprendono?

Where Zebus Speak French è una pellicola liturgica del regista Lova Nantenaina; un’eco delle voci che, purtroppo, il dio denaro ha il potere di ammutolire.

Il Madagascar, come altre terre del continente nero, mostra le piaghe del colonialismo sui piedi del suo popolo . Le grida di vittoria, di perseveranza e i tesori degli antenati sono sepolti da polveri e stratagemmi di persone che non sanno custodire il retaggio e la sacralità di un paese.

Il documentario attraversa diversi anni: 2007, 2016, 2018, 2021 e 2022, come se stesse sfogliando le pagine di un album fotografico, le pagine di un libro il cui finale è prevedibile, rancoroso, ma non per questo arrendevole.

Lova Nantenaina: la lotta dei cittadini malgasci contro la corruzione e l’oppressione

La lente d’ingrandimento si posa sul contadino Jean-Louis, detto Ly, coltivatore di riso di Sitabaomba, nel cuore degli agricoltori di Antananarivo, capitale del paese. Ly si fa portavoce dell’impotenza della gente che, anno dopo anno, viene privata dei suoi possedimenti agricoli e ostacolata nell’esercizio delle sue attività per favorire il cosiddetto “sviluppo urbano”. Le terre che gli abitanti del villaggio coltivano da più di cinquant’anni, nella speranza di acquisirne legalmente la proprietà, sono state sottratte e trasformate in quartieri di lusso attraverso marchingegni meschini. Progetti edilizi, colonnelli, multinazionali, lo Stato e le sue violazioni, distese di risaie, eserciti, bambini e opere d’arte tradizionali sono i protagonisti di questo racconto di resilienza.

Where Zebus Speak French è un manifesto di denuncia, sagace nella sua capacità di informare e risvegliare una coscienza umana attraverso l’intrattenimento.

Il Madagascar ha preso in prestito le usanze e la lingua di altri quando diverse nazioni europee hanno deciso di imporre il colonialismo. Un debito che non sembra voler essere estinto, secondo l’interpretazione di Where Zebus Speak French. Più i malgasci si agguerriscono per preservare la loro identità, più le figure al potere attribuiscono un prezzo a qualcosa di inestimabile: la vita.

“Ci sono ancora dei popoli in cui non vi è alcuna eredità alcuna per i propri figli, nessuna proprietà oltre la vita stessa”.

Il regista fa sedere lo spettatore in prima fila davanti a un duello secolare quanto fatale: il cuore del popolo contro l’avidità dei capi di Stato.

Avido e vizioso come Caino

Il governo sacrifica i terreni dei cittadini per arricchire le proprie tasche e quelle degli impresari asiatici che non hanno coscienza di quanto una firma su un pezzo di carta possa essere potente. Come un “Abele” fedele, Ly è la personificazione dell’archetipo letterario del “giusto sofferente”. In lui, il regista consacra un interrogativo esistenziale: perché l’onesto deve espiare l’ira di un’umanità in decadenza? Perché il retto deve soffrire?

“Chi possiede una pistola? Chi ha una spada? Chi è intelligente? Chi è ricco? Chi possiede la forza? Chi possiede la terra? Tutto ci appartiene”.

Lova Nantenaina introduce un espediente narrativo brioso e insolito per accostare un tema tanto oneroso. Le vicissitudini inquadrate dalla telecamera si intrecciano con animazioni, illustrazioni e la lirica di cantastorie d’eccezione: la marionetta e il kabary. Quest’ultima è l’arte oratoria malgascia – un eloquio poetico pronunciato di fronte a un’audience, un discorso barocco strutturato in proverbi, massime, figure retoriche e giochi di parole.

Così l’attrice Claudia Tagbo grazia il documentario con una narrazione sofisticata e beffarda, che traduce in metafore pezzi di vita. Questa narratrice onnisciente costruisce sull’umorismo critiche eleganti ma pungenti.

Il professore Kwesi Kwaa Prahs disse: “Nessun Paese può progredire sulla base di una lingua presa in prestito. Le lingue europee non possono essere le sole lingue dello sviluppo africano. […] Finché gli africani dovranno usare lingue che non sono le loro, non si farà mai alcun progresso. 

Where Zebus Speak French è un titolo potente, vorace nella sua protesta.

Gli zebus sono gli animali nativi adottati dai malgasci per lavorare i campi. Nonostante nel paese sia più diffuso l’uso del dialetto, è pratica comune usare il francese per impartire ordini ai buoi. Può sembrare effimero, ma il titolo del film riesce a riepilogare una tenace vulnerabilità. Laddove il francese risuona per molti soave, come la lingua dell’amore per eccellenza, in Madagascar rimane confinata alla lingua della colonizzazione, legata a costrutti di sottomissione, ubbidienza, dominio e autorità. Il malgascio, invece, rappresenta la dolcezza, l’amore e il rispetto incarnati dai cittadini.

Forse il popolo malgascio si sente oppresso e conquistato dal governo tanto quanto gli zebus sono proprietà dei loro pastori. Gli abitanti vogliono nutrire il proprio animo, ma vengono sfruttati nella ricchezza delle loro terre e abbandonati senza pietà. Sfruttati nella loro forza lavoro, senza alcuna considerazione, proprio come gli zebus. Nel vertice della francofonia, la massa adotta la forma artistica del kabary come appello e timbro identitario che sancisce la sacralità delle proprie origini, anche a livello linguistico. Quest’arte oratoria mantiene con perseveranza un distacco emotivo dalla schiavitù.

“Non dimenticare la storia dei nostri antenati. La storia della nostra terra che pensavamo fosse inesauribile. Guardatela divorata dai coccodrilli. Guardala, ha bisogno di essere liberata, guardala, la nostra terra sofferente” 

La trama di questa battaglia è rappresentata con astuzia da performance teatrali rustiche, messe in scena da un gruppo di bambini. La particolarità? I bambini non sono gli attori dello spettacolo. Sono pietre truccate e marionette a rappresentare i personaggi di questo scontro, che gli adulti stanno originando, dando vita a un’allegoria affabile. Una chiave di narrazione tenera per delle verità tanto miserabili. Così, tra il candore dell’infanzia e i toni satirici della voce narrante, Where Zebus Speak French strappa risate dalle ingiustizie, documenta la disperazione senza commiserazione o pietà, solo resilienza.

“Dovremmo essere come l’albero di banane, che produce frutti dolci alla fine della sua vita. Dovremmo essere come le api, che lasciano il miele prima di morire”.

In questo racconto dal retrogusto biblico, tanto crudo quanto mitologico, chissà se il popolo malgascio sarà annientato come Abele dall’ingordigia di politici immondi e viziosi. Chissà se, invece, con fede e coraggio, sarà destinato a trionfare come Davide contro un nemico temibile, non Golia, ma il governo.

“Se l’anima è affamata il corpo è perduto”.

Where Zebus Speak French (Sitabaomba, chez les zébus francophones)

  • Anno: 2023
  • Durata: 103 minuti
  • Genere: documentario
  • Nazionalita: Burkina Faso, Francia, Germania, Madagascar
  • Regia: Nantenaina Lova

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