Presentato al Festival di Venezia, nella sezione Fuori Concorso, Phantosmia è l’ultimo film diretto da Lav Diaz. L’opera, come le precedenti dell’autore, è girata interamente nelle Filippine. Tra gli interpreti principali: Ronnie Lazaro, Janine Gutierrez, Paul Jake Paule e Hazel Orencio.
Phantosmia Sinossi
Phantosmia racconta del peculiare problema olfattivo di un ex militare, Hilarion Zabala. L’uomo soffre di fantosmia, ovvero la percezione continua di un odore non effettivamente presente nei dintorni. Dopo una serie di visite mediche, il protagonista comprende che la malattia è molto probabilmente dovuta a un trauma profondo causato dall’interfacciarsi continuamente con la morte nel corso della sua precedente carriera. Per provare a curarlo gli viene proposto di ripercorrere i suoi passi e tornare al suo impiego da militare. Verrà quindi assegnato alla colonia penale dell’isola di Pulo, dove si troverà diviso tra i suoi doveri e la tragica realtà di un gruppo di abitanti della zona.
Le scelte di linguaggio
Esteticamente, Phantosmia si dimostra in continuità con lo stile che da anni ha contraddistinto le opere di Lav Diaz. La fotografia è in bianco e nero e cerca di mostrare con estrema nitidezza le situazioni messe in scena e, soprattutto, gli elementi naturali. Le scene procedono attraverso l’alternarsi di lunghe inquadrature fisse, che si pongono come uno specchio sulla realtà della narrazione, focalizzando l’attenzione dello spettatore su di essa. L’espressività delle sequenze, di conseguenza, proviene principalmente dal modo in cui è orchestrata la messa in scena all’interno dei limiti del campo. L’approccio, quindi, è estremamente sincero nella sua volontà di allontanarsi dalle falsificazioni proprie della struttura convenzionale di una scena.
La durata
La durata delle singole inquadrature, tuttavia, se confrontata con alcune delle opere precedenti dell’autore, risulta in molti casi più breve. Il film risulta così più accessibile, anche a causa della sua struttura narrativa piuttosto classica. Il linguaggio particolare conduce lo spettatore a reinterpretare il ruolo degli stacchi, che, nella maggior parte dei casi, abbandonano il loro ruolo di struttura di senso che evidenzia i legami tra due punti macchina consecutivi, e diventano, semplicemente, mezzi per spostare il punto di vista su una situazione, quando necessario, o evidenziare una variazione di tempo o di spazio.
In alcuni momenti, ciò porta alla necessaria rottura di classiche regole cinematografiche. Uno scavalcamento di campo, per esempio, è giustificato in quanto il focus sul movimento interno all’inquadratura, data la sua ingente durata, necessita di un punto di vista chiaro sulla situazione, ricercato anche quando potrebbe creare un certo senso di discontinuità.
Conseguenza dell’estrema lentezza del ritmo è la dilatazione della durata del film, tipico del linguaggio di Lav Diaz; Phantosmia dura, infatti, quattro ore. Se in relazione al resto della filmografia dell’autore potrebbe sembrare poco, è necessario però rilevare che, in questo caso, i tempi non sembrano del tutto consoni alla vicenda narrata, al contrario di quello che avveniva con opere precedenti quali Melancholia o Evolution of a Filipino Family, il cui contenuto di senso risultava ampiamente arricchito dalla durata.
Il trauma della violenza
Al centro di Phantosmia c’è una profonda riflessione sull’uccidere. La morte causata dal protagonista, indirettamente e direttamente, si rivela come un ingente peso che dovrà portare sulle spalle e che lo condurrà a un continuo interrogarsi, spesso anche indiretto, sull’eticità delle sue azioni. Da questo punto di vista, la scelta di concretizzare il trauma attraverso uno sgradevole odore fantasma, invisibile ma sempre presente, dal quale il soggetto cerca continuamente di schermarsi (con la sempre presente benda sul naso), risulta estremamente efficace e funzionale.
L’evoluzione della psicologia del personaggio è messa in evidenza dal costante utilizzo di flashback che raccontano la sua giovinezza, che si alternano al tempo della narrazione senza soluzione di continuità. Questi mostrano la violenza come frutto di un condizionamento che ha origine all’interno dell’ecosistema famigliare e che si sviluppa ulteriormente in un sistema sociale più ampio. Che si concretizza, in questo caso, nell’ambiente militare all’interno del quale si svolge l’impiego del protagonista. In questo senso, come in molte altre opere dell’autore, la ricerca parte dal particolare, e quindi dall’interiorità dei soggetti e sviluppa, a partire dal loro rapporto con l’ambiente che li circonda, un valore sociale e politico.
Nel complesso Phantosmia si pone in continuità con il resto della filmografia di Lav Diaz e costituisce una visione stimolante e significativa, non solo per coloro che già conoscono e apprezzano le opere dell’autore filippino. La semplicità della narrazione rivela una profondità che è da ricercarsi, più che nel susseguirsi delle situazioni, nell’invisibile moto dell’animo del suo protagonista in relazione a ciò che lo circonda. Seppur imperfetto, il film risulta comunque ampiamente riuscito e consigliato a un pubblico che abbia la volontà di mettersi in discussione.