Giornate degli Autori

‘Vakhim’ – un viaggio tra identità e ricordi

Il documentario a cura di Francesca Pirani

Published

on

In occasione della XXI edizione delle Giornate degli autori, rassegna autonoma all’interno della mostra del cinema di Venezia, viene presentato in anteprima il documentario Vakhim, della regista Francesca Pirani.

L’autrice dei precedenti Beo e D’Annunzio, l’uomo che inventò se stesso, torna questa volta con una storia molto più personale e intima, basata sulla sua esperienza di madre e su quella del figlio adottivo Vakhim.

Il risultato è un documentario dolce e intimo, che riflette sui concetti di famiglia, identità e memoria.

Vakim La trama

Adottato in Cambogia a quattro anni, Vakhim arriva in Italia nel 2008. Parla solo khmer e tutto intorno a lui è diverso da come l’ha sempre conosciuto.

Le cose da imparare sono tante, forse troppe per un bambino della sua età. In poco tempo i ricordi del passato cambogiano si dileguano per fare spazio a quelli della nuova realtà. La lingua italiana prende il posto dello Khmer e rimanere saldi alla propria origine diventa sempre più difficile.

Divenuto adulto però, Vakhim e la sorella Maklin decidono di riscoprire almeno in parte le loro origini, intraprendendo un viaggio attraverso i resti dimenticati della loro vita passata.

Il documentario tra tecnica e racconto

Vakhim è un documentario che, proprio come il suo protagonista, è composto da una duplice identità.

La prima è quella del diario di viaggio, per lo più immagini di repertorio girate dalla regista stessa. Queste parti coprono l’adozione e la crescita di Vakhim, ma anche il viaggio in Cambogia da adulto e la produzione del documentario stesso.

La seconda anima è invece quella dei ricordi di Vakhim e Maklin, ricostruiti in Cambogia grazie ad attori amatoriali e con tecniche più cinematografiche.

Fa da collante tra queste due personalità così diverse la voce della stessa regista Francesca Pirani, che riesce con le sue parole a dare continuità a una narrazione altrimenti volutamente frammentata, non lineare, proprio come lo è sempre il tentativo di ricostruire il passato attraverso i ricordi.

In una sovrapposizione continua tra realtà e finzione dichiarata, la regista riesce a rendere l’atto di girare il documentario parte integrante della storia che ci racconta, portandoci a essere compagni del viaggio in quanto spettatori.

Il risultato di questa commistione di piani narrativi e tecniche linguistiche è quello di avvolgerci completamente nella storia di Vakhim, quasi andando a metterci nella privilegiata posizione di spettatrice che Francesca Pirani ha avuto come madre adottiva.

La fragile potenza dei ricordi

Ogni individuo è definito dai suoi ricordi, ma in parte anche da ciò che ha dimenticato. È proprio su questo flebile equilibrio che Francesca Pirani ha costruito il suo documentario, in quella zona d’ombra dove si annidano i ricordi non più nostri ma nemmeno completamente perduti.

Il conflitto tra le memorie della vita passata e quelle della vita presente di Vakhim rappresenta uno scontro identitario impossibile da arrestare. Un sacrificio naturale che la memoria fa senza chiedere il permesso. Ecco quindi che la memoria diventa strumento di preservazione, ma anche di protezione. Struttura fondamentale e insostituibile per la definizione del proprio Sé.

Francesca Pirani riflette su questo concetto e lo traspone nel linguaggio stesso del documentario. Ridà vita ai ricordi che Vakhim ha perduto, alternando immagini di finzione a riprese reali senza conflitto, in un equilibrio che risiede proprio nel loro essere solo ricordi.

Il video diario finisce per rappresentare la realtà dei fatti, concreti e inattaccabili; mentre le scene ricostruite sono ciò in cui vogliamo credere. Immagini di ricordi che potrebbero essere reali o no, ma che in ogni caso hanno avuto un peso reale e innegabile sui protagonisti della vicenda.

La famiglia in senso allargato

Come ci si potrebbe aspettare, Vakhim è un documentario che pone al centro del suo racconto anche una riflessione sul senso di famiglia al di là della sua accezione più classica.

Il viaggio di Vakhim e Maklin non è solo una riscoperta dei ricordi, ma anche un ampliamento delle loro relazioni e delle loro connessioni. Mano a mano che approfondiamo la loro storia è evidente come l’amore diventi un filo conduttore che unisce anche indirettamente le persone intorno a noi.

Adottando Vakhim, i suoi genitori finiscono per acquisire anche l’affetto verso la sorella Maklin, adottata a sua volta da un’altra famiglia che s’interseca e amplia con la prima. Ed ecco che in un effetto domino inaspettato diverse famiglie italiane intrecciano rapporti emotivi con una cambogiana, contribuendo a riscoprire e creare ricordi che cambieranno la loro vita per sempre.

É l’esempio concreto e inattaccabile di un concetto di famiglia che non è formato solo da legami di sangue, ma anche dall’amore genitoriale, dalla condivisione e dalla scelta. Una rappresentazione di come i sentimenti siano contagiosi e inarrestabili, capaci di unirci anche a persone di cui non ricordiamo nulla o che non abbiamo mai incontrato. Una famiglia che va oltre qualsiasi semplicistico ragionamento politico o sociale.

Conclusione

Vakhim è un documentario emotivamente travolgente. Pur raccontando una storia più unica che rara, le emozioni e i temi che ne compongono il cuore pulsante sono talmente universali da arrivare allo spettatore con forza e spontaneità.

Sarà facile farsi avvolgere dalla voce di Francesca Pirani e dalla storia di Vakhim e Maklin, così come lo sarà emozionarsi con loro e ritrovarsi a provare genuina felicità di fronte al loro viaggio.

Exit mobile version