Nella carriera di Kevin Costner c’è un filo rosso che la percorre: l’attenzione per il cinema western e la tematica del rapporto con i nativi americani. L’approccio di Costner è tutt’altro che scontato e ha subito variazioni, riscontrando nuove sfumature nel tempo. Racconta la dualità del mito della frontiera, oscillando tra il dolore del genocidio degli indiani e la forza del sogno americano.
Kevin Costner e Balla coi lupi: revisionismo del mito della frontiera e rinascita del western
Con l’insuccesso nel 1980 de I cancelli del cielo di Michael Cimino, il cinema western hollywoodiano era giunto a una fase di stallo. Nel 1990 fu proprio Balla coi lupi, diretto e interpretato da Kevin Costner, a riportare nuova linfa al genere e a sancirne un vero rinnovamento, con un radicale cambio di prospettiva rispetto al cinema classico americano. Costner rovescia il punto di vista e accoglie le istanze dei nativi americani: è giunto il momento propizio per recuperare il mito del buon selvaggio di Rousseau e inserirlo nell’immaginario del western. Lo spirito new age irrompe nella narrazione del mito della frontiera, e natura, animali e indiani divengono spiriti guida per giungere alla vera conquista del sé. Infatti, in Balla coi lupi, il conseguimento cosciente della propria reale identità passa per l’incontro con il diverso, l’altro da sé. Sono gli indiani e gli animali a portare il protagonista, John Dunbar, alla conoscenza del suo Io più profondo e autentico, facendogli assaporare un nuovo modo di sentire la vita e percepire il mondo: una sensibilità che era dentro di lui, ma che solo attraverso l’incontro con la diversità riesce a emergere. Il rinnovamento esistenziale di John coincide con quello cinematografico del western. Il dolore del genocidio indiano viene finalmente raccontato, il mito della frontiera revisionato.
L’importanza della comunicazione in Balla coi Lupi: trovare un linguaggio comune tra popoli
Come avviene questo incontro con il diverso? Qual è la modalità? Il linguaggio, la comunicazione. I due popoli parlano lingue diverse, rappresentano un’umanità frammentata e in guerra, quella della Torre di Babele. L’unico modo per stabilire una connessione è trovare un dialogo e iniziare a comprendersi. Il vero miracolo è quello della comunicazione tra diversità. Quando gli uomini non sono presi dal proprio ego e pregiudizi, possono aprirsi all’altro e sperimentare la bellezza della conoscenza e dell’armonia. Dunque, Balla coi lupi è anche un film sulla comunicazione tra mondi diversi, sulla ricerca di un linguaggio comune, un po’ come in ambito fantascientifico molto più tardi Arrival.
È anche un’esaltazione dell’animalità che è nel nostro cuore, in quanto creature del mondo, figlie della natura.

Kevin Costner e Graham Greene in una scena del dramma western di Balla coi lupi tratto dal romanzo omonimo di Michael Blake.
Horizon: patriottismo e il rispetto per la storia dei nativi americani secondo Kevin Costner
Con la saga di Horizon, abbiamo un recupero della classicità americana, esaltando il patriottismo e nazionalismo senza tuttavia rinnegare i valori di Balla coi lupi. Una complessità i cui semi erano stati già avanzati proprio in quest’ultimo. Costner descrive sempre una doppia realtà indiana, una duplice faccia. Tra di loro ci sono i buoni, che in Balla coi lupi erano l’intero popolo dei Sioux, ma anche singoli indigeni o clan violenti e sanguinari. Non cede alla completa idealizzazione, come hanno fatto altri sulla sua scia. Ci sono sfumature che trascendono la parabola del buon selvaggio.
Con Horizon: An American Saga – Capitolo 1 si ha una ripartizione delle responsabilità e delle colpe. Le istanze degli indigeni continuano a essere valorizzate, ma stavolta il focus è sul sogno americano, narrato con lirismo ed epicità. Sono raccontate le speranze e le tragedie vissute dai coloni americani, la Guerra Civile Americana e gli scontri con i nativi più violenti. Come quella degli indigeni, anche la narrazione dei bianchi è orientata a una voluta divisione in stereotipi, in personaggi dalla psicologia solo accennata e in buoni e cattivi. E di bianchi cattivi in Horizon ce ne sono, ma a differenza di Balla coi lupi, dove a parte il protagonista i bianchi erano tendenzialmente meschini e crudeli, in Horizon spiccano anche personaggi virtuosi ed esemplari.
È come se il cinema di Kevin Costner vivesse di archetipi e figure simboliche, non richiedendo un’analisi tridimensionale sempre ampiamente approfondita, ma servendosi della loro intrinseca forza evocativa.
Idillio e malinconia nel cinema western di Kevin Costner
Se in Balla coi lupi la dimensione di idillio era riservata all’incontro con le tribù indigene e con gli animali, in Horizon riguarda i coloni e il sogno americano. Nel cinema di Costner c’è sempre un sottofondo di malinconia e nostalgia per una condizione di armonia esistenziale che rischia di essere spezzata da un momento all’altro, tanto bella quanto fragile, vittima della crudeltà umana.
L’etica e l’omaggio al cinema classico americano in Horizon
Il racconto delle origini degli Stati Uniti d’America come li conosciamo procede di pari passo con un’elaborazione delle radici del cinema classico americano (Griffith, Ford) e una sua rivitalizzazione. Sempre rispettando gli indiani, ma marcando nuove aree di movimento. È come se Costner avesse sentito un’urgenza di allontanarsi dall’approccio new age del buon selvaggio e abbracciare una narrazione più cruda dei conflitti con gli indiani e al contempo mostrarsi più benevolo ed empatico verso l’americanità.
Simbolico del discorso portato avanti da Balla coi lupi ad oggi, è quel bastone conficcato a forza su un terreno dove dimora un formicaio nella prima sequenza di Horizon: An America Saga – Capitolo 1: molti americani colonizzavano e abitavano terre nell’ignoranza e nell’ingenuità, ma questo perché non volevano vedere l’evidenza, ovvero che usurpavano aree non loro, si insediavano in ciò che non gli apparteneva, incuranti di chi ritenevano inferiori, cercando di costruire un proprio personale angolo di paradiso. Una nuova civiltà basata sullo sfruttamento di risorse e persone. Nonostante lo spirito patriottico che emerge spesso e volentieri, anche in Horizon Kevin Costner mantiene dunque le sue promesse di una narrazione etica e forse, più che in Balla coi lupi, neutra e oltre le parti.
Horizon : An American Saga – Capitolo 2, un futuro incerto
Il secondo capitolo della colossale saga western di Kevin Costner verrà presentato fuori concorso in chiusura alla 81esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Non vi è ancora una data per Horizon: An American Saga – Capitolo 2 nè una distribuzione. Uscito in Italia il 4 luglio 2024, il Capitolo 1 ha rappresentato un vero e proprio flop, con tanto di ritiro anticipato dalle sale. Horizon 2 sarebbe dovuto approdare nei cinema il 14 agosto, ma in seguuto al fallimento al botteghino del primo capitolo vi è stato un radicale cambio di strategia, optando per favorire l’uscita in streaming di Horizon – Capitolo 1 e posticipare l’arrivo nelle sale del Capitolo 2. Insomma non vi sono certezze al momento per quanto concerne il destino di Horizon – An American Saga Capitolo 2, ma speriamo davvero di avere la possibilità di vederlo in sala come un film di questa portata meriterebbe senza dubbio. Ricordiamo che il progetto di Kevin Costner di realizzare questa saga western prevede quattro film da più di tre ore ciascuno, legati da storie e personaggi comuni.
Terra di confine – Open Range: il ritorno del cowboy guerriero nel cinema di Costner
Tra Balla coi lupi e Horizon va segnalata la regia e interpretazione di Terra di confine – Open Range del 2003. Quattro mandriani cowboy vagano liberamente con i propri animali per le immense praterie del West, fino a quando non si imbattono nel dominio crudele del proprietario di un ranch e decidono di portare giustizia.
Questo film non è incentrato come gli altri sulla presenza dei nativi americani, ma è comunque una summa degli ideali di pace e giustizia di Costner. I quattro cowboy vivono in una dimensione bucolica idealizzata in piena sinergia con la natura e la saggezza della terra. In particolare, il film si concentra sul duo Robert Duvall – Kevin Costner, amici indivisibili ma cowboy solitari nell’affrontare i propri fantasmi e i tormenti dei propri sensi di colpa. Come per il protagonista di Balla coi lupi, qui vi è una tridimensionalità molto maggiore rispetto alla maggior parte dei personaggi dei film di Costner, che hanno un loro spessore ma rappresentano più delle simbologie, o la cui storia è solo accennata senza arrivare in profondità. Torna la figura del cowboy/soldato, che era presente anche in Balla coi lupi e che avremo in Horizon, un individuo che cerca una nuova vita di rettitudine e riscatto morale, vivendo in contesti per lo più solitari a contatto con la natura e gli animali, cercando di guarire o ignorare le proprie ferite interiori e accogliendo, quando necessario, missioni pericolose per difendere i giusti. Questa figura tenta in una prima fase di fungere da mediatore tra realtà differenti, ma quando viene rifiutata e attaccata dalla parte più violenta passa essa stessa all’uso della forza per difendere i giusti.
Yellowstone: il western moderno secondo Kevin Costner
Restando sul tema del guerriero portatore di giustizia e verità, in questo caso grazie a un legame profondo con le popolazioni autoctone e a una spiccata sensibilità, nella serie TV Yellowstone, che Costner interpreta soltanto, vi è lo stesso tipo di personaggio nel ruolo di Kayce Dutton, ex soldato cowboy che ha abbracciato e sposato la cultura indigena, fallendo nel mediare tra la propria famiglia di bianchi e la sua nuova casa. Una mediazione, se vogliamo, ancora più complicata quella di Yellowstone, perché ambientata nella contemporaneità, con tutte le logiche di potere e intrighi sofisticati che ne conseguono.
Il cinema western di Kevin Costner: giustizia e redenzione
Pertanto, Kevin Costner, attingendo ad archetipi e figure ricorrenti, crea un cinema western in continuo mutamento, con sfumature sempre nuove, ma restando sempre fedele ai suoi ideali di giustizia e redenzione. È stato il primo a creare una narrazione positiva e lirica degli indiani d’America con Balla coi lupi, esaltando poi in Terra di confine valori rurali e di moralità e decidendo di affrontare con Horizon un’epopea su cosa significa essere americani.