Il documentario Radiohead – Soundtrack for a Revolution, scritto e diretto da Benjamin Clavel, e disponibile su Raiplay, si concentra sulla rilevanza politica e sociale dell’opera della band guidata da Thom Yorke.
La politica dei Radiohead
Radiohead – Soundtrack for a Revolution raggiunge il suo obiettivo: approfondire e raccontare i Radiohead anche a uno spettatore non appassionato. Tuttavia, non ci si concentra sulle origini della band, sulla loro storia, sui loro successi anno dopo anno. Non è un documentario biografico. Si contestualizza quanto basta, senza uscire dal tracciato delle domande di partenza: qual è il peso dei Radiohead dal punto di vista sociale? In che senso va letto il loro impegno politico?
Per l’argomento, vasto, dati i quarant’anni di carriera alle spalle della band, sarebbe stato facile incappare in un errore non banale: perdersi. Ma Clavel sceglie di cosa parlare e individua i momenti migliori per raccontare questo aspetto, attento a non andare fuori tema, e dimostrando un’ottima progettazione e un ottimo lavoro in fase di scrittura. Buon utilizzo anche delle immagini e (ovviamente) delle musiche, con spiegazioni a tutto tondo non solo di testi e melodie, ma anche dei videoclip e delle scelte commerciali.
La tesi di Radiohead – Soundtrack for a Revolution
Si parla del periodo di maggior successo e innovazione della band, in tutti i settori: artistico, commerciale, sociale. Ma Radiohead – Soundtrack for a Revolution non è un documentario celebrativo. Clavel vuole portare avanti una tesi, grazie agli interventi di numerosi esperti del settore, montati e accostati per restituire la complessità del tema. Gli studiosi non sono sempre d’accordo e non si limitano a descrivere i fatti dal punto di vista storico. Li interpretano. Creano una discussione da cui, alla fine, emerge la lettura del documentario. Un esempio è il riferimento a Trump (fatto da uno degli studiosi) e al fenomeno del populismo, messo in relazione alle riflessioni portate avanti dai Radiohead riguardo le situazioni politiche di Regno Unito e Stati Uniti nei primi anni Duemila.
Unendo questi punti di vista diversi, Radiohead – Soundtrack for a Revolution rilegge e attualizza i vari lavori artistici della band per descrivere il loro impegno politico. Con paragoni alle filosofie di Noam Chomsky e Naomi Klein o ad opere culturali di diverso tipo, come Fight Club o 1984, la lettura finale è articolata e argomentata in una spiegazione che ha molti risvolti nel presente. Senza farli passare per dei profeti, Clavel valorizza i lavori del gruppo per il pensiero che contengono, per ciò che vogliono trasmettere al pubblico della nostra epoca.
Il documentario vuole dimostrare proprio questo. L’importanza della filosofia espressa dai Radiohead, non del loro attivismo – presente, ma limitato, in quanto le idee della band tendevano ad un nichilismo pessimista. Nichilismo in grado, però, di destare delle coscienze: in questo risiede la rivoluzione del titolo. Radiohead – Soundtrack for a Revolution sottolinea come il gruppo, con Thom Yorke in prima linea, non si sia mai sentito in dovere di cambiare il mondo, bensì di cambiare le persone. In questo risiede l’impegno politico della band: parlare alla gente.
Radiohead – Soundtrack for a Revolution, scegliendo un aspetto particolare riguardo la carriera della band, espone una tesi. Interpreta questa componente e la racconta secondo un punto di vista preciso. Prende posizione, dimostrandosi, alla fine, un documentario politico.