Si intitola Bosco Grande, ma si legge Sergio. Bosco Grande, il documentario diretto da Giuseppe Schillaci in concorso al RIDF.
Bosco grande – RIDF
Un documentario sul valore della vita, sulla forza e sul peso che ogni esistenza ha.
Qui per leggere l’intervista al regista Giuseppe Schillaci
La sinossi di Bosco Grande
Sergione, tatuatore cinquantenne di 260 chilogrammi, ha vissuto tutta la vita a Palermo, nel quartiere popolare di Bosco Grande. È uno dei punk leggendari della città, in rivolta contro la cultura borghese e mafiosa degli anni Ottanta. Trent’anni dopo, Sergio è ancora là: seduto davanti alla porta della casa materna, a bere e scherzare con gli amici del quartiere. (Fonte: Giornate degli autori)

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La recensione
Bosco Grande è un luogo, ma è anche tutta la vita di Sergio. Dalla sua attitudine, alla sua gioia di vivere, dal suo essere un unicum al suo amore per il canto e la musica tutto Bosco grande parla di lui e con lui.
Una figura imprescindibile che è una continua scoperta, non solo per le persone che lo conoscono da sempre, prima come punk, poi come tatuatore e poi semplicemente come Sergio. Insieme a lui lo stesso regista si lascia trasportare in un mondo a misura di Sergio.
Quello che sembra essere una figura mitica, è in realtà un amico di sempre, non solo per chi gli sta intorno, ma anche per chi guarda il documentario e conosce per la prima volta questa imponente e immane figura, quasi completamente immobile, ma ancora con un’energia da far invidia a chiunque.
Bosco Grande e il suo Sergio: memoria e origine
Quello che il regista fa con il suo Bosco Grande è anche un profondo lavoro metaforico. Attraverso la vita, anche un po’ sopra le righe, di Sergio, racconta una Palermo ben precisa. Una Palermo sconosciuta, quasi mitica. Ma anche una Palermo come metafora della memoria e come simbolo di un amore corrisposto che richiama la questione dell’origine.
Un film, per certi aspetti universale, che non ha mai paura di osare e non si tira indietro, nemmeno nei momenti più bui, mostrando ogni sfaccettatura, positiva o negativa, del protagonista e di chi gli sta intorno.

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Un antieroe prima narratore e poi protagonista
Un po’ per la stazza, un po’ per il grande carisma, Sergio è centrale in Bosco Grande non soltanto perché è il protagonista. Ne è il fulcro a tutti gli effetti, tutto ruota attorno a lui e tutto sembra spengersi quando non è in scena.
Ma proprio per le sue vicissitudini, il suo passato e il suo presente Sergio è un antieroe, un eroe tragico e anche autodistruttivo. Nonostante ciò, però, riesce, come un magnete, ad attrarre chiunque.
E se inizialmente può distrarre la sua presenza e possenza, con l’andare avanti della storia ci si abitua al suo essere e si entra maggiormente in sintonia con lui. Non è un caso, infatti, che la prima parte del documentario sia più generica e cerchi di raccontare, sempre attraverso le parole, i ricordi e le gesta di Sergio, una Palermo che, in parte, forse, non esiste più, mentre la seconda sia più personale, più vicina e meno generica. Come se Bosco Grande fosse diviso in due capitoli: un primo capitolo nel quale Sergio è il narratore e un secondo capitolo nel quale Sergio è protagonista a tutti gli effetti, con la propria vita, le proprie decisioni, il proprio corpo.
Tra musica e ricordi di un passato, però, mai dimenticato Sergio si racconta direttamente con chi lo riprende, parlandoci come si parla a un amico, dimenticando di essere il soggetto di un film perché quel Bosco grande è e sarà sempre (parte di) lui.
Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli