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‘Anywhere Anytime’, un’odissea alla ricerca della bicicletta rubata

Issa, immigrato irregolare, lavora come rider a Torino, sino al giorno in cui non gli rubano la bicicletta

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Anywhere Anytime, opera prima del regista iraniano Milad Tangshir, torinese di adozione, presentato in concorso alla 39ª Settimana Internazionale della Critica, rassegna parallela alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia,è ora nelle sale italiane.

Ladri di biciclette nella periferia torinese

Scritto dallo stesso regista insieme a Daniele Gaglianone (che si era già occupato di migranti nel suo Dove bisogna stare) e Giaime Alonge, il film è interamente girato a Torino (tranne per il breve finale), per lo più fra la zona di Porta Palazzo e la periferica Barriera di Milano.

Sono i luoghi in cui si muove Issa, il protagonista interpretato dal giovane Ibrahima Sambou, un giovane africano irregolare che lavora fra i banchi di frutta e verdura di Porta Palazzo, il mercato all’aperto più grande d’Europa.

Il giorno in cui Issa ritrova licenziato a causa della sua condizione di irregolare, l’amico senegalese Mario (Moussa Dicko Diango) lo aiuta dandogli la somma per l’acquisto di una bicicletta di seconda mano e convincendolo a diventare un rider prestandogli la propria identità.

A Issa sembra di rinascere e avere una speranza per migliorare la sua condizione, sino a quando un ladro gli ruba la bicicletta lasciata incustodita durante una consegna. Inizia così per Issa un vagabondaggio per le vie della città alla disperata ricerca della sua bicicletta. Un’odissea che lo condurrà a una drammatica evoluzione della sua storia.

Uomini che cercano un posto nella nostra società, ovunque e sempre, con dignità

Anywhere Anytime ha molti punti di contatto con il capolavoro del cinema neorealista Ladri di biciclette. Il furto della bici, la disperazione del protagonista, la dignità del lavoro e l’emarginazione sono temi che compaiono in entrambi i film.

Tuttavia l’opera di Milad Tangshir non vuole essere un remake del film di Vittorio De Sica. Il titolo, che traduciamo con “ovunque e sempre”, è il motto che compare sullo zaino giallo che Issa indossa nella sua, purtroppo breve, attività di rider per la consegna di cibo a domicilio. Si tratta di una frase che sintetizza bene ciò che rappresenta la figura del giovane Issa. Un clandestino come tanti, con le proprie speranze e paure, identiche a quelle di coloro che, come lui, scelgono per necessità e disperazione, di abbandonare la propria terra. Uomini e donne sparsi ovunque nella nostra società che, da sempre, li accoglie malvolentieri, spesso con odio e intolleranza, ieri i meridionali italiani, oggi le persone provenienti dal sud del mondo.

Una storia di ordinaria disperazione

Milad Tangshir, raccontando una storia di ordinaria disperazione, è molto bravo a tramettere allo spettatore gli stati d’animo che attraversano il protagonista. Dall’ansia di aver perso il lavoro, alla gioia di possedere una bicicletta con cui lavorare e portare sulla canna a guardare le acque luccicanti del Po, la giovane ragazza africana che, come lui, vive in un centro di accoglienza. Sino alla disperazione profonda che subentra nel momento in cui si vede sottrarre l’unica risorsa di sostentamento.

Issa si muove in una città che, a tratti, viene resa sfocata dalla fotografia di Giuseppe Maio, rendendo alla perfezione l’idea della solitudine e del vuoto girovagare del protagonista in una  periferia spesso anonima e degradata

Il film, distribuito da Fandango, si avvale di un cast di attori non professionisti, tutti perfettamente calati nella loro parte. In primis Ibrahima Sambou, che di mestiere fa l’aiuto cuoco in un noto ristorante torinese, capace di donare al suo Issa quella dose di umanità e tenerezza che consente allo spettatore di immedesimarsi, per quanto possibile, in lui.

Gli articoli di Marcello Perucca

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