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M. Night Shyamalan: le simbologie dei colori nei film del regista

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È cosa nota ormai che Shyamalan utilizzi varie simbologie ed elementi ricorrenti all’interno dei suoi film: la caratteristica più comune è la presenza di finali a sorpresa, volti a ribaltare le certezze e le attese dello spettatore. Il regista non si limita a questo però: ad abitare i suoi film sono famiglie anomale, le ambientazioni sono quasi tutte a Filadelfia, spesso l’acqua è associata alla morte o alla debolezza e vi è un frequente uso di specchi o vetri rotti che rivelano la scissione identitaria di alcuni personaggi. Inoltre, Shyamalan aiuta lo spettatore a focalizzare la propria attenzione verso alcuni elementi e passaggi del film grazie all’uso del colore.

Shyamalan: un giovane regista

Night Shyamalan, pseudonimo di Manoj Nelliyattu Shyamalan, nasce il 6 agosto 1970 a Mahe, nel sud dell’India. Dopo poche settimane, la famiglia torna negli Stati Uniti, stabilendosi presso un sobborgo di Filadelfia, in Pennsylvania.

I genitori sono entrambi medici e il padre desidererebbe che il figlio proseguisse la stessa carriera. Tuttavia, all’età di otto anni sboccia l’amore per il cinema: dagli otto ai diciassette anni Shyamalan gira ben quarantacinque filmini in Super 8, molti dei quali saranno poi presi come spunto per i successivi lungometraggi.

Una carriera altalenante

Si tratta di un film intitolato Praying With Anger e l’abbiamo girato in India. Avevo 21 anni e l’abbiamo fatto in un modo classico, sai, amici e parenti, abbiamo preso in prestito e abbiamo fatto tutto quello che potevamo. C’è stato un momento in cui ricordo che ero davvero giù di morale e non sapevo cosa stessi facendo. Il tecnico del suono si è avvicinato, il tecnico indiano del suono, e ha detto: “mi ricordi Steven Spielberg quando è arrivato e ha girato Incontri ravvicinati del terzo tipo“. Subito pensai :“questo mi ha gasato”. Sai, sono solo parole di incoraggiamento, ma sembrava che mi avesse ordinato di essere qualcosa di speciale o qualcosa del genere perché usava la parola Steven Spielberg, che era come un Dio per me. Quindi ha fatto davvero la differenza e mi sono emozionato. E poi abbiamo finito il film.

Il primo lungometraggio del regista risale ai tempi dell’università ed è Praying with Anger. Il film viene proiettato al Toronto International Film Festival e in una sala cinematografica per una settimana. Apprezzato dai critici, ottiene successo anche presso la televisione canadese, che acquista il film e lo trasmette, facendo così conoscere il giovane regista.

Diretto nel 1998, ma distribuito solo nel 2001, Ad occhi aperti è il secondo film di Shyamalan. Nonostante i riscontri positivi da parte della critica, il film non ottenne grande consenso di pubblico.

Con il 1999 si aprono le porte del successo con Il sesto senso, prima grande produzione del regista, nonché prima pellicola ad ospitare grandi star come Bruce Willis e il giovanissimo Haley Joel Osment (noto per aver interpretato il figlio di Forrest Gump qualche anno prima). Shyamalan ottiene due candidature agli Oscar (tra le sei conferite al film) e si fa notare presso l’ambiente hollywoodiano.

Altri grandi successi arrivano grazie ad Unbreakable – Il predestinato, film di supereroi dove troviamo ancora Bruce Willis e Samuel L. Jackson, il thriller-horror The Village e Signs, uno sci-fi interpretato da Mel Gibson e Joaquin Phoenix. Con questo film, tuttavia, cominciano ad emergere alcuni problemi relativi alla sceneggiatura, generando così giudizi sfavorevoli.

Inizia così per Shyamalan un periodo di insuccessi. Con film come Lady in the Water e E venne il giorno, infatti, il regista indo-americano non solo non convince gli spettatori, ma riceve addirittura candidature e premi dai Razzie Awards. Gli insuccessi presso il pubblico e critica proseguono (e peggiorano) anche con i successivi L’ultimo dominatore dell’aria e After Earth.

Dal 2015, però, con lungometraggi come The Visit, Split e il più recente Bussano alla porta, Shyamalan riesce a riconquistare i suoi fan, riscuotendo nuovamente successo e ricevendo apprezzamenti anche da parte della critica.

L’uso del colore

Tra le molteplici simbologie è rilevante l’utilizzo che Shyamalan fa dei colori, suggerendo indizi rilevanti e rivelando dettagli legati ad un personaggio o un evento prossimo. Frequentemente le scene cruciali dei suoi film sono accompagnate dalla fitta presenza di colori brillanti, con predilezione per il rosso, che può essere utilizzato per rimarcare l’importanza di una scena oppure possedere significati precisi.

Il sesto senso

In Il sesto senso il colore rosso ha importanza fondamentale. Esso, infatti, è manifestato nei momenti più emotivamente intensi e dove è evidente una connessione con il mondo soprannaturale. Il rosso è presente in tutti i momenti in cui il confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti è palpabile. Questa fitta presenza porta lo spettatore ad avere particolare attenzione alle scene in cui il colore si manifesta e a presagire ciò che vedrà sullo schermo.

Il rifugio di Cole per ripararsi dagli spiriti

Inoltre, il rosso evidenzia in maniera particolare le scene di fondamentale importanza per lo sviluppo della vicenda, ad esempio quando Cole (Haley Joel Osment) svela alla madre il proprio potere.

Cole rivela alla madre il proprio potere

Ulteriore particolarità di Il sesto senso, nello specifico nei personaggi di Cole e Vincent Gray (Donnie Wahlberg), è la ciocca di capelli grigi. Ciò mette in luce il loro legame simbolico: entrambi riescono ad entrare in contatto con il regno dei morti. Non solo: a possedere i capelli grigi sono le persone anziane, simbolo di saggezza ed esperienza. Attraverso questo tratto comune, quindi, si evidenzia come Cole e Vincent possiedano una certa comprensione e maturità legata alla loro veggenza.

I capelli grigi potrebbero essere legati anche allo shock emotivo che deriva dal loro stesso dono: esso porta con sé un peso morale, l’incomprensione e l’isolamento da parte di chi li circonda, nonché un senso di angoscia costante.

The Village

In The Village esistono due polarità: il bene e il male. Queste sono sottolineate da due tonalità principali: il rosso e il giallo.

Gialli sono i mantelli indossati dagli abitanti del villaggio, così come le bandiere che delimitano la foresta. Il loro colore, legato alla sicurezza, alla positività, alla speranza e alla protezione, è fondamentale per contrastare le minacce sconosciute. Il giallo fa da contraltare alla foresta tetra ed è, quindi, simbolo della luce in grado di illuminare l’oscurità.

Ivy nella foresta, nascondendosi da una creatura maligna

Il rosso, invece, evidenzia il pericolo, la paura e il proibito. Esso è associato alle entità che abitano il bosco e a ciò che gli abitanti devono evitare. Ad esempio, il confine tra il “mondo del villaggio” e il “mondo delle creature malvage” è segnato da un cespuglio dalle bacche rosse. Per gli abitanti, questo colore è da evitare a qualsiasi costo: il rosso è “il colore del male”.

Per gli abitanti il rosso significa anche che una minaccia è in agguato, creando un senso di allarme. In questo modo, viene creata tensione, ponendo l’enfasi sulla vulnerabilità dei personaggi e l’incarnazione delle loro paure più profonde.

C’è un ulteriore colore rilevante: il blu. Blu è l’abito di Ivy (Bryce Dallas Howard), una ragazza non vedente. Proprio per questa caratteristica, l’abito indica la sua purezza ed innocenza, qualità sottolineate ulteriormente anche dall’uso di un vestito bianco. Non vedendo, Ivy non può cadere in tentazione alle apparenze, rendendosi così l’unica persona che può andare al di là di paure e pregiudizi. Il blu simboleggia anche la calma, l’empatia e la comprensione, qualità proprie del personaggio e che la rendono una “mediatrice” tra i due mondi.

Inoltre, pur essendo cieca, Ivy è in grado di distinguere determinate persone attraverso i colori, come se riuscisse a percepire l’aura che li circonda.

Ivy indossando il vestito blu

Unbreakable, Split e Glass

In Unbreakable David Dunn (Bruce Willis) indossa un impermeabile verde. In questo caso il verde simboleggia la crescita e la vita: David, infatti, quando verrà a conoscenza delle sue straordinarie abilità, riuscirà a riscattarsi dalla vita insoddisfacente che conduce.

David Dunn in Unbreakable

Mr. Glass (Samuel L. Jackson), invece, è caratterizzato dal colore viola, che è surrogato della sua natura malefica e della sua propensione al caos.

Mr. Glass in una scena di Glass

Questo contrasto di colori evidenzia in maniera efficace il conflitto tra forze opposte, il bene e il male.

In Split, Kevin (James McAvoy) è associato prettamente al giallo. Le varie personalità del personaggio sono meglio segnalate attraverso l’uso di vari colori, ma è soprattutto il giallo a predominare, come emerge dal finale: esso appare come un auspicio di trasformazione e un bagliore di speranza.

Kevin Wendell Crumb in Split

Glass, invece, prevede la presenza di tutti e tre i colori sopra indicati: il viola per Mr. Glass, il giallo per Kevin e il verde per David.

Le scene con David hanno tonalità verdi, con luce tenue: esse stanno ad indicare la sua calma, stabilità e creano un senso di speranza. Quando viene ripreso Mr. Glass, però, le colorazioni si fanno più cupe e di colore violaceo, ad indicare la sua natura enigmatica e manipolatoria.

Significativo è l’incontro dei tre personaggi con la dottoressa Ellie Staple (Sarah Paulson): i muri sono rosa e ogni personaggio è caratterizzato dal proprio colore. Il rosa tutt’intorno potrebbe apparentemente richiamare un senso di calma e tranquillità, ma in realtà è un rosa dai toni violacei: potrebbe essere interpretato come il controllo che Glass mantiene sulla situazione e un presagio di ciò che accadrà nel finale.

La dottoressa Ellie Staple mentre parla con i tre pazienti

Gli stessi colori legati alle tre figure ritornano nell’ultima scena, dove i personaggi legati a ciascuno dei tre uomini indossano rispettivamente indumenti gialli, verdi e viola, evidenziando il legame che li unisce.

Bussano alla porta

In Bussano alla porta le figure di Sabrina, Leonard, Redmond e Adriane sono caratterizzate dall’uso di colori specifici per i loro abiti. Esse incarnano i quattro cavalieri dell’apocalisse e indossano un vestiario che rimanda al colore del proprio cavallo.

Benjamin West, Death on the Pale Horse

Redmond (Rupert Grint) indossa una camicia rossa e simboleggia la guerra, con lo spargimento di sangue che ne consegue. Redmond è la figura che si avvicina di più ai cavalieri dell’Apocalisse, mentre gli altri tre personaggi ne restituiscono una versione differente, pressoché ribaltata.

Leonard (Dave Bautista), infatti, è associato al colore bianco: corrisponde al primo cavaliere, quello che porterebbe pestilenza. In realtà, nella Bibbia si afferma che il primo cavaliere “uscì vincendo e per vincere”, non menzionando affatto cosa egli procuri. In questo modo, Leonard incarna le qualità di leader, qui però declinate in modo positivo.

La carestia, con il suo cavallo nero, sembrerebbe raffigurata attraverso Adriane (Abby Quinn). La ragazza, però, è una cuoca e si prende cura della piccola Wen preparandole da mangiare, identificandola così come l’incarnazione del nutrimento.

Infine, Sabrina (Nikki Amuka-Bird) potrebbe simboleggiare la morte, legata suo cavallo verde pallido. Tuttavia, la donna è un’infermiera e non esita a curare Eric: Sabrina è dunque la personificazione della guarigione e indossa una camicia giallo pallido.

Sabrina, Redmond, Leonard e Adriane

Trap

Anche nell’ultimo film di Shyamalan, Trap, l’uso del colore è evidente ed utilizzato in maniera simbolica. Qui troviamo una preponderanza del colore rosso: esso viene utilizzato per segnalare le scene fondamentali e può essere ricollegato al male.

Cooper durante un momento del concerto

Il rosso, ad esempio, è presente in maniera massiccia quando nei bagni è rivelata la doppia identità di Cooper (Josh Hartnett), momento enfatizzato anche dalla scena precedente, dove vi è un eccesso di luci rosse provenienti dal palco. Saranno molte le associazioni tra rosso e il protagonista all’interno del film.

La scena che rivela allo spettatore la doppia identità di Cooper

Infine, è presente un netto contrasto tra l’illuminazione e i colori delle scene finali e quelle iniziali: mentre all’inizio sono presenti colori vivaci e un’illuminazione adatta al clima di gioia ed entusiasmo per il concerto, nel finale i colori sono cupi e spenti.

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