É stato presentato in anteprima al Festival di Locarno 2024, fuori concorso, il documentario La prodigiosa trasformazione della classe operaia in stranieri di Samir Jamal Al Din. Un racconto che nasce dall’esperienza del regista svizzero, nato a Baghdad , che mette al centro le trasformazioni e i conflitti sociali, nei paesi europei di immigrazione, raccontati attraverso la voce di Lino Musella. Per più di cento anni il Partito Socialista Svizzero e i sindacati hanno plasmato la cultura operaia del paese. A partire dagli anni ’70, tuttavia, questa cultura è cominciata a crollare definitivamente. La classe operaia del passato, di fatto, è oggi composta da stranieri.
Com’è cambiato il movimento operaio nel tempo
Nel film, i brevi episodi alternano personaggi animati, realizzati con la tecnica dei video-giochi, a interviste che raccontano il massiccio movimento migratorio nell’Europa degli anni ’50 e ’60 verso Francia, Germania, Svizzera e altri paesi industrializzati, che reclutarono milioni di migranti provenienti in particolare dal Sud Italia. Nei primi anni ’60 infatti, milioni di lavoratori si sono trasferiti dall’Europa meridionale al Nord industrializzato. E di questi, in appena due decadi, milioni solo in Svizzera. Ma com’è cambiato nel corso degli anni il movimento operaio?
Da questa domanda prende il via La prodigiosa trasformazione della classe operaia in stranieri. A fornire le risposte, esperti, ma anche lavoratori e attivisti del sindacato dei lavoratori dell’epoca che, attraverso i loro racconti, sono testimoni del forte razzismo in Svizzera (il primo paese a creare una legge che regolasse i movimenti dei flussi migratori). Tutto era legato a un nome: James Schwarzenbach, capo dell’ “Azione nazionale contro l’inforestimento del popolo e della patria”. Ma c’era chi opponeva resistenza e nel ’73 centinaia di migliaia di lavoratori stranieri scioperarono in Germania.
Una storia nella storia
In parallelo, il regista racconta anche la sua storia. Nato a Baghdad, è arrivato in Svizzera senza sapere di essere diventato un rifugiato. Attraverso l’utilizzo di un avatar animato, nel corso del documentario racconta i momenti più belli e straordinari della sua gioventù e come è riuscito ad affrontare il razzismo. Grazie a foto di famiglia, animazioni e materiale d’archivio, Samir Jamal Al Din riesce a raccontare, in maniera quasi divertente, la storia dell’emigrazione dai paesi vicini verso la Svizzera. E mentre il capitalismo aveva bisogno di manodopera, la società ripudiava i nuovi arrivati. E tutto questo fino agli anni ’80. Il suo racconto si fa testimone di come sia cambiata la storia e di come oggi alcuni dei leader svizzeri siano migranti.
Per cambiare il futuro è necessario conoscere il passato.
Il ruolo della Svizzera
É del 1931 lo Statuto di stagionale che si inserisce nel quadro di una politica migratoria globale tesa a garantire la flessibilità necessaria ai bisogni dell’economia con lo scopo di combattere l’inforestimento, trasformando il Paese in un mondo completamente diverso da quello che sarà dopo. La Svizzera ha sempre rivestito un ruolo fondamentale nella migrazione, soprattutto grazie all’accordo firmato con l’Italia nel 1948 per assicurarsi il reclutamento di manodopera. Il principio su cui si basava era quello della migrazione temporanea. Un permesso di soggiorno duraturo poteva essere ottenuto solo dopo dieci anni di residenza in Svizzera. E questo le permise di diventare il primo paese continentale ad avere un sistema giuridico di gestione della migrazione.
I principi della classe operaia
I titoli di testa del documentario La prodigiosa trasformazione della classe operaia in stranieri, sulle note di “Bella ciao”, raccontano la nascita del movimento operaio attraverso foto d’epoca e spezzoni di video amatoriali. Dei circa sette milioni di Italiani che emigrarono in Europa, due andarono in Svizzera dove, negli anni ’70, emersero numerosi fenomeni razzisti e populisti. Per anni il Partito Socialista e i sindacati avevano plasmato la cultura della classe operaia sulla base dei principi di solidarietà, ma a partire dalla fine degli anni ‘60 si diffuse un atteggiamento razzista nei confronti dei lavoratori immigrati, con cui si fanno i conti ancora oggi. Non si parla più di classe operaia. Tutti appartengono alla classe media.
Il trailer de La prodigiosa trasformazione della classe operaia in stranieri
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