Adesso su Netflix con l’ottava e ultima stagione di Elite, Mario Ermito è il primo e unico italiano presente nella celebre serie spagnola. Diventato ormai una star in terra iberica, tra piccolo e grande schermo, l’attore italiano si racconta, ripercorrendo alcuni dei titoli ai quali ha preso parte e dando alcune anticipazioni sul futuro. Mario Ermito sarà presto protagonista di un dramma erotico spagnolo tratto da un romanzo. E intanto aspetta il suo padre artistico Antonio Banderas.
– Immagine di copertina: Cr. Matías Uris/Netflix © 2023 –
Mario Ermito e l’amore per la Spagna
Vorrei ripercorrere con te i momenti salienti della tua carriera. Inizio con il chiederti qual è stata la scintilla che ha fatto scattare l’interesse per il mondo dello spettacolo spagnolo. Vedendo e leggendo quello che hai fatto, dallo sport al canto e non solo, ti si può definire come una persona molto versatile. Forse questo è un elemento che ha interessato le produzioni spagnole.
Se parliamo del fronte spagnolo tutto accade nel 2020, in piena pandemia. Arriva una richiesta per un casting, per un ruolo di un italiano per un film prodotto da Warner Bros. dal titolo Por los pelos, in cui cercavano, appunto, un attore italiano che parlasse spagnolo. Solo che io in quel periodo lo spagnolo non lo sapevo. Era, però, un’occasione talmente importante che mi feci preparare da un’amica madrelingua, feci il provino e venni preso. Una volta a Madrid le persone mi parlavano in spagnolo e non capivo niente. Per farmi capire qualcosa mi parlavano in inglese, ma io chiesi, all’interno del set, di parlarmi in spagnolo, nonostante tante parole non le capissi. Così facendo è scattato un meccanismo di sopravvivenza che mi ha fatto immagazzinare ancora più termini rispetto a quanto avrei potuto fare rimanendo nella mia comfort zone a casa.
Cr. Matías Uris/Netflix © 2023
Poi nel 2022 è arrivata la prima richiesta di una serie importante spagnola, Un cuento perfecto. In quell’occasione masticavo meglio lo spagnolo e feci il provino ottenendo il ruolo.
I casting director di Un cuento perfecto, poi, erano gli stessi di Elite e sono loro che mi hanno proposto di fare un provino per la celebre serie.
Alla luce di quello che hai detto mi sembra che ci sia stata anche un’evoluzione proprio in questo senso nei tuoi personaggi. Sei stato chiamato per il primo film come italiano, poi in Un cuento perfecto sempre come italiano, ma con maggiore padronanza dello spagnolo e maggiore legame con la Spagna e poi in Elite addirittura non viene nemmeno specificato che sei italiano.
Sì, anche se, ora che lo mastico, ti dico che l’accento italiano si sente. Però, per Elite, cercavano proprio un attore europeo che non fosse spagnolo. Anche se la provenienza di Pier non era stata definita, avevano bisogno di un attore europeo, ma non spagnolo. E infatti, dopo il provino, eravamo rimasti io (italiano), un francese e un inglese. Penso abbiano optato per me dopo il successo di Un cuento perfecto. Da quel momento mi sono reso conto che qualcosa era cambiato: mi fermavano per strada, anche in Spagna e poi un celebre settimanale spagnolo mi ha dedicato cinque pagine per descrivermi. Poi da lì è stato un susseguirsi di cose: mentre stavo girando Elite mi hanno contattato per propormi il mio primo film da protagonista che uscirà il 29 novembre nelle sale cinematografiche spagnole, poi sudamericane, in Italia e anche negli Stati Uniti, dal titolo Pideme lo que quieras. In questo film, spagnolo, interpreto un personaggio tedesco (e per farlo mi hanno messo a disposizione un coach per imparare in due mesi l’accento tedesco). Un film che nasce da un romanzo bestseller di Megan Maxwell, che ha venduto sei milioni di copie in tutto il mondo.
La Spagna e lo spagnolo
Ormai lo sai benissimo, ma dover recitare in una lingua che non è la tua con un accento di un’altra lingua ancora immagino non sia stato semplice.
No, esatto. E oltre a questo ho anche avuto un personal trainer perché il mio personaggio richiedeva una forma fisica di un certo tipo. Quindi, sia per questo che per imparare il tedesco non sono nemmeno tornato in Italia durante i mesi della preparazione. Ho cercato quanto meno di limitare anche le conversazioni con parenti o amici italiani perché non volevo che mi potessero influenzare in alcun modo.
Visto il tuo impegno sul fronte spagnolo del mondo dello spettacolo (cinema e televisione) c’è qualcosa, un metodo, un’esperienza, un approccio che ti porti dietro?
Sicuramente Pideme lo que quieras è stata l’esperienza più lunga a cui abbia mai partecipato perché parliamo di quattro mesi tra preparazione e girato (due mesi di prove più due mesi di girato) ed è stata una scuola importante. Una cosa che ho imparato tantissimo, sia in quel contesto che in generale, è l’ascolto, il restare in ascolto. Se resti in ascolto, cosa che è fondamentale anche nella vita, automaticamente hai una reazione in base a ciò che ti dà il tuo partner, è un dare e avere continuo, uno scambio di energie.
Foto di Federica Paoli
Un’altra cosa che ho imparato è, invece, il collaborare anche con il resto della troupe, dal cameraman, al fonico: è molto importante giocare anche con l’ambiente circostante, la scenografia è importantissima. E poi ho imparato che la battuta è l’ultima delle cose di cui un attore deve preoccuparsi: tutto parte da uno sguardo interiore.
Questa è una cosa che mi ha aiutato tanto e devo dire che me la porto dall’esperienza precedente fatta su Fiori sopra l’inferno di Carlo Carlei nella quale non parlavo, ma comunicavo con gli occhi.
Mario Ermito in Fiori sopra l’inferno
Hai anticipato una domanda perché poi mi sarei spostata dalla Spagna all’Italia per chiederti proprio di Fiori sopra l’inferno. Lì sei un personaggio particolare, quello che tutti vorrebbero fare (cioè il cattivo) e, visto quello che hai detto, penso sia stato stimolante perché hai giocato molto sullo sguardo e sui movimenti piuttosto che sulla parola.
È vero e devo dire che è stato stimolante anche per il fatto di essere un personaggio tratto da un libro. Approfitto per dire che ho notato che ultimamente ho preso parte sempre e solo a prodotti derivanti da un libro perché Un cuento perfecto viene da un romanzo, così come Fiori sopra l’inferno e ance La stoccata vincente che deriva dal libro di Paolo Pizzo. Anche l’ultimo progetto Pideme lo que quieras è tratto da un libro. L’unica eccezione è Elite.
Tutto questo per dire che quando ti trovi a interpretare un personaggio che è già stato descritto chiaramente dalla penna e dalla mente di un autore o di un’autrice hai una grande responsabilità. Se, per esempio, in Elite mi sono potuto permetterti di giocare e spaziare sul mio personaggio e creandolo mi sono divertito tantissimo, non ho potuto fare lo stesso con gli altri.
Con il personaggio di Pier ho giocato, mi sono ispirato anche al film Intervista con il vampiro perché mi ricordava tantissimo Armand di Antonio Banderas. Chiaramente commentandolo con il regista.
Su prodotti che vengono da un romanzo, invece, non ti puoi permettere di fare un discorso del genere perché c’è una descrizione ben precisa e chiaramente per rispetto dell’autrice o dell’autore che ha scritto quel personaggio o dei lettori che hanno letto quel romanzo tu devi cercare di entrarci delicatamente. Non è facile perché quando uno scrive un personaggio il lettore se lo immagina sempre in una certa maniera e non sarà mai uguale poi al risultato visivo.
Da una parte, quindi, puoi giocarci perché sulla base della tua interpretazione puoi interpretarlo in un modo piuttosto che in un altro, però quel modo non è e non sarà mai uguale a quella degli altri. Devi cercare di trovare un equilibrio tra le cose.
Sai quante volte, ma soprattutto per Pideme lo que quieras, quando sono stati annunciati io e l’altra protagonista quante fan hanno avuto da ridire? Ma questo fa anche parte del gioco, puoi piacere o non piacere, basta non farsi il sangue amaro. E poi ci sono quelli a cui invece piace il tuo approccio ai personaggi come, per esempio, in Elite per il quale sto ricevendo solo note positive e sono molto contento.
Mario Ermito in Elite
Ma infatti, secondo me, anche il fatto che dicevamo prima, di non aver specificato precisamente chi sei, è un elemento positivo perché il pubblico può leggere come preferisce. Non sei l’italiano preso e messo nella serie spagnola, non sei un estraneo, sei amalgamato bene nel contesto.
Sì, e ci tengo a precisare il fatto che io sia stato l’unico italiano nella storia di Elite, in otto anni, a prendere parte a un cast così importante.
La Spagna è diventata la mia seconda casa, ma resto comunque italiano e quindi sono onorato e soddisfatto di aver raggiunto questo obiettivo.
Cr. Matías Uris/Netflix © 2023
Rimango su Elite per chiederti com’è stato entrare a far parte di un prodotto del genere che è rodato, perché siamo all’ottava stagione, e che non ha un vero e proprio protagonista, perché è un cast corale che alla fine cambia continuamente.
Premetto una cosa che, apparentemente, può sembrare non c’entri nulla. Io vengo dallo sport, in particolare ho giocato a calcio una vita e mi è capitato più e più volte di cambiare squadra ed entrare in contesti dove già i gruppi erano stati fatti. Con Elite mi è capitata la stessa cosa: sono entrato in un contesto di persone che già avevano lavorato insieme, di persone che già si conoscevano, di personaggi già amalgamati all’interno della storia. È vero che io ero nuovo, però questa per me non è stato assolutamente una preoccupazione, al contrario, io ho cercato in qualche modo di guardare anche come si muovessero gli altri per cercare di capire come entrare come personaggio all’interno di un contesto corale. Non è stato difficile perché ho trovato un gruppo di lavoro fantastico, a partire dal produttore fino ad arrivare ai miei colleghi e alla mia partner di set, Alexandra Pino, che è stata un’ottima compagna di viaggio. Abbiamo costruito insieme i personaggi ed è stato facile.
Poi in inglese recitare si traduce con to play, in francese jouer, e in questo senso mi piace prendere in prestito quello che mi diceva anche Giancarlo Giannini, bisogna giocare, tu devi divertirti, quando ti puoi divertire, come fanno anche i bambini. In effetti ho usato queste parole, le ho fatte anche mie: ho giocato sul set e mi sono divertito.
La stoccata vincente e l’approccio alla scherma
Colgo l’occasione di questo tuo riferimento al verbo giocare per chiederti di un film dove il gioco è centrale, La stoccata vincente. Tra l’altro siamo nel periodo delle Olimpiadi e abbiamo vinto l’oro proprio nella spada. Hai detto che sei uno sportivo, quanto è stato stimolante doversi cimentare con una disciplina come la scherma?
È stato molto bello e stimolante. E ci tengo a precisare che tutte le scene che si vedono nel film sono mie, nel senso che non ho usato controfigura, ma ho preso lezioni di scherma direttamente al Coni (tra l’altro ho fatto solo due lezioni).
E, invece, com’è stato il fatto di aver interpretato un personaggio realmente esistito, seppur riadattato allo schermo (è stato usato un nome fittizio)?
Sì, chiaramente Guglielmo Visentin è un nome fittizio, uno pseudonimo. Il riferimento è a un atleta reale che lui ha incontrato, che non si può citare, ma che esisteva.
Ho lavorato chiedendo direttamente a Paolo Pizzo chi fosse per cercare di capire anche la tipologia di rapporto che c’era tra i due. Sono entrato dentro questo personaggio, ed è stato bello, mi sono divertito tantissimo, anche a dividere il set con Alessio Vassallo. Poi con Nicola Campiotti, il regista, abbiamo sperimentato delle cose e mi sono divertito molto.
Per quanto riguarda l’approccio nello specifico al personaggio devo citare anche la mia partecipazione a Tale e quale show nel 2018 che mi ha permesso di entrare nella pelle dei cantanti reali, studiando esibizioni, gestualità, modi di fare. E devo dire che è stato stimolante perché hai un riferimento. Quindi Tale e quale show per me è stata una sorta di accademia.
Progetti futuri per Mario Ermito
A proposito del tuo ultimo e prossimo progetto puoi aggiungere o anticipare qualcosa? Cosa farà Mario Ermito?
Posso dire che il genere è una storia romantica, erotica, sulla falsa riga di 9 settimane e 1/2. Il tutto è descritto in maniera molto elegante: è la storia di Eric Zimmerman e Judith Flores, i due protagonisti. Il mio personaggio, come ho anticipato prima, è tedesco e chiaramente ruota tutto intorno alla storia d’amore di questi due.
Foto di Carla Oset
Lui è a capo di un’azienda farmaceutica ereditata dal padre, lei lavora all’interno. Di più non posso dire.
Nell’attesa dobbiamo leggere il romanzo per saperne di più.
Esatto, vi invito a leggere il romanzo, che in versione italiana si intitola Chiedimi quello che vuoi.
Però approfitto per ringraziare tutte le maestranze che hanno contribuito a questo progetto, a partire dai truccatori, parrucchieri, costumisti perché sono loro che aiutano proprio a entrare dentro il personaggio. Devo dire che la costruzione di Eric Zimmerman è stata anche dettata da un grandissimo lavoro di squadra a partire da queste figure che ho menzionato.
È un lavoro di condivisione, in tutto e per tutto; l’attore vero è un attore che è generoso, come mi diceva sempre Giancarlo Giannini. E oltre a questa c’è anche un’altra sua massima che mi piace molto: tu spera di dividere il set con uno più bravo di te, devi sperarlo, perché solo così tu puoi imparare e lui ti può aiutare a crescere e a rendere bene.
Mario Ermito e Antonio Banderas
Ora sei concentrato con l’uscita di questo film, ma hai già qualcosa in ponte che si può dire, qualche progetto futuro?
Sì, ho un altro progetto a cui prenderò parte più avanti, sempre in spagnolo.
E in tutto ciò sono anche in preparazione con il mio primo EP musicale. Grazie al consiglio di Loretta Goggi, dopo l’esperienza fatta a Tale e quale show, ho continuato anche il mio percorso musicale e ho iniziato a prendere anche lezioni di canto, perfezionandomi. Ho iniziato con la pubblicazione della prima cover di Angel di Robbie Williams, poi ho proseguito con il mio primo inedito, Ti porto in Texas, per poi passare per Aquila Libera, un featuring. Oggi penso di aver ritrovato una mia dimensione più giusta, forse dettata anche da una maturità che ho raggiunto e che metto a disposizione in questo EP di canzoni molto intime, che saranno in doppia versione italiano e spagnola, che uscirà prossimamente.
Se ci fai caso, anche Antonio Banderas è un grandissimo cantante, tanto che quando ha iniziato addirittura lo volevano scritturare con una casa discografica importantissima. Lui rifiutò perché diceva che per lui la musica è un qualcosa di intimo e non voleva amalgamarsi alla moda del momento che una casa discografica ipotetica poteva imporgli. Forse anche per questo mi ispiro alla carriera di Antonio Banderas.
Foto di Pedro Valdezate
Un bel modello da seguire.
Sì, anche perché siamo molto collegati io e lui.
Devi sapere che quando mi hanno proposto il primo provino per Un cuento perfecto, io per affinare di più lo spagnolo, presi un libro sulla vita di Antonio Banderas, in spagnolo. Andai in Spagna e il libro mi arrivò il 10 agosto. Il 10 agosto stesso mi chiamò il mio agente dicendomi che mi avevano preso per Un cuento perfecto. L’anno successivo faccio la stessa cosa: faccio il provino per Elite, prendo un libro sempre su Antonio Banderas, in spagnolo, e mi arriva il 10 agosto e il 10 agosto stesso mi chiamano dicendomi che mi avevano preso per Elite.
Come se non bastasse il 10 agosto è il compleanno di Antonio Banderas!
Poi quando vado sul set e parlo con il produttore della Warner spiegandogli il mio approccio al personaggio lui mi dice che gli sembra di sentir parlare Antonio Banderas perché anche lui ragiona allo stesso modo.
Quante coincidenze!
Eh sì, lui è praticamente il mio padre spirituale, il mio padre artistico.
Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli