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Prime Video Film

‘1408’, la recensione del film tratto dal racconto di Stephen King

Håfström firma una pellicola che espande l'opera di partenza con delle riflessioni interessanti sui personaggi e sullo spazio.

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Su Prime video il film horror di Mikael Håfström tratto da un racconto di Stephen King con protagonista John Cusack.

Se un albergatore ti dice di non entrare in una delle sue stanze, forse è meglio seguire il suo consiglio. Anche se sei un scrittore di romanzi dell’orrore basati su camere d’hotel infestate – o presunte tali – e vuoi recensire quella stanza su cui aleggiano numerose leggende, che scoprirai essere (tuo malgrado) vere. Le premesse narrative di 1408, diretto da M. Håfström nel 2007 e diaponibile su Prime Video, sono queste. E funzionano, come nell’omonimo racconto di Stephen King (presente nella raccolta Tutto è fatidico).

I personaggi: cinismo contro superstizione

Il lungometraggio di Mikael Håfström parte da un racconto molto conciso e asciutto, basato su un’idea tanto semplice quanto efficace (una camera maledetta le cui cifre sommate fanno 13), a cui vengono aggiunti molti elementi coerenti con l’opera letteraria e, al contempo, originali. A partire dai personaggi.

Il protagonista Mike Eslin (un azzeccato John Cusack) ha un background più sviluppato che spiega il carattere cinico e lo rende la persona più adatta a scontrarsi con le superstizioni legate alla 1408. Grazie alla sua caratterizzazione, Eslin incarna uno dei temi del film, cioè la lotta dell’ateismo scettico contro il mistero inspiegabile.

L’altro personaggio iconico di 1408 è l’albergatore del Dolphin Hotel, Gerald Olin (Samuel L. Jackson). Lui ha ceduto, per le varie esperienze con la camera, e crede a quelle leggende. Il personaggio racchiude un dissidio tipico degli horror: fare un passo indietro di fronte all’irrazionale spaventoso è sintomo di codardia o saggezza?

Olin, così, rappresenta la mentalità opposta rispetto a quella di Eslin. Superstizione contro cinismo: come affrontare un potere sovrannaturale, fuori dalle possibilità di comprensione umana?

1408, quando lo spazio si fa mente

Come spesso accade con le storie di King, gli elementi fantastici diventano solo dei pretesti per far emergere le paure insite nelle psicologie dei personaggi. Questo fa di 1408 un horror psicologico, pur avendo a che fare con il sovrannaturale. Håfström restituisce queste atmosfere calibrando i vari momenti climatici, grazie a un comparto tecnico da major hollywoodiana e, in particolare, a un uso “fincheriano” del digitale, suggestivo ed efficace per la sua limitata e controllata presenza in scena.

Dal momento in cui Eslin entra nella 1408, parte un crescendo di tensione, costruita passo dopo passo. La camera rivela il suo potere poco alla volta, lasciando il dubbio a Eslin che ciò a cui sta assistendo sia reale. Una tortura, soprattutto per una persona abituata a spiegare tutto con il suo razionalismo disincantato messo alla prova. Eslin comincia a credere alla 1408. E quest’ultima diventa, scena dopo scena, materializzazione della mente del personaggio, tormentato e spaventato più da sé stesso e dai propri dissidi interiori che dalla camera.

La trasformazione dello spazio da fisico a mentale fa emergere un altro tema di 1408: l’albergo come non-luogo (già indagato da King e Kubrick in Shining, libro e film) che stimola una personalizzazione di questo spazio senza anima. L’esperienza di Eslin sembra nascere dal bisogno di riempire un vuoto. È come se diventasse necessario sfuggire all’anonimità di un luogo mai vissuto davvero. O se la presenza del male fosse meglio dell’assenza di un’identità. Forse, dopo tutto, è la superstizione a vincere sul nichilismo senza fede: meglio credere al demonio che non credere a nulla.

1408

  • Anno: 2007
  • Durata: 104 minuti
  • Distribuzione: Key Films
  • Genere: horror/drammatico
  • Nazionalita: Stati Uniti d'America
  • Regia: Mikael Håfström