Margherita Vicario è un’artista poliedrica come poche nel panorama italiano. La sua produzione infatti spazia dal cinema alla musica, con tanti ruoli da attrice sul piccolo e grande schermo, oltre a due album in studio pubblicati.
Ha recitato in pellicole come To Rome with Love di Woody Allen (2012) e Pazze di me di Fausto Brizzi (2013), mentre in tv ha ricoperto il ruolo di Nina Scaramozzino nella sesta stagione della serie tv I Cesaroni (2014), e quello di Chiara Cordaro in Amore pensaci tu (2017).
Agli stessi anni (2014) risale il suo primo album Minimal Music, seguito da Bingo nel 2021 – tra i primi 20 dischi italiani dell’anno secondo Rolling Stones – e una serie di collaborazioni con artisti del calibro di Roberto Angelini, Dade, Vinicio Capossela, La Rappresentante di Lista.
Gloria!, uscito quest’anno, costituisce il suo brillante esordio in regia, e ha conquistato subito il Nastro d’argento per la miglior colonna sonora, firmata insieme a Dade.
Margherita lo ha commentato insieme a noi qui (conversazione)
Ospite al Giffoni Film Festival abbiamo avuto modo di approfondire con lei gli obiettivi del suo lavoro:
Gloria! – La storia
Gloria! è la storia di Teresa, domestica del Sant’Ignazio, istituto musicale per educande orfane nel Veneto del 1800, che scopre il suo grande talento in un’occasione storica: la visita del neo eletto papa Pio VII, con un concerto apposito da preparare.
L’opera è basata su una serie di fonti storiche, frutto di un accurato lavoro di scavo che l’artista ha condotto.
“Ho trovato tanti nomi di compositrici e cantanti del passato, ma non riuscivo a trovare la loro musica. Mi sono affidata a un libro di archivio, Attività musicali nella Venezia del Settecento.
Da una parte questo tipo di testo mi ha aiutato a lavorare sui personaggi in maniera realistica, perché qui si trovano cose che non sono romanzate; dall’altro lato mi ha fatto rendere conto di quanto poco sia rimasto delle loro vite”.
Nel film in effetti è presente uno dei pochissimi componimenti rimasti di queste orfane, un quartetto d’archi di Maddalena Laura Sirmen, “giunto fino a noi” – spiega Vicario – “perché il suo maestro Tartini fece di tutto per darla in sposa a un compositore. All’epoca era l’unico modo per sperare di pubblicare”.
Un progetto più ampio
Gloria! si inserisce come prodotto coerente in una ricerca artistica ben più ampia che Margherita Vicario conduce da tempo, e che vede al suo centro il femminismo e la discussione del ruolo della donna nella società.
Molte di queste tematiche hanno trovato sviluppo nel podcast Showtime, realizzato con Dade in quattro puntate, che ha dato vita a un EP e lanciato singoli come Canzoncina. L’idea è stata mescolare il linguaggio della comunicazione con quello della musica, inserirsi in una narrativa giovanile e fresca, al passo con i tempi, anche rabbiosa se necessaria.
“La rabbia è fondamentale” – confessa la regista – “però è un sentimento anche molto fuorviante. Per gli artisti può essere una grande molla per esprimere ciò che si prova, ma non è sempre facile da comprendere per il pubblico”.
È questo il motivo per cui in Gloria! sono altri i toni che prevalgono, affievoliti rispetto a opere come Ave Maria, ma forti allo stesso modo perché frutto di scelte consapevoli.
“Proprio perché ritengo il tema importantissimo, ho provato a fare un film che fosse molto dolce, pieno d’amore, mettendo in luce un femminismo che non è rabbioso” – dice Margherita – “Credo che in questo modo possa arrivare di più, emozionare ma anche far capire che esiste comunque una speranza, senza evidenziare solo il fatto che il mondo fa schifo”.
Dare voce a chi non ha voce
E allora, se volessimo individuare un obiettivo di Gloria!, sintetizzarlo in una frase e includerlo in questa prospettiva più ampia, non potrebbe che essere: dare voce a chi non ha voce.
“Chi non ha voce non vuole parlare a tono basso, vuole cantare, vuole fare festa, vuole liberarsi! Bisogna essere volitivi, bisogna un po’ autoimporsi anche a sé stessi, non mollare. Perciò mi sono detta: senti, chiamiamolo Gloria! col punto esclamativo, urliamolo.
Questo è un film che chiede di essere ascoltato, con la sua umiltà ma in maniera chiara ti dice: ci siamo anche noi, con tutto il nostro casino”.
Una scelta che riflette il bisogno di confrontarsi su queste tematiche, utilizzando il cinema e in generale l’arte non solo per creare forme nuove e inclusive, ma anche come mezzi di approfondimento e riflessione.
Nell’epoca dell’informazione online – ci spiega Margherita Vicario – non devono soccombere alla semplificazione da social, che sono spazi a senso unico, polarizzanti.
“Io uso i social, credo che siano ottimi per la divulgazione” – conclude la regista – “che fa bene a tutti, indistintamente, però io volevo uno spazio per affrontarlo in maniera profonda, con una storia che fosse vera e tragica come la realtà sa essere”.
Approfondimento a cura di Michele Cianciulli e Antonio Di Lorenzo
Editing: Margherita Fratantonio