Da Alice nella città Proiezioni speciali arriva al cinema Il ragazzo dai pantaloni rosa, ultimo film di Margherita Ferri, presentato già al festival di Giffoni 2024 il cui cuore pulsante sono i ragazzi stessi.
La pellicola racconta una tragica storia di bullismo, una spinta a riflettere sulla necessità di recuperare la nostra dimensione più umana di fronte alle difficili dinamiche sociali del nostro tempo.
In sala dal 7 Novembre Distribuito da Eagle Pictures.
Trama del film
A causa di un lavaggio sbagliato, i pantaloni rossi che Teresa (Claudia Pandolfi) ha regalato a suo figlio Andrea (Samuele Carrino) si tingono di rosa. Il ragazzo decide di indossarli ugualmente, senza pensare alle reazioni dei suoi compagni di scuola. Gli atti di violenza e bullismo che ne seguono, sempre più frequenti e violenti, spingono il ragazzo a togliersi la vita. Tra questi, l’apertura di una pagina Facebook chiamata proprio Il ragazzo dai pantalonirosa, della quale Teresa scopre l’esistenza solo dopo la morte del figlio.
La storia di Andrea Spezzacatena
La pellicola racconta la vera storia di Andrea Spezzacatena, che si è tolto la vita nel 2012 dopo aver subito ripetuti atti di bullismo a scuola, culminati con l’apertura della pagina Facebook tristemente nota.
La vicenda, primo caso in Italia di un minorenne morto per cause direttamente collegate al cyberbullismo, ha spinto Teresa Manes, la madre di Andrea, a dedicare tutte le proprie energie alla sensibilizzazione sul tema.
Da anni infatti incontra nelle scuole studenti di ogni ordine e grado in un percorso che l’ha portata a scrivere un libro – Andrea, oltre il pantalone rosa, edito da Graus – e a ricevere l’onorificenza di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana dal Presidente SergioMattarella.
“Ciò che ha ucciso Andrea” – spiega Roberto Proia, che firma la sceneggiatura del film – “è stato il silenzio, un adolescente travolto dalle sue fragilità che ha scelto di non comunicare il suo disagio”.
Il tema è l’importanza delle parole, che possono avere un peso distruttivo sulla vita degli altri difficile da portare a galla.
“Con Teresa Manes abbiamo fatto lunghe sedute per capire la mente di Andrea” – racconta Proia – “Io ho sentito la responsabilità di raccontare questa storia senza giudicare. Abbiamo scelto di calcare il grande potere delle immagini, scene anche impattanti a livello emotivo, che toccano l’anima di chi le guarda, perché dobbiamo comunicare i sentimenti ed educare a queste emozioni.
Educare ai sentimenti, coltivare il dialogo
La storia di Andrea coinvolge l’intero mondo degli adolescenti, perché racconta le difficoltà di un’età di passaggio, del bisogno di comunicare e sentirsi amati.
E, soprattutto, i tragici risvolti delle mancanze. “Abbiamo voluto spingere proprio sull’importanza di comunicare, di non restare in silenzio” – aveva spiegato Samuele Carrino (Andrea nel film), sottolineando l’importanza della condivisione anche quando sembra mancare il dialogo”.
Dialogo che, nei momenti peggiori, Andrea sapeva trovare con la sua amica Sara.
“Andrea con Sara si sente accettato, nonostante tutta la timidezza e il disagio. I due si identificano insieme come altro rispetto ai lupi del branco” – ha dichiarato Sara Ciocca, il volto di Sara nel film – “Ma un altro strumento importantissimo è la cultura, perché costruisce la sensibilità comportamentale ed emotiva”.
Certamente qualcosa su cui investire, in un’epoca che spinge le persone a competere in maniera sempre più individuale, e chiudersi in sé stesse.
“La nostra generazione percepisce una generale mancanza di dialogo” – continua Ciocca, classe 2008 – “il cyberbullismo poi è ancora più subdolo e pericoloso, perché dietro lo schermo anche persone in apparenza tranquille, magari amici o parenti, possono agire in totale libertà e commettere azioni come queste senza uscire allo scoperto.
L’emozione di Claudia Pandolfi
È Claudia Pandolfi a interpretare Teresa, la mamma di Andrea. Per l’attrice romana si è trattata di un’esperienza forte, che ha avuto tanto da insegnare anche a chi, come lei, vive da decenni questo mondo.
“Questa è una storia che ha commosso tutti” – racconta, senza riuscire a trattenere le lacrime – “e mi ha fatto crescere tantissimo. Teresa è una persona che non si è chiusa nel suo lutto, ha scelto di spendere tutte le sue energie nella divulgazione, nel libro, nella condivisione con i più giovani. Un esempio assoluto. Facendo un bilancio, questa è sicuramente una delle quattro o cinque storie davvero importanti a livello umano alle quali ho lavorato”.
“Il punto più problematico” – continua – “non è tanto il bullismo manifesto, ma il clima di cameratismo che gli altri adottano contro la vittima, un bersaglio che in maniera subdola viene isolato dal gruppo. Questo ti distrugge, prende il sopravvento e può spingerti a non voler più vivere”.
“Io sento tantissima commozione” – conclude – “un’enorme gratitudine per essere parte di tutto questo, perché ha tanti riflessi anche nel quotidiano. Mi spinge sempre a farmi domande e trovare soluzioni come donna e come madre, immedesimarsi e superare le difficoltà, empatizzare e gestire questo gran casino che è l’essere genitori”.
Una riflessione che è innanzitutto un appello, uno stimolo a riflettere sulle grandi questioni dei nostri tempi. È questo, senza dubbio, il senso più profondo che deve avere una pellicola come Il ragazzo dai pantaloni rosa.
Articolo a cura di Michele Cianciulli e Antonio Di Lorenzo
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