Society of Clothes (Les gens dans l’armoire), di Da-hee Jeong, è il risultato di un progetto internazionale tra Canada, Francia e Corea del Sud. Questo cortometraggio del 2024 è in anteprima italiana e in concorso per la Competizione Internazionale all’Animaphix 2024.
Di cosa parla Society of Clothes
Ogni mattina gli abiti prendono vita. Giacche, cappelli, guanti, pantaloni e così via iniziano ad unirsi, delineando la forma di una persona. Camminano per la città, si incontrano, vanno al bar o al lavoro, e comunicano in maniera bizzarra, solo con gesti e versi impercepibili.
L’unica persona in carne ed ossa sembra essere una bambina, la quale si sente alquanto incuriosita da questo mondo di oggetti disuniti e che le svolazzano intorno senza una vera e propria forma.
L’abito fa il monaco o la società?
Il cortometraggio propone un’intrigante riflessione sul rapporto tra abiti e società, dove le nostre camicie, giacche o cappotti non sono semplici indumenti o accessori giornalieri. Si presentano come un elemento distintivo, parte di una sorta di rituale quotidiano, che esprime e condivide con gli altri chi siamo e il nostro status sociale. Parafrasando Polanyi ne La conoscenza personale (1958), il corpo incarna le proprie conoscenze attraverso l’imitazione e i rapporti interpersonali, che vanno, di conseguenza, a ledere sulla persona e la sua scoperta personale, soprattutto se in un ambiente lavorativo ripetitivo e alienante.
Di fatto, durante la storia si alternano episodi d’ufficio, small talk inconcludenti tra colleghi e amici, o dove i “personaggi” si scambiano alcuni dei loro indumenti, come a rappresentare la ricerca di una propria individualità. Invece, la bambina, come già accennato, è l’unica in carne ed ossa, e non porta alcun abito. La sua nudità trasmette una personalità ancora in fase di sviluppo, ma anche una certa libertà: quella priva di costrizioni o doveri, intoccabile dinanzi al giudizio altrui.
I disegni di Jeong sono dolci e fluidi, il che permette al corto di risultare scorrevole e apparentemente più breve della sua effettiva durata. Quello della regista è uno stile originale e distintivo, e che riesce quasi a far sembrare semplice e accessibile un messaggio per niente leggero o superficiale.
Lavoro e alienazione
In effetti, l’intento di Jeong è molto ben chiaro: questi abiti fluttuanti non sono altro che persone adulte. In questa routine mattiniera, gli unici abiti a prendere vita sono quelli da ufficio. Ciò fa luce sull’aspetto alienante della vita lavorativa e capitalistica, all’interno della quale l’uomo adulto rinuncia alla propria individualità per diventare l’ennesima macchina aziendale.
Questo messaggio sociale è reso possibile soprattutto dal contrasto con il personaggio della bambina. La sua libertà “d’abito” ed infantile non solo le dà la possibilità di scoprirsi, ma anche di vivere serenamente. È l’unico personaggio che ride, scherza, vagheggia e corre per tutta la città. Si lascia trasportare dalla sua curiosità e voglia di vivere, mentre la controparte fluttuante sembra non avere neanche il permesso di esistere oltre i doveri sociali, se non di sera, quando cappotti e camicie ritornano nell’armadio. Non a caso, il titolo originale si traduce con “le persone nell’armadio”, indicando questo rapporto disumanizzante tra gli individui e i loro abiti da ufficio.
Inoltre, Society of Clothes accompagna la storia con una musica rilassante e quasi gioiosa, un elemento che alleggerisce la profondità del messaggio, forse per velata ironia o semplicemente per scelta stilistica. Tuttavia, il cortometraggio è un lavoro arguto che riesce a dare forma, sebbene si presenti senza corpo, a una critica contemporanea e sociale sul mondo del lavoro.
Chi è Da-hee Jeong
Da-hee Jeong è una regista d’animazione coreana e vive a Gwacheon, in Corea del Sud. In seguito agli studi a Seul, ha lavorato nella pubblicità, per poi trasferirsi in Francia per concludere gli studi all’ENSAD di Parigi.
Il suo primo film, Man on the Chair (2014), è stato presentato alla Quinzaine des réalisateurs di Cannes e ha vinto il Cristal du court métrage ad Annecy. Anche gli altri suoi film sono stati proiettati a Hiroshima e Cannes.