“Storie di pioggia, ovvero dell’incrociarsi di vite di diversa origine per le vie di Bruxelles, città attraversata nello spazio e nel tempo, perlustrata sentimentalmente e indagata con sguardo critico, somatizzata e interiorizzata, vissuta.”
Storie di pioggia, ovvero dell’incrociarsi di vite di diversa origine per le vie di Bruxelles, città attraversata nello spazio e nel tempo, perlustrata sentimentalmente e indagata con sguardo critico, somatizzata e interiorizzata, infine vissuta inevitabilmente come parte integrante della costruzione dell ‘identità di ognuno che, volente o nolente, ne calca il suolo.
Scritto e diretto dall’argentina Isabel Achaval, anima nomade trasferitasi in Belgio per amore, adattatasi con fatica al clima grigio e umido del luogo e, una volta ambientatasi con entusiasmo, costretta a ripartire per un’altra città e un’altra vita (questa volta a Roma), il film è un documentario in cui la scelta di una struttura che ricalca il diario intimo mette in primo piano la soggettività dell’autrice, perno centrale e al contempo punto mobile del racconto, retta tangente capace di esplorare con prossimità ambienti umani anche assai diversi fra loro.
Nell’alternarsi tra meditativa voce fuori campo e corpo che irrompe nell’inquadratura come elemento diegetico non secondario, Isabel racconta la sua storia di “sola andata” confrontandola – per sentirsi meno sola e per rintracciare i perché delle proprie scelte – con le avventure di partenza forzata vissute da quelli negli anni son diventati i suoi amici in terra belga.
Così nelle storie di Fati dal Burkina Faso, di Angelo dalla Sicilia, o di Clemente da Manila, l’esperienza della migrazione e dello sradicamento viene declinata per vie molteplici, permettendo di rintracciare – al di là del percorso biografico di ognuno, nella diversità dei bisogni diversi e nella medesima dedizione verso i sogni e gli obiettivi da raggiungere – quel potere quasi salvifico che l’arte di raccontare può avere in sé.
Con sguardo umano, scegliendo spesso campi stretti, primi piani e tempi lunghi di ripresa, Storie di pioggia ci ricorda che l’uomo è un essere relazionale, capace ancora di attitudine dialogica, ovvero in grado di trovarsi a suo agio a contatto con i propri simili e non necessariamente costretto, sia pur negli alienanti ritmi cittadini, a ridursi ad una monade isolata in sé stessa.