Dopo il successo di Beloved (2018), Yaser Talebi torna con il suo ultimo cortometraggio Destiny (2022). In concorso nella sezione internazionale, il documentario verrà proiettato al Faito DOC Festival presso la Casa del Cinema.
Se nel precedente Beloved, viene restituito uno spaccato della vita di Firouzeh, donna di ottant’anni ripresa nella sua quotidianità contadina, immersa tra le montagne dell’Iran, sola con le sue mucche a riflettere sulle difficoltà che l’età comporta, in Destiny abbiamo il racconto di una vita appena iniziata, che deve scegliere la sua strada, il suo destino.
Talebi sin dal titolo mette al centro del suo cortometraggio il tema del destino, osservando la storia senza dare giudizi morali o etici, ma semplicemente raccontando il dilemma della scelta che Sarah deve prendere. Con Destiny, il regista aggiunge un altro ritratto alla sua galleria umana, esplorando questa volta il tema di chi, a un certo punto della propria esistenza, si trova in bilico, sospeso tra due mondi e due identità e sente il bisogno di costruire un futuro lontano dalle proprie radici.
Destiny, uno spaccato dell’Iran contemporaneo
Sarah vive nel distretto di Dodangeh, in un piccolo villaggio nella provincia di Mazandaran, nel nord dell’Iran. Ha quasi 18 anni, ma è insicura sul destino che la attende. Costretta a decidere se continuare gli studi e disobbedire o se seguire il progetto di vita che i suoi familiari si aspettano da lei, la ragazza continuerà a lottare, nella speranza di riuscire a conquistare un’indipendenza personale difficile da raggiungere in un paese ancora fortemente legato a una rigida struttura patriarcale della società.
Sarah, figlia mia, volevo dirti che mi dispiace. Non sono stata una buona madre. La mia vita è giunta al termine, mia cara
Con le parole dolorose e rarefatte della madre, il regista ci introduce nella quotidianità di Sarah, giovane ragazza iraniana che, come tante altre, combatte per una vita diversa. Combatte per poter essere libera di scegliere.
Dopo la scomparsa di sua madre, la ragazza vive sola con il padre, Rahim, un uomo che fa fatica a occuparsi di sé stesso. Affetto da grave deficit cognitivo, costantemente bisognoso di qualcuno che possa prendersene cura, Rahim ama sua figlia ed è pronto a lasciarla andar via, aprendo a una riflessione delicata e toccante su rapporto padre-figlia in continuo scambio di ruoli, senza lasciarsi andare in pietismi nella rappresentazione della disabilità.
Rahim, infatti, sembra essere l’unico a comprendere la decisione della figlia, ma nei progetti della famiglia, in particolare della nonna paterna e dello zio, non c’è lo studio nel destino della giovane ragazza.
Promettente studentessa, appassionata di pallavolo, Sarah cerca di vivere la sua vita, di divertirsi con le amiche, si trucca e ha un profilo Instagram, che diventa per lei una finestra su un altro mondo. Sarah vorrebbe iscriversi alla facoltà di Medicina, sogna di uscire dal villaggio e di poter essere in grado di costruire un futuro migliore per sé stessa e per il padre.
Destiny, prendersi cura di sé stesso e dell’altro
Per prendersi davvero cura di Rahim, Sarah deve essere irremovibile, sfidare le decisioni della nonna paterna e dello zio che vorrebbero fosse lei la caregiver del padre, perché le donne non vanno all’università. Quella è una perdita di tempo, mentre è essenziale che stiano a casa a preparare il pane, a prendersi cura della famiglia, così come i ruoli e la religione impongono.
Con il suo cinema del reale, Talebi trasforma la storia di questa famiglia da particolare a universale, ritraendo i protagonisti in ogni loro gesto quotidiano, offrendo uno sguardo intimo sulle difficoltà e sulle incomprensioni generazionali in continua lotta tra loro.
Sarah, con questo suo atto di ribellione si trova a dover sfidare, non solo con la sua famiglia, ma con secolari tradizioni dettate da una religione che profondamente condiziona la vita delle donne iraniane, non permettendo che possa avvenire quell’essenziale cambiamento per aprirsi all’Altro e per far sì che Sarah e Rahim possano scegliere.