A Haunting in Council House è un lungometraggio horror indipendente del 2024, scritto e diretto da Alex D’Antona e Fabiano Tagarelli.
Utilizzando gli stilemi del cinema horror, i due autori affrontano un importante discorso sociale sull’immigrazione in Italia e i rifugiati costretti ad abbandonare il loro paese.
Il film è stato prodotto da V Channels e Funny Dreamers Productions.
A Haunting in Council House, la trama
Yara (Lara De Pasquale) è un’immigrata, fuggita dagli orrori della guerra e dai Talebani, che ha trovato rifugio in un centro d’accoglienza in Italia. Lì, in attesa dei documenti che le permetteranno di iniziare una nuova vita, è costretta a dividere spazi angusti insieme ad altri compagni di sventure, stipati in strutture non del tutto adeguate a svolgere il loro compito istituzionale.
Non tutto è da buttare: Nel centro, Yara conosce Lucas, con cui inizia una relazione stabile.
Finalmente i due, seguiti dai servizi sociali, ottengono un alloggio popolare: una chance importante per migliorare la loro vita.
Questo idilliaco scenario nasconde un risvolto inquietante: Tra le mura della casa, i fantasmi del rimorso di Yara tornano all’assalto, manifestandosi nell’edificio.
La ragazza, in quelle anguste mura, si ritroverà in un vortice di follia.
Limiti tecnici e creatività
Potremmo dire che il micro budget a disposizione dei due registi, Alex D’Antona e Fabiano Tagarelli, sia causa di limiti tecnici e scenografici: non andrò a mentire, siamo di fronte a un horror indipendente, lontano dagli effetti speciali e dalla cinematografia del mainstream.
Ma potremmo considerare questi limiti di budget come una sfida, perché hanno “costretto” i due autori a ricorrere alla loro inventiva e a trovare soluzioni alternative molto interessanti.
Quante magioni spettrali abbiamo visto in questi anni sullo schermo? Case di campagna enormi sono state luogo di possessioni, apparizioni e fatti raccapriccianti; molte tenute ereditate da qualche parente passato a miglior vita hanno teso trappole mortali a centinaia di avventori. A Haunting in Council House non è niente di tutto questo.
La nostra Yara è costretta ad affrontare le sue paure nel claustrofobico appartamento popolare che lei e il suo compagno sono riusciti con fatica a ottenere.
Questa casa così piccola, con poche stanzine crea un’atmosfera opprimente che ci accompagna per tutto il film, con scene ridondanti, ma in senso positivo: situazioni a noi note e déjà vu si alternano sullo schermo, allineandoci alla psiche di Yara, sempre più in pezzi.
Quest’approccio minimalistico, che mette al centro la realtà nuda e cruda, pone in modo molto forte, come già accennato, l’attenzione su tematiche sempre attuali, tra cui la povertà e il sentirsi estranei in un posto che dovrebbe accoglierti.
Alex D’Antona e Fabiano Tagarelli non sono certo nuovi a questo tipo di critiche sociali: i due hanno già realizzato diversi corti mostrandoci i più fragili e gli esclusi, come ad esempio Applausi, un corto davvero interessante sull’affossamento del DDL Zan.
Interessante è anche l’uso dell’audio nel film, come le diverse scene del telefono, che riescono a evocare sensazioni inquietanti senza ricorrere a costosi effetti speciali.
Citazioni d’orrore
Una cosa che mi ha molto divertito di A Haunting in Council House , è senz’altro la grande presenza di citazioni ad altri film del genere Horror.
Troviamo presenze esoteriche che richiamano senz’altro a Ju-on o The Ring (forse anche un po’ troppo) e situazioni alla Rosemary’s Baby di Roman Polanski.
Palese e divertente è invece il rifacimento a Psyco di Hitchcock, durante una delle tante sequenze oniriche.
Le presenze che tormentano Yara si muovono tra ossessione, psicosi e realtà, rendendo il tutto molto intrigante: Cosa è davvero reale? Tutto questo sta davvero succedendo?
Questa chiave psicologica è la chiave del film e il suo mistero, che riesce a mantenere alta l’attenzione, anche quando siamo in presenza di scene un po’ più deboli.
Tutte queste apparizioni, apparentemente insensate o ricondotte al rimorso di Yara, riusciranno a riconnettersi nel finale.
Nonostante la presenza di fantasmi infestanti, ritengo che la componente più horror sia proprio il reale. Siamo di fronte a una ragazza sola, invisibile, senza documenti in un Paese sconosciuto, che troppo spesso ignora la gente come lei, senza curarsi di fornire strumenti in grado di tenere insieme i pezzi, che inevitabilmente cascano uno a uno, portando alla distruzione dell’individuo e alla sua rovina.
In conclusione
Nonostante i limiti già citati, possiamo ritenere A Haunting in Council House un progetto molto coraggioso, come spesso lo sono gli horror nel panorama italiano, viste le sue difficoltà nel mainstream.
Il film, realizzato in quindici giorni, vede in sinergia una crew di giovanissimi studenti di cinema, che hanno affrontato questa sfida riuscendo a gestire efficacemente gli scarsi fondi e chiudere un lungometraggio, obiettivo sempre arduo per ogni giovane cineasta nella penisola.