I versi di “Qui je suis” di Danyel Gérard risuonano da un vecchio disco che l’anziana Louisette mette sul piatto e che sembrano descrivere alla perfezione la sua vita.
Giunta ormai all’età di settantasei anni, Louisette ripensa al proprio passato, seduta al tavolo della cucina, immersa in un silenzio pieno dei rumori che fanno i ricordi, fatti di gioie ma, soprattutto, di pene e angosce. Per non rimanerne preda, decide così di varcare la porta di casa per intraprendere un viaggio in camper allo scopo di potersi guardare dentro.
Ritratto intimo e delicato di chi, in un giorno lontano, ha preso la decisione di dare l’avvio a un profondo cambiamento
Louisette di Matthias Berger e Aurélien Caillaux, proiettato in prima mondiale alla 16ª edizione del SiciliAmbiente Film Festival di San Vito lo Capo, è un ritratto estremamente intimo e poetico di una persona che, un giorno lontano, ha deciso di cambiare vita.
Perché Louisette non è sempre esistita. Prima c’era Jean-Louis, un giovane un po’ debole e ingenuo, che non si fidava delle persone che incontrava e che, spesso, gli mostravano il loro lato cattivo. Poiché dentro di sé c’era già una Louisette che provava a nascere, un giorno Jean-Louis ha deciso di andarsene per non tornare mai più, lasciando così il posto alla nuova Louisette.
Ora, che Louisette vede la vecchiaia avanzare inesorabile, ha bisogno di ritrovare quell’energia, quella forza che l’aveva spinta ad abbandonare la negatività di Jean-Louis, indossando abiti nuovi, più colorati, creando la donna che, in qualche modo, Jean-Louis avrebbe voluto incontrare.
Louisette, nella seconda parte, diventa così un road movie che si sviluppa sulle strade di Francia, fra incontri nelle aree camper e vecchie canzoni cantate al karaoke o accompagnandosi con la chitarra. Un viaggio in cui Louisette ripensa alle sofferenze provate in passato e alle quali ha saputo reagire trovando la propria strada.
Così, osservando il cielo azzurro attraverso il verde delle fronde degli alberi, la donna può ripensare, senza rimpianti, al passato, lasciandosi alle spalle il dolore che ha costellato il suo cammino.
Con questo documentario, Matthias Berger e Aurélien Caillaux, affrontando il tema dell’identità di genere, realizzano un ritratto appassionato e poetico e per nulla scontato di una persona speciale, con le proprie debolezze, le paure ma, soprattutto, senza rimpianti, grazie alla consapevolezza di aver fatto, nella sua vita, le scelte giuste.