Ortigia Film Festival

‘Two Strangers Trying Not To Kill Each Other’ tra l’arte e la vita

Un documentario delicato sull’amore, la cura, la ricerca d’identità e il tema della morte.

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Two Strangers Trying Not To Kill Each Other, documentario di Jacob Perlmutter e Manon Ouimet, è uno spaccato di vita, che testimonia il sodalizio artistico e sentimentale di Joel Meyerowitz e Maggie Barret. L’opera prima di Perlmutter e Ouimet, che unisce i temi d’amore, creatività, e identità, è in concorso, nella sezione International Documentaries all’Ortigia Film Festival.

Two Strangers Trying Not To Kill Each Other: la storia

Lui, Joel Meyerowitz, è il fotografo di fama mondiale che, prima di tutti, cominciò ad usare i colori quando il bianco e nero era ancora l’unica forma accettata. Lei, Maggie Barrett, è un’artista, scrittrice e terapeuta mai abbastanza riconosciuta, e apprezzata, a livello artistico. Lui, nato nel Bronx nel 1938, quando “era un buon periodo”, lei, nel 1946, sulla costa inglese, al contrario, da una famiglia disfunzionale. Si incontrano, per la prima volta, nel 1990.
Lei, con i capelli corti, biondi, “simile ad un tarassaco”, lui, in bici, con i riccioli fuori dal casco. Ed entrambi con un vissuto importante alle spalle. Maggie, al quarto divorzio, ha attraversato il vortice della dipendenza e della depressione, scrivendo e dipingendo ma senza mai trovare, dall’altra parte, un riscontro positivo. Joel, anche lui, da poco, separato, ma con una carriera di successo già ben avviata. Si guardano, e si riconoscono, pronti a partire, insieme, con un bagaglio di storie, gioie e dolori, verso una nuova relazione, e una nuova vita.
Ed è quella nuova vita costruita insieme che Two Strangers Trying Not To Kill Each Other riflette, oggi: Joel ha 84 anni, Maggie 75 e da nove vivono in Toscana. E quando Barrett si rompe il femore, entrambi si trovano a confrontarsi con le frustrazioni che, come fantasmi, hanno accompagnato la loro relazione. E con l’idea di mortalità e vecchiaia, apparentemente incombente, ma in una tensione, sempre costante, nonostante l’età, al rinnovamento e al cambiamento.

La resistenza dell’amore

Con Two Strangers Trying Not To Kill Each Other, Jacob Perlmutter e Manon Ouimet, raccontano la storia di una coppia, quella di Meyerowitz e Barret, ma che potrebbe essere anche quella di chi, dall’altra parte dello schermo, osserva. E si intromette, silenziosamente, nelle stanze, negli sguardi e nei pensieri dei protagonisti, come di fronte ad una terapia di coppia che fluisce, spontanea e naturale, tra le immagini.
Perché, tra quelle immagini vengono tessuti fili, sfumature, parole, e anche frustrazioni, che creano e costruiscono una vita e un amore che, a dispetto di quelle frustrazioni, riesce a mantenere, anche dopo trent’anni, una connessione intima e vitale. Che riesce a superare la frustrazione, silente, che accompagna la relazione, e la conseguente ricerca della propria identità, all’interno di un rapporto totalizzante e sopraffatto da una carriera ingombrante, che, inconsciamente, sembra non lasciare spazio ad altro. Un pensiero della morte che, se da sempre visto come lontano, remoto, quasi impossibile, arriva, invece, ora, impellente, ingombrante. Smanioso di decidere se, come e quando, anche dopo, saranno insieme.
Two Strangers Trying Not To Kill Each Other è questo: è la vittoria, la cura, e la resistenza, dell’amore, al tempo. Un tempo che è, sì, quello del passato e del ricordo, di ciò che è, e sono stati, ma, soprattutto, è del qui, e ora. Del presente, finché, di presente, ce n’è.

‘Two Strangers Trying Not To Kill Each Other’, opera prima diJacob Perlmutter e Manon Ouimet, è in concorso all’Ortigia Film Festival

Un riflesso di umanità

Jacob Perlmutter e Manon Ouimet restituiscono la calma riflessiva di Joel, l’energia vitale di Maggie e la sincerità con cui si raccontano e accolgono i registi, e gli spettatori. Nella loro vita e negli antri più intimi e personali della dinamica di coppia. E lo fanno con una delicatezza e una giocosità, che si riflette anche nell’uso della macchina da presa, dei colori e della fotografia. Una fotografia che, appunto, prende ispirazione da chi di essa, come il protagonista del film, ne ha scritto la storia. E in cui emerge, dalle allusioni ai suoi primi lavori fino alle nature morte, l’affinità e la fiducia concessa al documentario, e a chi, questo documentario, ha deciso di girarlo. E lo ha fatto con una naturalezza e una purezza evidente anche nelle inquadrature. Inquadrature quasi sempre fisse, che abbracciano Joel e Maggie. A volte ai bordi opposti, di spalle l’uno all’altro. A volte di riflesso, come nella scena in cui a emergere è Maggie, e tutto il suo risentimento, ed è solo un riflesso a far percepire la presenza di Joel. Altre, invece, abbracciati, faccia a faccia, fusi, come un’unica, cosa, sola.
Riassumendo, in un abbraccio, in un riflesso, o in uno specchio, tutta l’umanità di cui ogni rapporto, ogni storia, e ogni vita, così come Two Strangers Not To Kill Each Other, sono intrisi.

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